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Mattia Randi e Storia di Faenza: “Nel ‘500 la città fu epicentro dell’eresia luterana”

Da ‘Faventia’ – come era nota in epoca romana – alla città ‘manfreda’: con i capitoli del giovane ricercatore Mattia Randi il libro ‘Storia di Faenza’ arriva a un punto di svolta nell’approfondire le vicende della città.  Ma il Rinascimento e il Cinquecento non sono caratterizzati solo dalla signoria dei Manfredi: si tratta infatti di un periodo di grande instabilità che vede Faenza come un centro significativo soprattutto dal punto di vista religioso. Mattia Randi, laureato all’università di Bologna con una tesi sulla storia della Cisa, ha all’attivo già diverse pubblicazioni storiche ed è curatore editoriale della rivista Novantasei. Con lui approfondiamo i capitoli del libro ‘Storia di Faenza’ relativi al basso medioevo, il Rinascimento e il Cinquecento. 

Intervista a Mattia Randi

Quali sono gli aspetti principali che caratterizzano Faenza in questo periodo storico?

Nei miei capitoli affronto due momenti che la storia “maggiore” tiene ben distinti, ovvero il basso medioevo (sino al Rinascimento) e il Cinquecento (quando si concretizza la dominazione pontificia). Per il primo periodo ovviamente centrale è la vicenda della famiglia Manfredi che dal 1313 riesce, pur con alterne vicende, a tenere in mano il potere della città. Per il Cinquecento non c’è un aspetto “principale” e unico che ne da una sorta di uniformità. È davvero un secolo di forte instabilità politica (una piccola cerchia di uomini esercita il potere in modo esclusivo), economica (vi sono molte carestie), militare (sono tante le truppe che passano per Faenza e ne devastano i campi!) ma soprattutto religiosa (Faenza fu epicentro dell’ “eresia lutherana”).

Nell’affrontare questo studio, qual è l’aspetto di Faenza che ti ha colpito di più?

Sul periodo manfrediano sono stati compiuti molti studi, dalla storia dei Manfredi di Piero Zama (che è un caposaldo!) o il lavoro collettivo “Faenza nell’età dei Manfredi”. Affascinato – anche perché il mio percorso di studi mi ha portato a indagare le vicende del dissenso religioso – è stata ovviamente la diffusione e repressione del protestantesimo. Un intero capitolo è dedicato a raccordare tutti i contributi principali – che sono “sparsi” in varie riviste e libri – per cercare di darne, per la prima volta, un profilo unico.

Se dovessi indicare il personaggio storico più rappresentativo di questo periodo chi indicheresti?

Per l’età manfrediana senz’altro non esiterei a indicare Galeotto Manfredi: la sua vicenda valica i confini cittadini, proietta Faenza nella lotta per le influenze in quel tardo quattrocento. Per il Cinquecento invece avrei tre uomini: Rodolfo Pio da Carpi, Giovanni Battista Sighicelli e Annibale Grassi. Furono tutti e tre vescovi della diocesi di Faenza, propugnatori degli ideali riformati del Concilio di Trento, quel grande evento che diede uniformità alla penisola italiana ed anche a Faenza. La loro azione (l’uno continua, pur con leggere differenze, le opere dell’altro) proietta la città in un’epoca, tutto sommato, di pace e stabilità, come poi ci parlerà Nicola e Pier Angelo nei capitoli su Sei e Settecento.

E se invece dovessi indicare un luogo, un documento o un’opera d’arte?

Non ho una singola opera, ma un consiglio: andare al Mic, il Museo internazionale delle Ceramiche. Il mutamento dal decorativismo al figurativismo è simbolo di una rinascita pittorica e frutto di uno stile che ha caratterizzato la nostra città a tal punto da divenire sinonimo di maiolica. Capire come il pensiero di questi artisti ceramisti mutava per adattarsi allo spirito del tempo è il segno tangibile di un’epoca comunque vivace e non, come spesso avviene, monotona, senza colori e senza idee.

Storia di Faenza: approfondimenti

Presentazione del libro

Intervista al curatore Gabriele Albonetti

Serena Bonato e la Storia Romana 

Angelo Alberti e la Storia Medioevale

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