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Scavi di Rontana: il sogno è farne un parco archeologico

Un piatto in ceramica proveniente dalla Tunisia del VI/VII secolo, nuove aree abitative, affreschi dalle decorazioni floreali: sono queste alcune delle scoperte che, giorno dopo giorno, emergono dal sito degli scavi archeologici di Rontana. Lo scavo, iniziato nel 2007, è condotto da ricercatori dell’università di Bologna (sezione di Archeologia, Dipartimento di Storia culture e civiltà, U.O.S.di Ravenna) sotto la direzione del professore Enrico Cirelli e coordinato sul campo dalla dottoressa Debora Ferreri. I lavori, svolti in collaborazione con una trentina di laureandi provenienti da diverse realtà universitarie, nel corso di undici anni hanno portato alla luce una miniera di scoperte che sempre di più attirano l’attenzione di turisti e curiosi: nel corso dell’open day dello scorso 19 agosto in centinaia sono accorsi sul luogo per partecipare alle visite guidate organizzate dal team di lavoro. Il sogno è quello di rendere gli scavi nei prossimi anni una vera e propria area monumentale permanente in grado di arricchire l’offerta culturale del territorio. La campagna di scavi è stata possibile grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola e del Comune di Brisighella.

Il castello di Rontana ha una storia che va dal X sec. al 1591: con le nuove scoperte si ipotizza un primo insediamento nel VI/VII sec.

Ferragosto al mare? Non è detto. C’è chi ha preferito invece trascorrere un giorno della settimana ferragostana a Rontana, a contatto con secoli e secoli di storia passata. Il sito del castello di Rontana si trova nel Parco della Vena Gesso Romagnola. Stando alle ultimissime scoperte, tra cui un piatto tunisino in ceramica, la datazione del primo sito potrebbe essere anticipata al VI/VII sec., rispetto al X sec. precedentemente ipotizzato. Si trova sulla cima di un’altura che domina la Vallata del Lamone: dal monte di Rontana era infatti possibile dominare due vallate, quella che guarda a Faenza e quella che guarda a Firenze, diventando così un punto strategico anche a livello militare. «Inizialmente abbiamo deciso di scavare in quest’area perché avevamo un progetto sull’incastellamento in Romagna – spiega la dottoressa Debora Ferreri – C’erano molti quesiti aperti rispetto ad altre zone dell’Italia più conosciute. Abbiamo scelto Rontana sia per via di fonti storiche sia per la conformazione del territorio che sembrava propenso a nascondere delle possibili scoperte». E le scoperte non si sono fatte attendere. Nel 2007 l’università di Bologna ha avviato una progetto di ricerche archeologiche e le indagini hanno consentito di riportare alla luce i resti della Rocca, sull’area sommitale, e di numerose sepolture associate a un piccolo edificio religioso scoperto solo nel 2013. «A condurre gli scavi siamo partiti in pochissimi grazie al sostegno del Comune di Brisighella – spiega Debora Ferreri – e ora andiamo sempre più in profondità. All’epoca la scoperta del castello è stata notevole, e anche la sua grande estensione è stata una scoperta eccezionale. Ora stiamo ampliando i sondaggi nel resto dell’area. Ogni anno ci sono sempre nuove scoperte». Man mano che gli scavi proseguivano, sono state identificate le tracce della prima fortificazione in legno, alcune case-torri e diverse abitazioni in pietra lungo tutto il circuito murario e nel borgo. Nel pozzo centrale del cortile della Rocca sono stati recuperati inoltre numerosi reperti smaltati appartenenti alle ultime fasi di vita dell’insediamento, distrutto da un’armata pontificia nel 1591.

Barbara Ferreri, coordinatrice del progetto dell’università di Bologna.

“Farne un parco archeologico sarebbe un bel regalo per la comunità”

Le mura e le fortificazioni rinvenute permettono allo spettatore di ricostruire mentalmente quello che doveva essere l’area quasi un millennio fa: un vero e proprio borgo capace di accogliere anche più di 150 persone, fornito di abitazioni eleganti, un mercato e aree produttive di fabbricazione del vetro e del ferro. Tra gli oggetti rinvenuti ci sono boccali, dadi, piatti: materiali ora conservati in mostra alla Rocca di Brisighella. E poi scheletri umani per arrivare sino all’ultima scoperta: un piatto in ceramica proveniente dalla Tunisia datato VI/VII secolo che farebbe anticipare di qualche secolo la datazione del primo insediamento. Le scoperte però non finiranno certo qui. «Speriamo di realizzare nei prossimi anni un progetto più grande – spiega Debora Ferreri – per riuscire a valorizzare quest’area e creare un parco archeologico: è questa è la nostra aspirazione. Penso che anche per la comunità sia un bel regalo: non siamo venuti qui semplicemente per scavare e fare ricerche che servono solo a noi archeologi. L’interesse della comunità qui nel tempo è cresciuto tanto, alcune persone vengono tutti gli anni a vedere le novità. Molti turisti vengono anche dall’estero». L’archeologia come strumento per coniugare assieme ricerca storica, passione e turismo. «Per me è sempre stato importante andare alla ricerca del nostro passato – risponde la coordinatrice degli scavi – L’archeologia ti permette di vedere materialmente le cose, a differenza della pura ricerca storica. È importante anche la comunicazione con le persone: riportiamo alla luce la nostra storia e studiare il passato ti fa capire meglio il presente. Dalle migrazioni, ai materiali a tante altre cose: la storia è ciclica».

Open day agli scavi di Rontana: fotogallery

Foto: Maria Chiara Casadio, Samuele Marchi, Michele Medori

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