David Lynch: The Art Life, una recensione surreale per un “Docufilm” surreale

Velluto Blu, Eraserhead, The Elephant Man, Strade Perdute, Mulholland Drive, Inland Empire.

Sono solo alcuni dei più suggestivi e famosi film che ha prodotto la formidabile mente di David Lynch, senza dimenticare la serie Tv di culto Twin Peaks che tornerà a maggio 2017, dopo 25 anni di attesa e domande con la sua terza stagione (e dopo un film prequel della serie stessa che si chiama Fuoco cammina con me uscito nel 1992). Un regista amato da molti, spesso incompreso nel suo modo di fare arte da altri. Perché sostanzialmente è questo quello che fa, è Arte. La sua mente non è un calderone di idee come potremmo dire a proposito di un qualsiasi regista o artista. Come direbbe lui stesso, le idee sono come dei pesci che nuotano in un lago profondissimo. Quando si cerca una idea, si va a pesca, si prepara la canna, si prepara l’esca e si lancia l’amo nel bel mezzo di questo lago. Più si va a fondo, più il pesce è grande. La sua è una discesa nel mondo dell’inconscio, proprio come nella scena iniziale di questo docufilm, David Lynch: The Art Life, dove per raccontare la sua storia e la sua vita artistica, scende delle scalinate per poi entrare in uno studio dove un microfono lo sta aspettando, quasi come fosse un confessionale. Che sia la sua stanza della meditazione?

Da dove nascono i film di David Lynch?

Sì, perché dovete sapere che David Lynch è tra gli esponenti e promotori della meditazione trascendentale, un tipo di meditazione che come dice il nome stesso, ci fa trascendere in uno stato di “consapevolezza senza oggetto”. In molte interviste e libri descrive questo processo come una sorta di pulizia della mente dalle cose negative che bloccano la creatività e l’apertura mentale a nuovi concetti, come l’ansia e le paure di tutti i giorni, e amplifica la creatività, rinnegando il concetto romantico e ormai ammuffito dell’artista che vive l’agonia del male di vivere e dell’incomprensione. Questo processo è più o meno la stessa cosa dell’amo che discende nel lago delle idee, e man mano che scende, attrae i pesci, e quando abboccano, noi tiriamo su per pescare quell’idea che ha appena abboccato. Più ci si concentra più ci si innamora dell’idea e ancora di più attiriamo altre idee ed è così che David Lynch crea i suoi film e le sue opere d’arte.

David Lynch: gli esordi nella pittura

David-Lynch-The-Art-Life-Trailer-1-SD-GoldPosterPrima di essere un regista, Davi Lynch è un artista, ed è nato tutto dalla pittura. Mentre lo vediamo all’opera nel giardino di casa sua, in una sorta di terrazza sulle colline di Los Angeles, ci racconta la sua vita. Dall’infanzia in Montana dove è nato fino ai suoi esordi da regista a Los Angeles, con il famosissimo film di mezza notte Eraserhead: La Mente che cancella. Lo vediamo spalmare le sue mani su queste tele con materiali bizzarri e non convenzionali per un pittore, a volte lo si vede disegnare con un carboncino su un foglio di carta acetata, tagliare fili di ferro, incollare cose ed intrattenere una delle sue piccole figlie. Le sue opere possiamo definirle quasi grottesche, un misto di Basquiat e Goya, tra inconscio, onirico e ricordi di infanzia.

L’ordinario e le visioni oniriche dei suoi film

Per David Lynch quando si crea un’opera, il passato influenza buona parte del lavoro, ed è forse un suo punto forte. Raccontare un film ambientato in un quartiere soleggiato di un paesino tipico americano, case bianche, cielo azzurrissimo, vicini di casa cordiali che falciano il prato e potano le siepi, e poi “bam!”, ci sbatte in faccia un orecchio tagliato nel bel mezzo di un prato verdissimo di qualche giardino (una scena iniziale di Velluto Blu). E’ questo David Lynch. L’ordinario, la vita di tutti i giorni che entra nel nostro immaginario collettivo dove possono insidiarsi orrori, deliri e visioni oniriche che si intrecciano con il mondo reale, quasi come fossero spaccature spazio temporali (Inland Empire), ed è questo che percepiamo per tutto il docufilm.

David-Lynch-The-Art-of-Life-foto1Il suo è un mondo di dualismi, una metafora della vita che forse non capiremo mai se non abbiamo i giusti mezzi ermetici. Ad ogni intervista, quando gli viene chiesto il significato di uno dei suoi film o di qualche scena della sua serie tv Twin Peaks, lui precisa nel dire che non ha un significato preciso, è solo quello che lui ha trovato tramite questo processo mentale di caccia alle idee, tutto frutto del suo inconscio e della sua estetica.

Artista, regista, musicista, costruttore di mobili. Se una idea nasce per un film, non diventa un quadro e viceversa. Ma lui ci racconta come è nata l’idea del regista, in un modo alquanto bizzarro per chi non è del settore o non ha mai avuto una esperienza del genere, quasi come una visione, quasi come se il mondo che lui ha creato è entrato in contatto mandandogli un messaggio.

David Lynch: The Art of Life, il trailer

Un’opera che ci fa conoscere David Lynch

La celebre "stanza rossa" della serie Twin Peaks
La celebre “stanza rossa” della serie Twin Peaks

Quando ho avuto la brillante idea di recensire questo prodotto, appunto, non sapevo come chiamarlo, se film, documentario, docufilm. Ma ripensandoci e dormendoci sopra, dopo una settimana o due, mi sono reso conto che questa è una delle sue opere ben riuscite, con la differenza che non c’è nulla di inventato in quello che racconta, è la sua vita, è la sua Vita di Arte che ci fa avvicinare ancora di più a questo personaggio bizzarro, giocoso e oserei dire anche molto simpatico che è David Lynch, anche per chi non lo conoscesse o ne ha sentito solo parlare.

Purtroppo è uscito solo il 21 febbraio alle ore 21 al Cinedream di Faenza, e non si riproporrà più nelle sale, ma deduco che, siccome è stata una collaborazione di Sky Arte, lo vedremo prossimamente sul canale e in Dvd.

Oltre a questo pseudo docufilm onirico, se non avete mai visto un suo film, o volevate farlo e non avete ancora cominciato, vi consiglio di guardare prima di tutti Eraserhead: La Mente che cancella e subito successivamente i suoi corti bizzarri tra i quali The Alphabet e The Grandmother. Assolutamente da recuperare la serie di Twin Peaks, il suo film Fuoco Cammina con Me ed infine Velluto Blu, un film cult con la presenza di una giovanissima Isabella Rossellini (Ex fidanzata dello stesso regista).

Mattia Audi

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