Chiara Cenni e Storia di Faenza: “Nell’800 il popolo fa sentire la propria voce”
La voce del popolo entra in scena prepotentemente anche a Faenza nell’Ottocento: un secolo che vede la politica protagonista con tanti mutamenti che cambieranno profondamente la città manfreda. A raccontare questo periodo storico che vede la città entrare nel Regno d’Italia nel libro ‘Storia di Faenza’ (Il Ponte Vecchio, 2018) è Chiara Cenni, laureata in Storia all’università di Bologna e organizzatrice di eventi culturali, realizzati con l’associazione Acsè.
Intervista a Chiara Cenni – L’Ottocento a Faenza
Quali sono gli aspetti principali che caratterizzano Faenza in questo periodo storico?
L’Ottocento a Faenza è un periodo di forti cambiamenti in diversi ambiti. In politica, dopo il dominio francese, la Restaurazione e diversi moti, si abbandona definitivamente lo Stato Pontificio con il plebiscito, entrando a far parte del Regno di Sardegna (poi Regno d’Italia). Il popolo non è però più inerme come un tempo: cerca di fare valere i propri diritti e fare sentire la propria voce. Sono notevoli cambiamenti anche urbanistici (pensiamo solo alle due stazioni ferroviarie), culturali e sociali, si iniziano a praticare i primi sport. Insomma, è un secolo denso di avvenimenti che hanno profondamente cambiato la storia della città.
Nell’affrontare questo studio, qual è l’aspetto di Faenza che ti ha colpito di più?
Faenza non è statica. Anche nei secoli più “bui” e meno esplorati in qualche modo si è trovata a fare parte della storia regionale, nazionale o europea. Solo sul versante economico-industriale è rimasta per moltissimo tempo più indietro delle altre città della zona, legata a filo doppio, strettissimo, con il mondo mezzadrile (legame che ha abbandonato solo qualche decennio fa). Interessante è anche la presenza e l’impegno del mondo cattolico, che non viene mai del tutto eclissato da nuovi movimenti come quello socialista o anarchico, che invece alla fine del XIX secolo avevano largamente preso piede nella regione.
È stato anche molto interessante vedere come nel tempo si è trasformata la città, durante la ricerca del materiale fotografico. Nel libro sono presenti più di duecento foto, a colori o in bianco e nero.
Se dovessi indicare il personaggio storico più rappresentativo di questo periodo chi indicheresti?
È difficile scegliere solo un personaggio, perché molti hanno reso Faenza quella che è oggi. Sicuramente un faentino all’avanguardia e di cui ancora oggi si possono vedere le tracce (anche se molti non lo conoscono) è Lodovico Caldesi. Possidente, fu botanico e politico, vicino al mondo repubblicano. Si impegnò anche in esilio per la ricerca scientifica ed ebbe rapporti con personalità e studiosi noti a livello mondiale. Alla sua morte, avvenuta dopo un tragico incidente in carrozza, lasciò il suo erbario all’Università di Bologna, molti suoi libri alla Biblioteca Comunale di Faenza e la sua casa divenne un Istituto scolastico, ancora oggi attivo ma con un nome differente, sul colle Persolino, intitolato a suo figlio Furio Camillo, scomparso prematuramente.
E se invece dovessi indicare un luogo, un documento o un’opera d’arte?
Le stazioni ferroviarie sono probabilmente due dei luoghi più indicativi del XIX secolo a Faenza. Una prima stazione, in via Caldesi, nel sobborgo Marini, era dotata di un solo binario e congiungeva Forlì a Bologna. Dopo la creazione della linea Faenza-Firenze, completata nel 1893, si decise di trasferire la stazione nella sede dove è ancora oggi (lo spostamento cambiò profondamente la struttura urbana circostante e lo stesso sobborgo Marini, che pian piano perse lo splendore di un tempo). Negli anni ’20 del secolo scorso divenne definitivamente un punto nevralgico del traffico ferroviario romagnolo, grazie alla linea che la congiungeva a Ravenna. Nonostante i massicci bombardamenti alleati, venne ricostruita nel 1948. La stazione è stata un’ottima occasione commerciale per lo sviluppo e la crescita della città.
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