Stefano Mei racconta l’atletica in Italia: quale futuro?
Classe 1963, spezzino di nascita e residente a Forlì, Stefano Mei è un atleta che negli anni Ottanta ha scritto una pagina importante nella storia dell’atletica italiana. Consigliere federale dal 2008, la sua volontà di ridare un nuovo volto all’atletica in Italia lo ha convinto lo scorso anno a candidarsi alle presidenziali Fidal (Federazione Italiana di Atletica leggera). Il suo slogan: “l’orgoglio del riscatto”. In un’intervista, ci racconta lo stato dell’arte dell’atletica, cosa non funziona e come la si potrebbe rilanciare a livello giovanile. Vincitore di molte medaglie tra cui l’oro ai Campionati Europei del 1986, è legato da sempre alla faentina Atletica 85 da una forte simpatia: la società è stata in prima linea nel sostenere la sua candidatura alla Presidenza Fidal lo scorso novembre. Stefano Mei sarà ospite alla presentazione ufficiale di “Faenza Sport” il prossimo 25 febbraio.
Puntare sulla meritocrazia per rilanciare l’Atletica in Italia
L’Atletica è uno sport basato sulla summa del pensiero meritocratico. Come il giudizio dei risultati viene affidata al cronometro, allo stesso modo questo sport si dovrebbe basare sull’esatta dimensione dei valori. Coerentemente, questo è lo stesso criterio con cui andrebbero scelte le persone che devono preparare gli atleti. Stefano Mei ha le idee molto chiare su ciò che blocca lo sviluppo dell’atletica nel Paese. Per poter rilanciare questo sport, «era necessario cambiare il Presidente: l’opportunità c’è stata ma non è stata colta. Si dovrebbe cambiare il modo di pensare l’atletica e scegliere le persone preposte alla promozione e al suo insegnamento attraverso un criterio di merito», spiega. C’è una consequenzialità evidente nel rapporto valore-incarico e purtroppo questo non è stato perseguito a livello di governo federale. «L’impressione è quella di assistere troppo spesso ad una sorta di privilegio in cui spesso gli incarichi vengono fatti cadere dall’alto e non sulla valutazione di merito – spiega Mei – Questo era proprio uno dei principi cardine su sui si basava il nostro programma alla candidatura a presidente Fidal».
Saltare, correre e lanciare sono espressioni naturali nell’essere umano e proprio questa facilità di esecuzione del gesto rende difficile la selezione degli atleti. A livello internazionale c’è grande concorrenza, specie con gli atleti africani. La differenza si può fare nella metodologia dell’allenamento ma se non viene sposata una linea che prevede di mettere il migliore nel posto giusto, ci si condanna in automatico a non raggiungere ottimi risultati. «Per aumentare le possibilità di successo, la Federazione dovrebbe puntare sulle specialità tecniche come gli ostacoli e il salto: poiché il panorama degli avversari è di alto livello, è fondamentale investire su allenatori che abbiano una certa capacità metodologica di insegnamento. Si tratta essenzialmente di un discorso di filosofia del lavoro: solo ponendo basi giuste in fase iniziale è infatti possibile raccogliere risultati ottimali» spiega l’ex atleta.
La situazione dell’atletica negli ultimi venti anni
Fino agli anni Novanta, l’atletica ricopriva un ruolo di rilievo nel panorama sportivo giovanile. La “torta sport” era divisa tra calcio – in primis – atletica, nuoto e tutti gli altri sport. Secondo Mei, a decretare un allontanamento dei giovani dall’atletica è stata probabilmente una mancanza a livello di comunicazione. La scuola non aiuta più come in passato perché il Miur (Ministero per l’istruzione, l’università e la ricerca) non investe più nello sport e nelle attività extrascolastiche e come conseguenza si è finito privilegiare gli sport di palestra. Pallavolo e pallacanestro erano sport di nicchia negli anni Ottanta ma sono riusciti dove l’atletica ha mancato, ossia in un lavoro di comunicazione e promozione con le scuole: nello specifico la loro forza è stata quella di far leva sul fatto che sono sport di aggregazione, che danno modo al ragazzo si sentirsi parte del gruppo. Discorso analogo va fatto anche per il rugby. Al contrario, «l’atletica non si è saputa riciclare e quando è venuto a mancare il sostegno con la scuola, c’è stato un calo vertiginoso a livello di reclutamento».
Una comunicazione mirata per reclutare nuovi atleti tra i giovani
Secondo Stefano Mei è possibile ripartire proprio dalla scuola anche se difficilmente sarà possibile a livello centrale a causa della mancanza di un punto d’incontro tra Miur e Coni, che sono bloccati a causa della mancanza di fondi da investire. Andrebbe invece privilegiato e organizzato un sistema in cui quelle società del territorio che dimostrino di saper lavorare con i giovani, possano avere una sorta di primato dalla Federazione: una patente di qualità che attesti la loro capacità nel lavorare con i giovani, grazie ad allenatori preparati ed appassionati. «Si potrebbe partire con un progetto pilota in territori selezionati che coinvolga i ragazzi nei quattro mesi a cavallo tra fine inverno ed inizio estate per farli andare al campo – spiega Mei – chiedendo alla Federazione di dare contributo per pagare allenatori virtuosi che insegnino ai ragazzi ad amare l’atletica». Il progetto potrebbe avere una fattibilità anche se promosso da privati, ma con l’avvallo della Federazione ci sarebbe una copertura istituzionale che può solo far bene a livello di promozione. Questa era una delle tante idee che insieme al suo gruppo di lavoro aveva proposto nel suo programma di candidatura alla Presidenza, per dare slancio alla promozione di questa disciplina. L’atletica è uno sport educativo che richiede costanza, ma se ai ragazzi viene evidenziato solo l’aspetto della fatica, allora è inevitabile generare in loro la fuga. «E’ bella perché si fa fatica” è un concetto non vincente. Bisogna trovare un modo per attrarli enfatizzando quelle che sono le caratteristiche positive dell’atletica, ossia il fatto che è uno sport in cui si sviluppa la centralità del confronto con sé stessi e in cui il metro di giudizio è chiaro ed univoco».
La vittoria che ricordo con più affezione? Quella del riscatto
Più che le grandi vittorie, avvenute tra il 1985 e il 1989, Stefano Mei ricorda affettuosamente una competizione internazionale – considerata anonima sulla carta rispetto ad altre – disputata contro la Germania a Caorle (VE). Era il 1984 ed era appena stato depennato dalla squadra olimpica selezionata per Los Angeles: nonostante avesse raggiunto il terzo miglior tempo dei 5000 metri, a lui era stato preferito il quarto, «come punizione al fatto che a differenza di altri non si era mai voluto sottoporre alle cure di Conconi». Oltre a all’ottima prestazione in una specialità che non era la sua, quella dei 1500 metri, realizzò il 10° miglior tempo dell’anno al mondo e questo gli diede la possibilità di essere incluso nella squadra olimpica da cui era stato precedentemente estromesso. «Quando vinci gare importanti è perché nel percorso che hai fatto hai lavorato bene ed ovviamente è facile raggiungere risultati quando ti trovi in una situazione positiva. In quell’occasione – conclude – il successo non è stato solo essere incluso nella squadra olimpica, ma anche nella capacità di tirare fuori il meglio in una situazione di difficile”.
Stefano Mei: gli esordi e la carriera
Stefano Mei inizia la sua carriera di atleta con gli Studenteschi nel 1976. Nel 1977 partecipa ai Giochi della Gioventù ma è nel 1979 che arrivano il primo titolo italiano e la prima maglia della Nazionale nella categoria juniores, nonostante sia ancora allievo. Allenato da sempre dall’ex mezzofondista azzurro ‘Chicco’ Leporati, da junior conquista 3 titoli italiani. All’inizio si dedica soprattutto nel mezzofondo per arrivare poi ai 10.000 metri. Nel 1982 vince il bronzo a Roma in occasione dei Campionati del Mondo di cross. Il suo momento magico arriva però nel 1986, quando vince i 10.000 metri ai campionati Europei del 1986 a Stoccarda. Cinque giorni più tardi conquista un’altra medaglia, nei 5000 metri. Di lì a poco migliora il record italiano dei 1500 metri a Rieti. Successivamente, conquista il titolo mondiale universitario dei 5000 metri nel 1989 bissando quello vinto nell’85 a Kobe. Nonostante frequenti infortuni che hanno compromesso almeno in parte il resto della sua carriera, ai campionati Europei di Spalato del 1990 arriva terzo nei 10.000 metri e settimo nei 5000 metri. A Seoul arriva settimo alla finale dei 5000 metri, realizzando il miglior risultato di un italiano nella distanza alle Olimpiadi. Dal 2000 è Presidente dell’Atletica Spezia Duferco-Carispe e come giornalista pubblicista ha seguito in qualità di commentatore tecnico molte gare a livello olimpico, mondiale ed europeo.
La carriera di Stefano Mei
Titoli italiani: 1500 1985 – 5000 1984, 1986, 1989, 1991 – 3000 indoor 1985, 1986, 1989
Giochi Olimpici: elimin. sf/1984 1500, 7/1988 5000
Campionati Mondiali: elimin. sf/1983 1500, ritirato/1991 finale 5000
Campionati Europei: elimin. batt./1982 1500, 2/1986 5000, 1/1986 10000, 7/1990 5000, 3/1990 10000
Campionati Mondiali indoor: 9/1985 3000, 8/1989 3000
Campionati Europei indoor: 7/1985 1500, 2/1986 3000, 7/1992 3000
Campionati Europei juniores: 8/1979 3000, 4/1981 3000
Campionati Mondiali Cross juniores: 3/1982
Coppa del Mondo: 2/1985 5000
Coppa Europa: 3/1985 1500, 6/1987 1500