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ALLE ORIGINI DEL MEI – Parte 2 – LA FESTA DELLE AUTOPRODUZIONI (1995-1996-1997)

ALLE ORIGINI DEL MEI

 Parte 2

LA FESTA DELLE AUTOPRODUZIONI (1995-1996-1997)

  

Nella prima puntata siamo entrati nella vivace atmosfera musicale della Faenza anni ’90. Il Clan Destino già allora era un importante locale nel quale le band potevano esibirsi (ci viene in mente, al proposito, il recente concerto tenuto dagli Herba Mate – band di cui abbiamo già parlato qui – l’11 aprile scorso), ma molte cose erano diverse rispetto ad oggi. Con Daniele Scarazzati, uno dei ragazzi e musicisti che all’epoca si impegnò attivamente, abbiamo cercato di ricostruire nomi, luoghi, e cause che resero possibile quello che poi diverrà il MEI, non focalizzandoci solo sul grande evento, ma analizzando il vero e proprio sostrato che rese possibile la sua realizzazione in una piccola città come Faenza.

In questa puntata entreremo più nel vivo della Festa delle Autoproduzioni (1995-1996-1997), evento da cui discenderà il MEI. Con Daniele vedremo come fu possibile incanalare tanta energia e passione nella realizzazione di questi eventi che diedero la possibilità a molti giovani di mettersi in gioco e unire le forze.

  

          Daniele, nello scorso articolo abbiamo indagato quale fosse l’atmosfera musicale a Faenza nei primi anni ’90. Nel 1995 gran parte di questa energia confluirà nella realizzazione della prima Festa delle Autoproduzioni. Quali furono gli ingredienti e gli obbiettivi che diedero vita a questo evento? 

Anche questo è un aspetto che ho ritenuto opportuno approfondire nel mio capitolo riguardante il ventennale del MEI, altrimenti non si capisce come mai si sia potuti arrivare a quell’iniziativa, almeno secondo il mio parere. Come si diceva, in tutta la Romagna si registrava una grande vivacità dei cosiddetti “gruppi musicali di base”, cioè gruppi giovanili non professionistici. Un po’ tutte le località erano toccate da questa vivacità: Imola, Forlì, Ravenna, Lugo, la zona collinare, da Brisighella a Modigliana, da Riolo Terme a Casola Valsenio, oltre naturalmente a Faenza, dove Faenza Rock ha potuto fare da catalizzatore di tutte le varie realtà. C’erano parallelamente altre iniziative locali, ma non raggiungevano lo stesso raggio d’azione e gli stessi numeri di Faenza Rock. Tutta questa vivacità nella maggior parte dei casi vedeva coinvolti gruppi musicali che non superavano il livello spontaneistico e entusiasta del “formiamo una band e divertiamoci”. Tuttavia in diversi casi e, col tempo, sempre più spesso, i gruppi hanno voluto e potuto lasciare traccia della propria proposta musicale, dapprima su musicassetta, il classico demotape, poi in formato compact disc. Questo perché il “demo”, come in gergo viene definito, era ed è un utile veicolo promozionale sia per promuoversi per dei possibili concerti, sia per provare a rifarsi un po’ delle spese che la band doveva sostenere, e anche per farsi ascoltare attraverso alcune trasmissioni radiofoniche dedicate alla musica delle band locali. Una di queste trasmissioni era la già citata Rumori di Fondo, che conducevo sulle frequenze di Radio Base. Oggigiorno non mi risultano ci siano in zona queste trasmissioni, e questo è un peccato. Va detto però che queste trasmissioni sono sicuramente sostituite da altri canali e da altre tecnologie come i servizi internet di youtube, soundclouod, così come una volta era in voga myspace, anche se tanta abbondanza a volte può forse portare a fare scomparire, più che risaltare, le singole realtà musicali. Ma qui apriremmo un altro capitolo molto lungo… Ad ogni modo, questo fiorire di autoproduzioni fece venire in mente al gruppo di lavoro che lavorava prima come Coordinamento dei Gruppi Musicali di Base, e che poi si sarebbe trasformato in Rumore di Fondo, la possibilità di creare un evento dove fare suonare alcuni dei gruppi più rappresentativi della scena locale, assieme a qualche ospite di maggiore richiamo, con attorno una serie di “banchetti” dove presentare e vendere le proprie cassette, i CD e il merchandising costituito, nei casi più “intraprendenti”, da magliette, cappellini, adesivi e così via. Appunto, la Festa delle Autoproduzioni.

          Da chi era composto il team organizzativo di queste prime Feste delle Autoproduzioni? Quale era il tuo ruolo? Avevate capito fin da subito di stare realizzando qualcosa di molto importante nell’ambito del settore musicale?

Fino al 1995 c’era un gruppo di lavoro costituitosi all’interno dell’Arci Nova di Faenza, coordinato da Giordano Sangiorgi e Roberta Barberini. Ad aprile di quell’anno si costituisce ufficialmente l’associazione Coordinamento Gruppi Musicali di Base. In seguito, già nel 1996 questa si evolve in Rumore di Fondo – Associazione Gruppi Musicali, in cui ricoprivo la carica di presidente. Il gruppo di lavoro era formato da giovani aventi i più svariati interessi, non solo musicali, e che spesso erano coinvolti più per legami di amicizia e per voglia di realizzare qualcosa di concreto insieme piuttosto che dal suonare attivamente, e senza i quali davvero non sarebbe stato possibile dare vita a tutte quelle iniziative che andavano anche oltre la Festa delle Autoproduzioni, e richiedevano un impegno costante lungo tutto l’anno. Sapendo già che dimenticherò qualcuno dopo tutti questi anni, mi vengono in mente i nomi di Luca Lambertucci, Filippo Bolzon, Monia Rava, Jan Guerrini, Alessandro Drei, ma ce n’erano molti altri. Non so se ci fosse una convinzione diffusa che si stesse realizzando qualcosa di importante nel settore musicale, sicuramente c’era la volontà di realizzare qualcosa insieme, collettivamente, mettendo in rete energie e risorse che nascevano e circolavano “dal basso”, autoprodotte, artigianali, ma piene di passione. Il suono del palazzetto era tremendo, tutto era molto semplice, bastava un tavolo e un manifesto per allestire un banchetto, mentre oggi si vedono a questo tipo di fiere stand ultra professionali dove nessun aspetto è lasciato al caso, tutto è curatissimo e “vincente”. Allora, in chi collaborava c’era sicuramente la soddisfazione di ritrovarsi a costruire qualcosa insieme, motivati dal piacere di condividere un’esperienza e una passione comune, e già questo era importante, se non per la musica almeno per noi. Poi il fine ultimo poteva essere una raccolta fondi per una iniziativa di solidarietà, oppure la sensibilizzazione della comunità e dell’amministrazione comunale per un tema come quello della necessità di spazi per le attività musicali, ma alla fine ciò che cementava la partecipazione di tutti era la voglia di lavorare insieme creando qualcosa in cui si credeva.

          Come erano strutturati questi eventi? Dove si svolgevano e cosa veniva offerto al pubblico, ai gruppi musicali ed agli esperti del settore?

La Festa delle Autoproduzioni si svolgeva nell’arco di una giornata, il sabato, durante le festività natalizie, questo per facilitare la presenza dei vari ragazzi all’allestimento dell’iniziativa, liberi dagli impegni di studio o di lavoro. Il tutto si teneva presso il Palazzetto dello Sport “U. Bubani”. Nel pomeriggio c’erano le prove dei vari gruppi, mentre venivano allestiti i vari banchetti promozionali. Poi a inizio serata si esibivano i gruppi locali mentre a tarda serata entrava in scena il gruppo ospite. Il primo anno furono ospiti i La Crus, il secondo anno i Kina mentre nel 1997 arrivarono i Bluvertigo. Dato che eravamo tutti coinvolti in aspetti molto specifici dell’organizzazione – chi i banchetti, chi il catering per gli ospiti, chi il supporto al service audio e così via – non ho un ricordo “d’insieme” delle varie edizioni, poi è passato davvero tanto tempo. Ho tuttavia ancora del materiale organizzativo e promozionale dell’epoca, con scalette, comunicati, locandine, e devo dire che è evidente lo sforzo organizzativo messo in campo.

–          Che rapporto c’era tra Faenza e le Feste delle Autoproduzioni? Venivate aiutati dall’amministrazione comunale, da privati o altre associazioni? E come venivano visti questi eventi dal “faentino medio”, magari non strettamente connesso al mondo musicale?

 Con l’amministrazione comunale dell’epoca c’era un confronto continuo durante tutto l’anno su quali fossero le esigenze della realtà musicale locale e una costante ricerca di possibili soluzioni, ad esempio nell’individuazione di spazi per esibirsi e nell’ubicazione e realizzazione di un futuro centro musicale. L’amministrazione sosteneva poi questa iniziativa, così come tante altre durante l’anno, come ad esempio Faenza Rock. Invece, su come il “faentino medio” vedesse questo genere di iniziativa, non saprei con certezza. Essendo io coinvolto in prima persona, non penso di essere in grado di dare una risposta certa a questa domanda. Mi viene da pensare che, probabilmente, per chi non fosse in un qualche modo coinvolto nella scena musicale, poteva suonare “strana” la parola stessa “autoproduzione”. Ma d’altronde promuovere i gruppi “di base” e le loro realizzazioni voleva dire farli ascoltare anche da chi magari non era un musicista o appassionato, o loro amico o conoscente, ma creare l’occasione affinché chiunque – anche il cittadino “medio” – li potesse ascoltare ed apprezzare, incrociando generi, provenienze, stili. Anche questa era promozione delle autoproduzioni. Di sicuro ci fu un’ottima risposta di pubblico nelle varie edizioni, come testimoniano anche alcuni articoli dell’epoca, e questo ci diede grande soddisfazione.

Nella prossima puntata, analizzeremo tutto quello che questa esperienza ha lasciato come eredità a Faenza e ai suoi partecipanti. Nel frattempo chiediamo a chiunque abbia vissuto quella stagione di contattarci per raccontare la propria esperienza o commentare quanto scritto finora.

Ricordiamo poi come Daniele, attraverso il suo sito internet http://www.lamiabandsuonailrock.it/, stia raccogliendo materiale e documenti testimoni di quella stagione. Una bella iniziativa di memoria storica che Buonsenso@Faenza sostiene!

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