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Oltre 700 firme per richiedere le Stanze degli abbracci anche a Faenza

Dopo mesi di allontanamento poter vedere, toccare e addirittura abbracciare il proprio nonno. L’idea che regala un momento di serenità, come se il virus non fosse mai esistito, viene da una Rsa di Castelfranco Veneto che in autunno ha lanciato le “Stanze degli abbracci”. Uno spazio con una tenda trasparente che protegge dal contagio e consente di toccare – attraverso dei guanti – i propri cari residenti nelle strutture. E’ questa una delle richieste di alcuni famigliari di anziani ospiti alla Residenza S.Umiltà di Faenza, che non vedono i propri cari da mesi. E per avviare un confronto con gestori e istituzioni su possibili soluzioni, come le Stanze degli abbracci, hanno lanciato una raccolta firme che ha visto finora oltre 700 sottoscrittori.

Le famiglie non vedono gli anziani da mesi: “Il problema non può essere rimandato”

«In quanto familiari di anziani ospiti alla Residenza S.Umiltà di Faenza – si legge nella lettera – avvertiamo la necessità urgente di ritornare sul tema dell’isolamento affettivo e relazionale che ormai da molti mesi ha colpito i nostri cari, per sollecitare una quanto più possibile solerte attuazione di soluzioni concrete. Sebbene consapevoli delle enormi difficoltà che in questo momento incombono sulle strutture sanitarie ed assistenziali, anche in considerazione dei focolai scoppiati di recente presso alcune strutture del faentino, riteniamo che il problema non possa essere ulteriormente eluso o rimandato. Siamo fortemente preoccupati per le conseguenze di un così prolungato e drastico isolamento, che incide profondamente sulla vita e sulla psiche di persone già così fragili, e il cui benessere dipende sostanzialmente dalla capacità di pensare e organizzare per loro un contesto sicuro, dignitoso e affettivamente significativo. Abbiamo purtroppo constatato (e questo è un fatto ormai ampiamente documentato anche in ambito medico e scientifico) come l’apatia, la rassegnazione e il senso di abbandono subìti dai nostri cari costituiscano fattori di rischio nella popolazione anziana per la loro sopravvivenza e che possono causare un ulteriore aggravarsi della loro già precaria condizione mentale e fisica, senza possibilità di recupero, con un aumento del senso di solitudine e di sofferenza».

Proposti anche i test antigenici rapidi

Tra le proposte dei firmatari, oltre le Stanze degli abbarcci, i test antigenici rapidi, ormai internazionalmente accettati e riconosciuti per lo screening di comunità, possano essere impiegati anche per i visitatori delle Cra e delle strutture sociosanitarie residenziali, in cui l’accesso sia stato autorizzato dal direttore della struttura. «Riponiamo la massima stima e gratitudine nei confronti del personale medico e assistenziale – si precisa nella nota – che si prende cura dei nostri cari e riponiamo grande fiducia nelle Istituzioni, certi di poter condividere, anche in una fase così critica e complicata, l’obiettivo di ripristinare il pieno diritto a una salute che non neghi più a nessuno la dimensione affettiva e relazionale. Cogliamo l’occasione per dimostrare la nostra massima gratitudine verso tutto il personale che lavora presso la struttura per l’affetto e le cure dedicate, soprattutto in questo momento così faticoso, nell’accudire i nostri cari».

Le Stanze degli abbracci

Un’idea sviluppata in Romagna dalla Teloneria forlivese, nata dall’esigenza da parte di persone che hanno parenti, anziani e disabili ricoverati in strutture e case di riposo di poter rabbracciare i propri cari. «Per queste persone passare mesi senza avere contatti con i propri cari può essere deleterio da un punto di vista emotivo e anche fisico – spiega la titolare Silvia Chiocciolini – per cui abbiamo migliorato nei materiali e sicurezza alcune proposte già messi in campo per attrezzare spazi dove parenti e famigliari possano riabbracciarsi”. Nasce così uno spazio allestito all’interno delle strutture – fisso o mobile – con una tenda dove, attraverso manicotti, è possibile tornare a vivere l’emozione di un abbraccio.

«Il grande pregio di quest’idea è che adattabile a diverse situazioni e spazi – specifica Chiocciolini – e non abbiamo dimenticato nemmeno i bambini o persone in carrozzina, posizionando a diverse altezze i passaggi per le braccia in modo da renderli facilmente raggiungibili da persone di qualsiasi età o altezza”. Il materiale scelto risponde ai criteri di sanificazione e consente un ricambio completo in circa 20 minuti tra una visita e l’altra. L’idea non si è fermata in Romagna, ma è arrivata fino alle Marche e al San Raffaele di Roma. «La nostra azienda si occupa principalmente di coperture sportive, e quella delle stanze degli abbracci per noi è una novità soprattutto dal punto di vista emotivo. Mi sono arrivati moltissimi video con persone che ci ringraziavano e piangevano di gioia. In particolare ne ricordo uno della pediatria del San Raffaele, dove i bambini possono incontrare solo uno solo dei genitori per un lungo periodo di tempo. Dare loro la possibilità di rincontrarsi a Natale è stato davvero gratificante». E le sperimentazioni non si fermano qui: l’idea è quella di portare gli abbracci anche all’aperto, tramite gazebo riscaldati. «La proposta piace – conclude la titolare – e stiamo notando che comincia a esserci richiesta non solo dagli ambiti sanitari ma anche da privati, per esempio da aziende, tutti abbiamo bisogno di dare e ricevere un abbraccio».

Samuele Marchi

Giornalista, sono nato a Faenza e dopo la laurea in Lettere all’Università di Bologna frequento il master in 'Sviluppo creativo e gestione delle attività culturali' dell’Università di Venezia/Scuola Holden. Ho collaborato con diverse testate locali e nazionali come Veneto Economia, Alto Adige Innovazione, Cortina Ski 2021, Il Piccolo, Faenza Web Tv. Ho partecipato all'organizzazione del congresso nazionale Aiga 2015 e del Padova Innovation Day. Nel 2016 ho pubblicato il libro “Un viaggio (e ritorno) nei Canti Orfici” (Carta Bianca editore) dedicato al poeta Dino Campana. Amo i cappelletti, tifo Lazio e, come facendo un puzzle, cerco di dare un senso alle cose che mi accadono attorno.

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