Un candidato Nobel a Faenza: Francesco Benozzo presenta un libro su Dino Campana

Poeta anarchico di paesaggi, ma anche musicista d’arpa celtica e uno dei più grandi esperti di filologia romanza in Europa. Al grande pubblico probabilmente il nome di Francesco Benozzo non è molto noto, eppure la sua letteratura epica e, per certi versi, “anti-accademica” ha destato l’interesse del pubblico internazionale, tanto che il suo nome figurava tra i 320 scrittori candidati al Premio Nobel per la Letteratura del 2015. Non uno scherzo, ma una candidatura vera e propria promossa dal club letterario Pen Club International e che è stata rinnovata anche per il 2016. Francesco Benozzo sarà alla Pinacoteca comunale di Faenza, mercoledì 8 giugno, a presentare il libro su Dino Campana “Un viaggio (e ritorno) nei Canti Orfici”, edito da Carta Bianca e scritto dal faentino Samuele Marchi. Il saggio, che verrà presentato alle ore 18, riprende infatti molte delle teorie esposte da Benozzo nei suoi libri di ricerca filologica, un tipo di approccio al testo letterario che è stato definito “etnofilologico” e che vuole smuovere un certo modo vivere la ricerca letteraria all’interno (e fuori) il mondo accademico.

Francesco Benozzo: la candidatura al Nobel per la Letteratura

Arpista, cantautore, professore. Nato a Modena nel 1969, Francesco Benozzo insegna linguistica e filologia romanza all’università di Bologna, ha curato l’edizione de Il Gododdin: poema eroico antico gallese (Milano, Luni, 2000) e ha recentemente pubblicato per Rizzoli il libro Carducci. Nel 2014 è stato pubblicato, in forma scritta, il suo poema orale “Onirico geologico” edito da Kolibris. Il poeta newyorkese Berry Wallenstein ha scritto: «ascoltare Francesco Benozzo eseguire Onirico geologico accompagnato dalla sua arpa mi ha illuminato improvvisamente su come è nata la poesia ancora prima che esistessero i poeti».

«È una candidatura al premio Nobel – raccontò un anno fa Francesco Benozzo al momento della nomina – che mi lusinga ma che va anche vista in modo un po’ scherzoso: io sono un outsider totale nel mondo dei giochi letterari e accademici. È un modo per fare capire che la mia opera può avere un pubblico anche se non è “spinta” da una casa editrice, da un’accademia letteraria o da un rettore». Il Nobel, come prevedibile, nel 2015 non è arrivato, e ci si riprova nel 2016. In ogni caso, premio o non premio la vicenda ha avuto il merito di portare all’attenzione degli spettatori una tradizione letteraria, quello della poesia orale, spesso messa in secondo piano rispetto a modelli più istituzionali.

L’etnofilologia: il testo letterario come “traccia”

Quale è l’immagine di un filologo nell’immaginario comune? Lo si immagina recluso in una vecchia biblioteca e chino a scandagliare antichi manoscritti che interessano solo a lui con l’unico obiettivo di cercare di ricostruirne la cosiddetta “edizione critica“. Niente di più lontano dall’immagine proposta invece dall’etnofilologia, una disciplina rientrante nell’ambito dell’etnolinguistica. L’etnofilologia si propone di analizzare i documenti antichi secondo una prospettiva vicina a quelle dell’etnografia. Rispetto al metodo filologico tradizionale l’etnofilologia rifiuta un metodo autoritario nell’analisi dei testi e utilizza anche fonti non ortodosse come quelle offerte dai riti , dalla toponomastica e da ogni espressione della tradizione orale. L’etnofilologo, nel suo approccio al testo, utilizza uno sguardo “affettivo” e coinvolto in opposizione alla presunta “obiettività” e “neutralità” della filologia tradizionale. Si cerca poi di dialogare costantemente con i risultati delle altre discipline, in particolare l’antropologia, l’archeologia e le neuroscienze. A diffrenza di quanto accade spesso con la filologia classica, i testi sono concepiti come “tracce” di qualcosa che sta dietro i testi e non come punti di arrivo di volontà di un autore.

Samuele Marchi: Un viaggio (e ritorno) nei Canti Orfici

L’etnofilologia per leggere Dino Campana. Dopo le recenti pubblicazioni di Stefano Drei ed Enrico Bandini, mercoledì 8 giugno l’associazione Amici dell’Arte porterà all’attenzione del pubblico e degli studiosi un nuovo saggio di studi campaniani scritto da Samuele Marchi: “Un viaggio (e ritorno) nei Canti Orfici. Si tratta di un nuovo contributo di lettura dell’opera del poeta che ingloba in sé quei processi evolutivi del linguaggio a cui sempre più frequentemente i giovani fanno riferimento. La scrittura si mescola quasi fisicamente sia con il viaggio che Campana compie e che l’autore ripercorre sulle orme del poeta, sia con una lettura originale ed anti-accademica della poesia, portando a quella contaminazione tra le arti che crediamo essere, oggi più che mai, il vero stimolo di ogni ricerca e di ogni studio.

Letteratura e arte che si incrociano. L’interesse di questa pubblicazione risiede appunto nel diverso modo di vedere e sentire le sensazioni che la scrittura può dare aprendo quindi la mente a recepire anche gli stimoli che provengono da quelle sfaccettature spesso in ombra e quasi nascoste che si celano in ogni opera poetica. Proprio la ricerca di contaminazione tra scrittura, poesia ed arte ha permesso di inserire nel volume una serie di incisioni di Agim Sako che saranno esposte in mostra; le sue immagini fanno emergere grovigli marini, quasi relitti di imbarcazioni o di antiche navi, una curiosa visione di rottami, come afferma Emilio Contini, che hanno resistito alle intemperie, fino a diventare monumenti da ammirare e da conservare in un marcato aspetto di solitudine inquietante che può ricordare caratteri della pittura metafisica.

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