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Con Inter-Coltura a San Mamante si sperimenta l’okra, ortaggio esotico dalle mille ricette

Un ortaggio esotico, simile allo zucchino, dalle proprietà benefiche e dal sapore delicato: si sta cominciando a sperimentare anche a Faenza la coltivazione dell’Okra (o Gombo), pianta originaria dell’Africa molto consumata in varie parti del mondo. L’idea è dell’associazione Inter-Coltura e il valore aggiunto di questo progetto è il fatto di inserirsi in un contesto di orto solidale capace di unire l’attività di stranieri o richiedenti asilo arrivati sul nostro territorio, e con necessità di inserirsi nel mondo del lavoro, con un prodotto agricolo ancora poco conosciuto in Italia ma dalle grandi potenzialità di mercato. Inter-Coltura ha infatti l’obiettivo di creare un’impresa di agricoltura sociale e formativa che punti all’autosostentamento attraverso la valorizzazione di un ortaggio originale e prodotto a km 0.

L’Aps Inter-Coltura si è sviluppata all’interno del Contamination Lab di palazzo Naldi

A portare avanti questa iniziativa sono tre ragazze – Lucia Casadio, Lara Rondinini e Giorgia Cavallaro – che hanno sviluppato questo progetto per dodici mesi all’interno del Contamination Lab di palazzo Naldi, il pre-incubatore d’impresa della Fondazione Banca del Monte di Faenza. Al termine del percorso imprenditoriale, è stata costituita ufficialmente l’associazione che sta avviando questo progetto in un campo nei pressi di San Mamante concesso dall’Asp della Romagna faentina e che consentirà in un terzo di ettaro di coltivare circa novecento piantine di okra. «Siamo tre giovani coinvolte nel sociale, in particolare nell’accoglienza di stranieri e richiedenti asilo – spiega Lara Rondinini – e nello svolgere il nostro lavoro ci siamo accorte che spesso manca un ponte reale tra gli agricoltori del nostro territorio e gli stranieri che arrivano in Italia e che vorrebbero impiegarsi come braccianti o lavoratori agricoli. Con Inter-Coltura le persone possono mettere in campo le proprie conoscenze specifiche su un ortaggio ancora poco diffuso da noi e che riteniamo possa avere grandi potenzialità, valorizzando così tanto la pianta quanto il lavoro stesso».

Un orto solidale per valorizzare una pianta molto diffusa nel resto del mondo

Un’agricoltura sociale che lega dunque l’associazione in partnership con gli agricoltori interessati che cercano manodopera e vorrebbero sperimentare la produzione dell’okra, molto diffusa in varie parti del mondo. Questo ortaggio di origine africana cresce tendenzialmente in climi tropicali e subtropicali, ma si sta diffondendo anche in Italia e Inter-Coltura lo vuole produrre a km 0 nel faentino evitando l’importazione dall’estero. Facile da cucinare, dalle ottime proprietà nutritive e già molto conosciuto dalla popolazione di origine straniera: anche per questi motivi si è scelta l’okra come pianta dalla quale partire con il progetto di orti solidali. «Nei negozi e ristoranti multietnici la pianta è molto consumata – spiega Rondinini – e a secondo della cultura, da quella indiana a quella sudamericana, l’ortaggio viene utilizzato in contesti anche molto differenti».

Unire l’inserimento lavorativo degli stranieri all’innovazione agricola

Considerato in passato un cibo povero, l’okra può essere inserita in stufati come nella tradizione creola, oppure lasciata intera può essere farcita e gratinata in forno, oppure pastellata e fritta. «È una pianta antiossidante che ha molte proprietà benefiche – afferma l’operatrice – oltre a farla crescere in questi mesi il nostro obiettivo è anche quella di farla conoscere come ottimo prodotto alimentare e fornire qualche ricetta specifica ai consumatori». Le norme anti pandemia hanno sicuramente rallentato gli step del progetto, che però non si ferma e guarda al futuro. «La nostra aspettativa – conclude Rondinini – è sicuramente di sviluppare in maniera innovativa l’agricoltura sociale. Ci piace molto anche il concetto di vedere chi arriva in Italia come qualcuno che porta nuove competenze da fuori e come queste si possono utilizzare per dare via a un nuovo un modello di business innovativo».

Samuele Marchi

Giornalista, sono nato a Faenza e dopo la laurea in Lettere all’Università di Bologna frequento il master in 'Sviluppo creativo e gestione delle attività culturali' dell’Università di Venezia/Scuola Holden. Ho collaborato con diverse testate locali e nazionali come Veneto Economia, Alto Adige Innovazione, Cortina Ski 2021, Il Piccolo, Faenza Web Tv. Ho partecipato all'organizzazione del congresso nazionale Aiga 2015 e del Padova Innovation Day. Nel 2016 ho pubblicato il libro “Un viaggio (e ritorno) nei Canti Orfici” (Carta Bianca editore) dedicato al poeta Dino Campana. Amo i cappelletti, tifo Lazio e, come facendo un puzzle, cerco di dare un senso alle cose che mi accadono attorno.

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