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“Matrix Resurrections” di Lana Wachowski: la recensione del film

“Qualcuno ci sta già credendo…”, Cloud Atlas

Il Sig. Thomas Anderson, uomo introverso e profondamente turbato, è un videogame designer, celebre per aver creato in passato una trilogia di videogiochi cult, passata alla storia col nome di Matrix. Va spesso dall’analista, prende medicine e frequenta la stessa caffetteria di una donna che lo incuriosisce profondamente, crede di conoscerla ma non ne ha memoria. Ben presto ogni suo dubbio scomparirà, la sua vita riprenderà la strada a cui è sempre stata destinata, gli antichi ricordi del passato riemergeranno e, insieme a vecchi e nuovi alleati, rammenterà la sua vera identità: Neo, l’Eletto!

Prendersi gioco del sistema, facendo parte del sistema.

L’ultimo capitolo della saga di Matrix risulta come un complesso compromesso tra due filosofie di cinema differenti, completamente in antitesi tra di loro ma che si ritrovano unite insieme da una sceneggiatura che propone contrasti concettuali molto stimolanti. Da una parte abbiamo un film maturo, adulto e narrativamente consapevole della sua stessa
natura di sequel: il parallelismo tra la saga cinematografica reale e quella videoludica rappresentata è palese fin da subito. Un esercizio metacinematografico provocatorio ed irriverente verso gli spettatori e verso l’odierna modalità di produzione filmica statunitense. Il film non fa altro che minimizzare volutamente il valore delle iconiche pellicole delle sorelle Wachowski, proponendo un incipit tra i più interessanti degli ultimi anni. Tuttavia, nella seconda parte della visione, il film tradisce sé stesso. Tutto ciò che inizialmente si era proposto di distruggere, viene invece salvato, risaltato e portato alla stregua di ogni altro progetto commerciale del giorno d’oggi. Il tutto, concedendosi quasi beceramente ad ognuno dei vari cliché che ormai questa folle industria hollywoodiana ci ha abituati da tempo. Il percorso dell’eroe è fin troppo lineare, così come l’uso smodato di un fun service elegante ma comunque scontato, per non parlare dei personaggi storici snaturati, divenute vere parodie di quello che furono, prive della loro unicità spirituale e, a volte, ridotte a semplici running gag. La regista da qui in avanti crea un paradosso ideologico forse impossibile da comprendere ma terribilmente affascinante.

C’è davvero qualcuno alla ricerca del libero arbitrio?

Il film riflette sulla condizione attuale del cinema occidentale, dove pellicole intoccabili, rimaste immortali nel tempo (i cosiddetti “cult”) vengono violentemente riesumate, spolverate a fatica e riproposte in salsa moderna per sfruttare a più non posso l’effetto nostalgia. Alcuni protagonisti apparentemente deceduti vengono riportati in vita (come in questo
caso), e altri invece, lasciati con un finale radioso, vengono uccisi solo per lasciare agli sceneggiatori il vanto di un’ apparente originalità. Basti vedere i casi del Golden Trio di Guerre Stellari, oggi da considerare come un gruppo di personaggi ufficialmente scomparso. Eterni meeting e brain storming dove i “creativi” scelgono le linee editoriali più adatte per la vendita del brand e per il rilancio del franchise. Bisogna utilizzare le parole giuste che possano catturare l’attenzione del pubblico giovane, magari anche estraneo al prodotto fino a quel momento, ma senza perdere di vista le
necessità dei fan veterani: il reale motore che ha reso possibile, in primo luogo, il successo dell’opera. Ciò porta alla realizzazione di qualcosa che, per forza di cose, non può più essere autentico nello spirito dell’originale, in quanto non sussiste più lo stesso contesto storico in cui è uscito il capitolo iniziale. Il mondo è cambiato, la società è andata avanti e le persone hanno una mentalità completamente differente rispetto a quelle dei primi del 2000, o della seconda metà degli anni ’80. Il risultato solitamente è un eterna minestra riscaldata di cui ci si accontenta forse troppo spesso ma che genera quasi sempre un ingente e facile guadagno.

Vecchie Nemesi, Volti Nuovi

In conclusione, è d’obbligo sottolineare la prova di tutti gli attori novizi alla saga che, con grande determinazione e rispetto, non hanno sfigurato dinanzi a dei mostri sacri come Keanu Reeves e Carrie-Ann Moss. Da notare soprattutto Neil Patrick Harris il quale, dopo un lungo periodo in cui non lo si vedeva sul grande schermo, ritorna con fierezza, portando un antagonista carismatico, ironico e con una connotazione simbolica non semplice da interpretare.
Inoltre, sono presenti delle piccole chicche registiche notevoli nella composizione, come l’inseguimento finale con tanto di bombe umane e, da punto di vista della scrittura, troviamo anche una frecciatina alla stessa Warner Bros. Ulteriore prova dell’inconfutabile ed immenso controsenso di cui il film si nutre.

“Quel giorno ho compreso che la vita e la morte sono unite, come, in un certo modo, certi inizi sono una fine e alcune volte la fine è un inizio.”  Sense8

Alex Bonora

Alex Bonora

Nato a Murano, ridente isola della laguna veneziana, famosa per la lavorazione del vetro. Diplomato prima come ragionerie a Venezia e successivamente come attore di prosa presso la scuola di teatro Galante Garrone di Bologna nel 2015 dopo un percorso accademico di tre anni. Per diverso tempo sono stato animatore turistico in diversi villaggi turistici in Grecia ricoprendo anche ruoli di responsabilità e coordinamento dello staff. Artista a tempo perso, viaggio molto ricordandomi di tenere costantemente i piedi per terra e la testa alzata verso il cielo. Appassionato di cinema, teatro e musica, ritengo che la critica artistica non sia la semplice valutazione di un prodotto ma un vero e proprio dialogo tra l’analista e il creativo, atto per l’arricchimento intellettuale del pubblico. Amo i dolci e possiedo una katana “Wado Ichimonji”(Strada dell’armonia) in omaggio al manga One Piece. Combatto tutti i giorni per la libertà. Individuale o collettiva che sia.

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