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“Teatro e scuola esistono solo dal vivo”: un confronto con Alberto Grilli

I palchi dei teatri come le aule delle scuole sono luoghi silenziosi in questo periodo. Eppure hanno entrambi tanto da insegnare. Ne abbiamo parlato con Alberto Grilli, regista e direttore artistico del Teatro Due Mondi di Faenza. Una compagnia che si occupa di quello che è chiamato teatro sociale o partecipato, cioè un teatro fatto di spettacoli e rassegne ma anche progetti di inclusione e relazione. Con lui abbiamo quindi voluto riflettere sul valore educativo che il teatro porta con sé.

Intervista ad Alberto Grilli del Teatro Due Mondi di Faenza

Che cos’è il teatro, che definizione darebbe lei?

Il teatro è relazione. Esiste solo tra persone, tra esseri umani. Perché esista il teatro devono esserci almeno un attore e uno spettatore in presenza. È la vicinanza tra corpi che permette empatia.

Qual è il valore pedagogico ed educativo del teatro di cui voi fate esperienza?

Ultimamente abbiamo meno rapporti con le scuole. A scuola spesso il teatro è ridotto a pagine di letteratura teatrale. Certo, i ragazzi non sono attori, ma possono imparare il lavoro di gruppo attraverso il teatro. Possono scoprire che le relazioni non sono fatte solo di parole, ma anche di sguardi, di gesti. Penso che il teatro possa dare molto alla scuola, ma per farlo deve uscire dalla forma della scuola: non si può recitare in aula, in un contesto frontale, perché il teatro è anche condivisione di spazi. E in questi spazi non ci sono criteri meritocratici, non ci sono voti: il teatro non insegna delle cose, le fa scoprire. Proprio come un bravo insegnante. Scuola e teatro sotto certi aspetti sono simili: la vera scuola si fa solo in presenza, come il teatro.

“Il teatro svolge un’importante funzione sociale”

Il teatro annulla le distanze: in questo periodo in cui le distanze invece vanno rispettate qual è la più grande difficoltà per voi?

Purtroppo ci è saltato molto lavoro. Essendo coinvolti in progetti all’estero l’impossibilità di viaggiare ha comportato molti problemi. Ci stiamo concentrando sulla produzione di nuovi spettacoli che proporremo all’aperto nella stagione estiva. Se facessimo teatro dentro avremmo comunque solo pochi posti e diventerebbe un teatro esclusivo, vogliamo invece garantire più presenza e spostandoci nel cortile possiamo accogliere fino a 150 persone distanziate. Anche i laboratori previsti per la stagione invernale si svolgeranno in estate all’aperto per lo stesso motivo.

Per il futuro cosa vi aspettate?

Il teatro esiste da sempre e uscirà anche da questa crisi. Forse ci sarà più gente che avrà bisogno di relazioni dirette. Spero in una rinascita del teatro per la società, perché adesso sembra che il teatro interessi solo chi di teatro si occupa. Non è così. Il teatro svolge un’importante funzione sociale e ora sembra che la gente se ne sia un po’ dimenticata.

Per la rubrica “Per chi suona la campanella…” a cura di Letizia Di Deco

Letizia Di Deco

Classe 1998, vivo a Faenza. Mi sono laureata in Lettere Moderne e poi in Italianistica e Scienze linguistiche all’Università di Bologna. Scrivo per il settimanale Il Piccolo di Faenza. In attesa di tornare definitivamente in classe da prof, mi piace fare domande a chi ha qualcosa di bello da raccontare su ciò che accade dentro e fuori le pareti della scuola. Ho sempre bisogno di un buon libro da leggere, di dire la mia opinione sulle cose, di un po' di tempo per una corsetta…e di un caffè

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