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CODERDOJO – PROGRAMMARE PER GIOCO

CODERDOJO

Programmare per gioco

 

Matteo Troìa ha 21 anni, è uno studente di Informatica, ha lo sguardo acuto e il sorriso timido. Ci tiene a far sapere che è una persona normale, anche se, superoismi a parte (come sottolinea nell’intervista), è stato scelto dal Governo insieme ad oltre 100 persone come Digital Champions, ovvero come traghettatore di Comuni, amministrazioni italiane e cittadini nell’era digitale (www.digitalchampions.it).

Non è però questo il motivo per cui lo abbiamo avvicinato e intervistato.

Casualmente abbiamo trovato il suo blog (qui), scoprendo che a Casarsa Della Delizia (provincia di Pordenone), la sua città, porta avanti una delle sue passioni, l’informatica appunto, non solo come studente universitario, ma anche come educatore.

Matteo è co-fondatore del movimento CoderDojo Friuli Venezia Giulia (www.coderdojofvg.it), che si appoggia a CoderDojo, un network internazionale nato in Irlanda nel 2011 per contrastare il fenomeno del bullismo, incentivato nei ragazzi da pomeriggi privi di attività e senso. Da allora, CoderDojo esiste in vari paesi del mondo, fra cui l’Italia, più specificatamente in 40 città della penisola, Ravenna quella più vicina a noi (www.coderdojoravenna.it).

Coder, colui che programma; DOJO, in giapponese, come palestra.

La struttura degli incontri con gli animatori di CoderDojo è proprio questa: una stanza con bambini, genitori, PC ed un software, SCRATCH, utilizzato per creare semplici stringhe di comando e programmare piccoli giochi. Appunto: CoderDojo non è una lezione, ma un gioco.

Gli obiettivi sono insegnare la programmazione ai giovani (dai 7 ai 17 anni) o meglio, proporgli un modo per sviluppare il pensiero computazionale, stimolando i bambini a collaborare fra loro al fine di “dominare le macchine e non essere dominati” come ci dice Matteo.

Un CoderDojo dura circa 3 ore e, fra una merenda e una risata, i bambini vengono incentivati a programmare, provare e sbagliare. Non perché sono giovani non capiscono! Anzi, con questo approccio il bimbo inizia a sperimentare che a specifici comandi corrispondo specifiche azioni e che, se si vuole vuoi creare qualcosa di bello, bisogna ragionarci un po’ sopra. Una visione più che attuale.

Matteo, per quali motivi è importante lavorare su un uso corretto della tecnologia?

“È importante conoscere gli strumenti della nostra epoca, non solo per difendersi da potenziali pericoli, ma anche per cambiarne il corso: trasformare le tecnologie che abbiamo oggi a nostra disposizione al fine di migliorare la vita quotidiana. Dobbiamo cercare di capire chi siamo, senza darci mai per scontato e iniziando fin da piccoli.” Continua Matteo : “Non accontentiamoci di Essere senza ‘Sapere cosa essere’. Non accontentiamoci di “utilizzare” senza sapere ‘come, cosa e perché utilizzare’ la tecnologia odierna. La curiosità ci aiuta a capire chi siamo e dove vogliamo andare, con quali mezzi e, soprattutto, con quali obiettivi. Approfondire significa capire come funzionano le cose; dobbiamo essere padroni delle nostre tecnologie”.

Imparare ad imparare. Che significa?

Quando frequenti l’università, è raro che qualcuno ti dedichi più di cinque minuti. Sei solo, con le tue responsabilità, con i tuoi obiettivi, con il tuo studio e i tuoi esami. Ti accorgi che tutto ruota attorno alle tue scelte: “fare o non fare, non c’è da provare“, diceva una grande maestro. Il problema però sta in quel “fare”. Credo, senza pretendere minimamente di avere la ragione in tasca, che se non ci abituiamo a darci da fare difficilmente otterremo grandi risultati. Mi piace l’espressione “imparare ad imparare” a significare che ciò che conta realmente per noi, è la capacità di apprendere, di trovare il tassello successivo del nostro puzzle, di trovare una strada alternativa, di immaginare una soluzione differente da quella solita. Con CoderDojo proviamo a stimolare questo approccio al problem solving, mettendo i ragazzi davanti a dei problemi via via più complessi, ai fini di stimolare le loro capacità di arrangiarsi, di rimboccarsi le maniche e agire. Le nuove generazioni e la nostra hanno dei potenziali enormi. Enormi, ma talvolta inespressi, per nostra pigrizia in primis. Dobbiamo bucare il velo che ci siamo costruiti attorno, smettere di lamentarci, imparare ad imparare e fare, per noi, per il mondo che ci circonda.  

Quale futuro per CoderDojo?

“Molti insegnanti lo vorrebbero nelle scuole.” Ci dice Matteo. “Conosco una maestra a Roma (dovete conoscerla anche voi, è eccezionale!) che insegna la geometria con Scratch: i bimbi si divertono, capiscono e prendono anche buoni voti. Se riusciamo a portare l’approccio e la filosofia di CoderDojo nelle scuole, abbiamo fatto centro. Perché le scuole sono da sempre il luogo dove trasmettere competenze, ed è giunta l’ora che lo facciano in maniera innovativa, nuova e creativa.

Perché hai deciso di entrare nel network CoderDojo?

“I giovani usano la tecnologia in maniera inconsapevole. Mentre i genitori guardano i ragazzi di oggi e li pensano professionisti del software, in realtà le conoscenze degli adolescenti sono minime. Come li usano questi mezzi? Che cosa creano di buono con gli strumenti che hanno? Sanno difendersi dai potenziali rischi? Controllano la loro privacy sui social? Sanno cosa sono le privacy policy? Le leggono? Credo che tra gli adolescenti sia diffusa l’abitudine di fruire passivamente di smartphone e compagnia, credendo, tra l’altro, che la tecnologia sia fatta dai social networks e nient’altro. Non è così e non possiamo abbandonare i giovani davanti alle tecnologie, nascondendoci dietro all’alibi della nostra incapacità o inconsapevolezza. È nostro dovere morale accompagnare e guidare le nuove generazioni verso un uso corretto del digitale.

E ancora: “Oggi, o rifiutiamo tutta la tecnologia (e veniamo però esclusi dal mondo) oppure ci stiamo dentro. Con CoderDojo ciò che cerchiamo di trasmettere è che utilizzare dieci ore al giorno pc smartphone o tablet non basta. Dobbiamo tenere accesa anche la mente: l’unico PC su cui puoi davvero fare affidamento è la tua testa.”

Faenza ha già conosciuto CoderDojo nel Febbraio 2014; alcuni animatori ravennati hanno organizzato una sessione riscuotendo un buon successo, ma nello scenario faentino non ha avuto una sufficiente risonanza mediatica.

Salutiamo e ringraziamo Matteo, ma CoderDojo non finisce con questo articolo. Chiunque abbia voglia di mettersi in gioco non esiti a scriverci; non è mai vano il tempo investito nell’essere curiosi.

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