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Angelo Alberti e Storia di Faenza: “Troppo spesso il medioevo etichettato come ‘secoli bui'”

Un’epoca di grande trasformazione, che ha lasciato tracce importanti troppo spesso banalizzate nella formula ‘secoli bui’ dagli studiosi. A curare i capitoli relativi al periodo medioevale nel libro ‘Storia di Faenza’ (Il Ponte Vecchio) è Angelo Alberti, giovane ricercatore laureato in Archeologia all’università di Bologna che in questa intervista presenta il proprio lavoro su un’epoca riletta anche grazie alle ultime scoperte archeologiche. 

Quali sono gli aspetti principali che caratterizzano Faenza in questo periodo storico?

Dalla tarda Antichità fino ai secoli centrali del Medioevo, come accade per molte altre città italiane, anche a Faenza la parola chiave è “trasformazione”. I secoli immediatamente successivi alla fine dell’Impero Romano d’Occidente ci sono stati presentati non di rado come tempi di decadenza. Per buona parte del Novecento, la storiografia (locale e non) ci ha abituati a espressioni dispregiative come “secoli bui” in riferimento a un momento della storia di cui in realtà si conosceva ben poco. Oggi è abbastanza chiaro come la fine di un grande sistema politico ed economico da tempo in crisi – quello romano, appunto – abbia spinto la società del tempo a riorganizzarsi. Così, da un lato, si cercò di adattare l’eredità del mondo antico a nuove esigenze, mentre dall’altro si affermarono tratti culturali del tutto inediti, capaci di influenzare fortemente i secoli successivi.

Nell’affrontare questo studio, qual è l’aspetto di Faenza che ti ha colpito di più?

Domus, via Dogana

Studiare la storia della città in cui si vive permette di dare nuovi significati alla quotidianità. Mi spiego: passeggiando per il centro di Faenza, ci imbattiamo ogni giorno – anche più volte al giorno – in tracce del passato a cui non facciamo molto caso, per il semplice fatto che sono ormai parte del nostro vissuto. Tendiamo a darle per scontate, insomma. Così, per una buona riuscita di questo lavoro, ho dovuto adottare un punto di vista differente, libero per quanto possibile da preconcetti, che mi permettesse di riscoprire quello che pensavo di conoscere già a sufficienza. Mi sono messo in discussione e le sorprese non sono mancate: questo mi ha colpito più di ogni cosa. Il passo successivo, naturalmente, è stato quello di raccontarlo tra le pagine del libro.

Se dovessi indicare il personaggio storico più rappresentativo di questo periodo chi indicheresti?

È difficile rispondere, per diversi motivi. Tanto per cominciare, stiamo parlando di un periodo molto lungo, che attraversa ben otto secoli, durante i quali accadono molte cose: per cui sarebbe poco saggio cercare di individuare un unico personaggio che possa essere ritenuto rappresentativo. Come se non bastasse, le fonti scritte di quel tempo relative a Faenza sono rare e di rado tramandano vicende di cui si conoscano i protagonisti. Ecco perché ritengo che al centro della scena, tra la tarda Antichità e l’alto Medioevo, trovi posto prima di tutto l’intera società; e a buon diritto. I lettori potranno notarlo: la storia che racconto non è fatta solo di grandi nomi e di imprese memorabili. È la storia di tutti.

E se invece dovessi indicare un luogo, un documento o un’opera d’arte?

Senz’altro suggerirei le adiacenze del duomo e piazza del Popolo. I rinvenimenti archeologici in queste parti della città, insieme ai monumenti che ancora si conservano, bastano a riassumere tutte le più importanti trasformazioni politiche e sociali che hanno coinvolto la città dal V secolo fino al XIII. Dai resti della cattedrale paleocristiana al duomo manfrediano, dall’episcopio tardo antico a quello basso medievale, poi ancora la domus aristocratica di via Dogana, il Palazzo del Popolo e il Palazzo del Podestà… il materiale non manca di certo, per chi voglia iniziare a farsi un’idea!

Storia di Faenza: approfondimenti

Presentazione del libro

Intervista al curatore Gabriele Albonetti

Serena Bonato – La storia romana

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