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Unorthodox di Anna Winger e Alexa Karolinski

“Una volta, prima della caduta del muro, la Ddt sparava a chi cercava di fuggire a nuoto
da questo lago. Ora invece puoi nuotare quanto ti pare”

New York City. Stati Uniti d’America: Terra della massima libertà di espressione dove ognuno ha il diritto di essere ciò che vuole. Il sogno americano è alla portata di tutti, senza restrizioni. A meno che qualcuno, magari vicino a te, non te lo impedisca. Tratto da una storia vera, Unorthodox è una miniserie di quattro puntate prodotta da Netflix e distribuita dal 26 marzo 2020. La storia è quella di Ester Shapiro (Shira Haas), una giovane di 19 anni proveniente da una comunità ebraica ultra ortodossa in cui vigono una serie infinita di regole e limitazioni che costringono i suoi componenti, in particolar modo le donne, a un ‘esistenza estremamente rigida, priva di sbocchi creativi e a favore di una determinata fede religiosa, spesso al limite del sopportabile.

Ester, trovando questa condizione eccessivamente imprigionante, decide un giorno di cambiare aria in maniera definitiva. Ciò la porterà un giorno a scappare in gran segreto da Williamsburg (piccolo quartiere di Brooklyn) per recarsi, non avendo con sé nemmeno un bagaglio, a Berlino, città in cui risiede la madre, fuggita anch’essa dalla comunità anni prima. Qui la ragazza scoprirà un mondo completamente inesplorato in cui l’accettazione per il diverso e la libertà di esprimere la propria persona sono valori universalmente condivisi. I pericoli, tuttavia, saranno sempre in agguato e il suo passato le starà alle costole.

La crescita di un individuo viene esplicitata grazie al valore del viaggio

La serie riesce, in quattro ore scarse, a raccontare una vicenda drammatica di una persona alle prese con la propria realizzazione personale, una giovane donna che, sentendo troppo pressante la realtà in cui ha vissuto fino a quel momento, decide con coraggio di staccarsi dai propri legami familiari e dalle proprie asfissianti tradizioni. I traumi subiti in passato si mischiano con le indescrivibili scoperte del presente. Un modo di affrontare la vita nuovo, fresco, inaspettato. Uscire dal proprio quotidiano crea senza dubbio estraniamento ad un primo impatto, ma andando avanti ciò viene sminuito, lasciando posto ad una più ampia apertura mentale e ad un senso di curiosità genuino che può tradursi in conoscenza.

Un percorso complesso in cui infiniti contrasti vengono in contatto

Le luci e le ombre dei vari tipi di società sono uno degli elementi fondamentali della narrazione: Con delicatezza ci si avventura tra le strade della grande metropoli tedesca. La stessa città che, durante la seconda guerra mondiale, è stata simbolo di morte per un numero sconfinato di famiglie ebree vittime dell’olocausto. L’inizio della fine di un’intera popolazione. Dopo la caduta del muro, quella stessa città è rappresentata oggi come luogo di pura aggregazione culturale, in cui omosessuali, nigeriani, israeliti e tedeschi trascorrono insieme giornate in armonia, in cui l’attaccamento alla vita, e il conseguente obbligo morale di doverla vivere a pieno, diviene il principio a cui tutti fanno riferimento.

Chi può permettersi di conoscere esattamente il volere di Dio?

Un altro punto di forza è riposto sicuramente nella descrizione accurata delle abitudini tradizionali della famiglia di Ester. La confraternita ebraica non viene giudicata in maniera negativa. Le immagini intendono tratteggiare in modo imparziale l’importanza e il rispetto spirituale della loro collettività. Il marito da cui la protagonista fugge non è un personaggio violento o sconsiderato. E’ solo il frutto di una fortissima impostazione psicologia che lo hanno condotto, in età da matrimonio, ad avere principi etici in linea con la propria situazione. Tutto ciò ha avuto su di lui un effetto certamente emblematico, conferendogli un rapporto con il mondo esterno quasi nullo o comunque distorto: La tecnologia è vista come qualcosa di fantascientifico, l’educazione è molto ristretta rispetto a quella che avrebbe potuto avere e, in generale, tutto ciò fuori dalla sua bolla protettiva è visto come sconosciuto e pericoloso.

Ciò nonostante, nessuno può vietare a qualcun altro il diritto di apprezzare la propria condizione all’interno della società. Uno dei vantaggi della globalizzazione è quello di aver connesso tra di loro centinaia di popolazioni con istinti differenti e con una quantità di caratteristiche uniche incalcolabile. Il nostro dovere, come uomini del nuovo millennio è quello di accettare chiunque voglia manifestare la propria personalità come meglio crede... ogni metodo è consentito, sia il rinchiudersi per anni in sé stessi, sia il rompere gli schemi e prendere il primo aereo per la Germania di nascosto. Anche questo è ciò che chiamiamo democrazia.

Alex Bonora

Alex Bonora

Nato a Murano, ridente isola della laguna veneziana, famosa per la lavorazione del vetro. Diplomato prima come ragionerie a Venezia e successivamente come attore di prosa presso la scuola di teatro Galante Garrone di Bologna nel 2015 dopo un percorso accademico di tre anni. Per diverso tempo sono stato animatore turistico in diversi villaggi turistici in Grecia ricoprendo anche ruoli di responsabilità e coordinamento dello staff. Artista a tempo perso, viaggio molto ricordandomi di tenere costantemente i piedi per terra e la testa alzata verso il cielo. Appassionato di cinema, teatro e musica, ritengo che la critica artistica non sia la semplice valutazione di un prodotto ma un vero e proprio dialogo tra l’analista e il creativo, atto per l’arricchimento intellettuale del pubblico. Amo i dolci e possiedo una katana “Wado Ichimonji”(Strada dell’armonia) in omaggio al manga One Piece. Combatto tutti i giorni per la libertà. Individuale o collettiva che sia.

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