Agricoltura faentina: un 2019 da dimenticare
Maltempo, cimice asiatica, batteriosi dei kiwi: si è chiuso un 2019 particolarmente difficile per l’agricoltura romagnola; un trend ormai costante negli ultimi anni che colpisce uno dei settori più importanti del faentino. A pagarne maggiormente le conseguenze sono i principali attori della filiera produttiva: gli agricoltori, che vedono di anno in anno aumentare le difficoltà per portare avanti il proprio lavoro, e chiedono ora un confronto serio con le istituzioni, in particolare con la Regione. «Il 2019 è stato un anno disastroso, il peggiore da quanto mi sono messo in proprio in questo lavoro, ormai vent’anni fa» commenta Romano Gaddoni, coltivatore diretto delle campagne faentine nei cui ettari coltiva in particolare kiwi, ma anche pesche, ciliegie e kaki.
La batteriosi dei kiwi continua a fare danni
«Per quanto riguarda i kiwi, le produzioni sono molto calate negli anni: una volta si riuscivano a produrre 350-400 quintali a ettaro, mentre ora ci dobbiamo accontentare a 120-150 quintali, a fronte di spese di attrezzature e manodopora che sono rimaste le stesse». Diversi i motivi di questo calo di produzione: da una parte i cambiamenti climatici, dall’altra la batteriosi che da tempo colpisce questi frutti. «Anche quest’anno non siamo partiti bene – spiega Gaddoni – l’inverno sembra non esserci stato e i kiwi necessitano di almeno 800-1.000 ore di freddo per rendere al meglio. Il sole e le temperature di questi giorni fanno lavorare più velocemente la pianta, ma a marzo, se arriva una gelata, rischiamo di rimanere senza raccolto. Inoltre dobbiamo far fronte anche alla batteriosi, passata in secondo piano a causa della cimice asiatica, ma tutt’ora presente». Scoperto in Cina nel 1989 e arrivato a Faenza nel 2010, il batterio entra all’interno della pianta del kiwi e si sviluppa allo stesso modo di un cancro e, dopo anche diversi anni di incubazione, lentamente la uccide. Per contrastarlo, viene utilizzato del rame sulla pianta che però, in questo modo, dà meno frutti.
Cimice asiatica: come contrastarla?
Nel frattempo è arrivata anche la cimice asiatica a minare, in particolare, la produzione di pesche. «Sono stati stanziati recentemente dei fondi per installare delle reti nei campi, delle sorte di zanzariere – afferma Gaddoni – ma questa non può essere la soluzione. Per contrastare efficacemente la cimice asiatica, bisognerebbe fare una deroga su alcuni trattamenti biologici specifici in grado di eliminare questi insetti, come è stato fatto in altri Paesi».
Romano Gaddoni: “La filiera produttiva va ripensata, le istituzioni devono incontrare gli agricoltori”
E non sono solo maltempo e cimice asiatica a mettere a dura prova i coltivatori diretti: oltre a essere più basse rispetto al passato, le produzioni vengono pagate sempre meno. Un altro grande problema degli agricoltori riguarda infatti i prezzi della frutta, in particolare della frutta estiva, che raramente arriva a toccare i 30 centesimi al kg e si ferma, perlopiù, ai 23-24 centesimi massimo per le albicocche, ai 20 per le prugne e ai 20-23 per le pesche, senza contare lo scarto in calibrazione. «La filiera produttiva va assolutamente ripensata – suggerisce Gaddoni – altrimenti tante aziende, nel giro di qualche anno, rischiano di chiudere. Le istituzioni locali e regionali devono assolutamente incontrare gli agricoltori, venire nei loro campi, parlare con loro e non solo con le associazioni di categoria e le cooperative, per capire concretamente quali sono le problematiche che dobbiamo affrontare ogni giorno. La Romagna deve puntare su frutta di qualità e gli agricoltori devono essere messi in condizione di poter fare al meglio il proprio lavoro, rendendo la filiera produttiva meno iniqua: è inammissibile che al supermercato la stessa merce che un coltivatore vende a 20 centesimi al kg arrivi a quasi 3 euro, oppure che nelle scuole vengano date pesche o kiwi di altri Paesi senza valorizzare i nostri prodotti. Ci vorrebbe un prezzo minimo garantito concordato, che si attesti attorno ai 40-45 centesimi al kg, per far sì che l’agricoltura nel nostro territorio abbia un futuro».