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Abbandono scolastico a Faenza: 95 casi segnalati. Dialogo con Cristiana Bacchilega (Centro per le Famiglie)

Maggio 2021: ultimo mese di scuola. Questo mese rischia però di essere l’ultimo non solo per i maturandi, che si preparano al mondo del lavoro e dell’università, ma anche per molti altri studenti che decidono di non tornare più tra i banchi. Sono molti infatti i ragazzi e le ragazze che rientrano in quella che le statistiche definiscono “dispersione scolastica”. E’ un problema che tocca da vicino tutti, anche la nostra città. Questa campanella l’abbiamo quindi fatta suonare a chi sta fuori da scuola ed è a contatto con i ragazzi che non vogliono sentirla suonare più. Ecco quindi il confronto con la dott.ssa Cristiana Bacchilega, responsabile del Centro per le Famiglie dei Servizi Sociali di Faenza che hanno sede presso i locali di Faventia Sales.

Gennaio 2021: quasi 100 segnalazioni tra i 14 e i 16 anni

Il problema della dispersione scolastica è purtroppo un problema preesistente al Covid, ma di certo la pandemia ha accentuato tutte le criticità. E’ stata fatta una ricognizione nelle scuole superiori della Romagna faentina a gennaio del 2021 chiedendo ai dirigenti di segnalare i casi di ragazzi tra la prima e la terza superiore a rischio di abbandono scolastico, ovvero coloro che avevano smesso di collegarsi alle lezioni online o che avevano già prima della pandemia bisogni speciali, i cosiddetti Bes. Il dato raccolto quindi è una sottostima del dato reale che sappiamo essere molto più alto e in costante crescita, ma è comunque un dato che fa riflettere. Sono infatti 95 i ragazzi della Romagna faentina segnalati dalle scuole, alle famiglie dei quali è stata spedita una lettera. Tuttavia solo il 35% ha chiesto concretamente aiuto, ovvero circa 47 ragazzi.

A questo dato si devono aggiungere almeno altri dieci ragazzi di quelle stesse classi che a gennaio avevano già superato i 52 giorni di assenza e altri 20 ragazzi segnalati invece alla neuropsichiatria infantile, a cui arrivano richieste tutte le settimane, per problemi di disagio ben più grave di quello ansioso, come attacchi al corpo, cutting e pensieri suicidi. Di questi 95 studenti sono 60 quelli che riguardano Faenza e le segnalazioni sono arrivate da tutte le scuole superiori faentine: 44 sono i ragazzi segnalati dall’ Istituto Tecnico Oriani, 10 dal Liceo Torricelli-Ballardini, 12 dal Persolino-Strocchi, 26 dall’Artusi e 4 dall’ Itip Bucci. Il problema dell’abbandono scolastico riguarda però anche le scuole medie, nonostante abbiano conservato un po’ di più la frequenza in presenza: si registrano almeno 10-15 segnalazioni anche da queste scuole e in particolare emerge una sempre più diffusa fobia scolare, ovvero la difficoltà sia di andare a scuola in presenza sia di collegarsi online, che spesso è un precoce segnale di quello che può diventare di fatto un abbandono.

Intervista a Cristiana Bacchilega: i ragazzi percepiscono tutte le difficoltà familiari

Quali sono le principali cause di questo disagio e del conseguente abbandono?

Il disagio era presente anche prima della pandemia, ma di certo il Covid e l’impatto che ha avuto sulla società hanno acuito tutte le criticità. Non è infatti soltanto un problema di didattica a distanza – che ovviamente privando i ragazzi delle relazioni tra compagni ha notevolmente peggiorato la situazione – ma anche un problema di come i ragazzi percepiscano tutte le difficoltà familiari, da quelle economiche a quelle sanitarie e in alcuni casi di lutto. Il fenomeno degli hikikomori, i ragazzini che non escono dalla propria stanza, è diffuso in Italia da almeno dieci anni e non è quindi qualcosa di nuovo, anche se il ritiro sociale è ovviamente in netto aumento.

I ragazzi si sono adattati: servono ascolto e gradualità per la risocializzazione

Molti ragazzi si sono quindi adattati all’isolamento. Come si fa a farli uscire di nuovo dalle loro stanze?

Il problema attuale è proprio questo: sono molti i ragazzi che non vogliono più tornare a scuola e che si sono adattati alla situazione. Ci sono quindi importanti aspetti emotivi e psicologici di cui tenere conto. Nel favorire la risocializzazione servono gradualità e ascolto. Anche con i ragazzi e le ragazze di quindici anni, che sono considerati ormai grandi, serve un aiuto, un accompagnamento, nel farli riabituare pian piano a uscire con gli amici. Gli adolescenti sono ricchissimi di risorse, ma hanno bisogno di essere ascoltati e rimotivati e per questo serve tempo. In questo momento si trovano tra l’amico che non presta alcuna attenzione alle regole e l’amico che ha il terrore del contagio: non è una situazione semplice.

Le azioni concrete del Centro per le Famiglie

Quali sono gli strumenti messi in campo dal Centro per le Famiglie in risposta a queste difficoltà?

Una prima azione concreta, proprio nel segno della gradualità e dell’ascolto, è stata incrementare i centri di aggregazione, ovvero il supporto pomeridiano per i ragazzi. In presenza e online laddove vi sono resistenze da parte della famiglia. Si tratta di gruppi piccoli, in rapporto uno a uno, uno a tre e uno a cinque nell’ottica di una graduale risocializzazione, che prevedono anche il contatto diretto con i docenti coordinatori di classe. Al momento sono 47 i ragazzi seguiti, oltre a quelli già seguiti dagli scorsi anni, di cui sei non hanno ancora iniziato il percorso perchè necessitano di un intervento mirato da parte della neuropsichiatria. In Unione della Romagna faentina sono al momento 38 i bambini delle elementari seguiti, 144 i ragazzi delle medie e 39 quelli delle superiori. Un secondo intervento importante, pensato per i genitori, è lo “Speciale Adolescenza“, una serie di serate a tema su tematiche particolarmente delicati in questo momento come l’educazione alla sessualità e all’affettività, i disturbi alimentari, i rischi legati all’uso di cannabinoidi, la gestione della rabbia. Infine un evento in collaborazione con Cefal e l’InformaGiovani su “Orientamento e ri-orientamento” , molto importante soprattutto per quei ragazzi che si troveranno a cambiare scuola. Un momento delicato sarà infatti la valutazione alla fine dell’anno scolastico che quest’anno non prevede il “tutti promossi”: sarà fondamentale analizzare bene ogni singolo caso, tenendo conto anche del fatto che ci sono alcune scuole in difficoltà nell’accogliere un numero extra di alunni per via delle classi già molto numerose.

Curare relazioni e dialogo uno a uno: ragazzi partecipi del futuro

Che consiglio si può dare agli insegnanti in questo ultimo mese di scuola?

Anche gli insegnanti sono molto provati da questa situazione, ma il consiglio adesso è quello di non farsi prendere dall’ansia del programma e delle valutazioni e di curare la relazione e il dialogo uno a uno. Non avere paura di mostrare agli studenti che hanno davanti anche le proprie fatiche e difficoltà. Oggi più che mai l’educatore deve partire dai bisogni dei ragazzi. La pandemia in un certo senso ci sta offrendo una grandissima opportunità: rendere i ragazzi partecipi del nostro e del loro futuro. Se prima pensavamo di calare dall’alto ciò che ritenevamo utile, adesso sappiamo che non è così. Dobbiamo costruire insieme a loro il domani includendo i più affaticati e promuovendo la collaborazione e non la competizione, per combattere il maggior fattore di rischio che è la solitudine.

Per la rubrica “Per chi suona la campanella…” a cura di M. Letizia Di Deco

Letizia Di Deco

Classe 1998, vivo a Faenza. Mi sono laureata in Lettere Moderne e poi in Italianistica e Scienze linguistiche all’Università di Bologna. Scrivo per il settimanale Il Piccolo di Faenza. In attesa di tornare definitivamente in classe da prof, mi piace fare domande a chi ha qualcosa di bello da raccontare su ciò che accade dentro e fuori le pareti della scuola. Ho sempre bisogno di un buon libro da leggere, di dire la mia opinione sulle cose, di un po' di tempo per una corsetta…e di un caffè

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