“Noi” di Jordan Peele
In un luna park a Santa Cruz una famiglia trascorre la propria serata tra giostre e giochi a premi. Nel mentre, la giovane figlia si allontana dai propri genitori per avventurarsi verso la spiaggia buia, dove viene attirata da una misteriosa casa degli specchi. Al suo interno troverà una copia esatta di se stessa che la terrorizzerà per il resto dei suoi giorni. Questo il preludio di Noi, il nuovo film scritto e diretto da Jordan Peele, reduce dal grande successo del precedente Scappa – Get Out (2017).
Una chiave originale per leggere il tema del doppio
Il soggetto principale scelto dall’autore riguarda il Doppelgänger, il “doppio” o “gemello malefico” a seconda della versione che si vuole dare. Forse uno dei casi più famosi è il Dottor Jekyll/Mr. Hyde del celebre Stevenson, ma nel cinema tale figura è stata utilizzata più volte e manipolata in tutte le salse possibili e immaginabili. Peele parte quindi da un’idea che di originale avrebbe ben poco, ma è nella messa in scena e nel geniale ribaltamento di trama che riesce a rinfrescare il tutto, servendosi del suo eccentrico stile ormai già facilmente riconoscibile.
Non solo paura, ma anche ironia
Quella che sembra la storia di una famiglia come le altre, la cui madre è la bambina del prologo ormai cresciuta ma ancora portatrice dei traumi del passato, diventa inizialmente un horror in cui i protagonisti si trovano a fronteggiare le loro copie maligne, armate di forbici e vestite di rosso. Una situazione che è contemporaneamente inquietante, grottesca e persino ironica grazie ai pungenti dialoghi che riescono sempre a strappare una risata anche nei momenti più impensati. L’abilità da umorista di Jordan Peele prosegue con l’avanzare della narrazione, ed è proprio quando tutto sembra placarsi che ha inizio il cuore del film.
Noi: un pronome universale
Dall’horror tragicomico si passa così alla fantascienza, attraverso lo svelamento di strati più interni della narrazione. Così come la protagonista si ritrova nella casa degli specchi, noi spettatori veniamo condotti nelle profondità sotterranee e striscianti del film, ritrovandoci a dover mettere in discussione quanto visto finora. Se la sceneggiatura del film funziona nel suo mistero e nell’impostazione dei dialoghi, la regia non è da meno. Peele vuole stupire a partire dai titoli di testa, presentandoli in una maniera del tutto originale con l’aiuto di una colonna sonora iconica: un coro minacciosamente angosciante accostato all’immagine di conigli in gabbia. L’intento del regista sembra quello di voler dare un senso sia etico, sia politico al film. Lo stesso titolo, Noi, dovrebbe far riferimento alla famiglia protagonista e alla loro versione malefica, ma diviene in seguito un pronome universale, in grado di racchiudere al suo interno una realtà collettiva più espansa.
La rappresentazione dei rischi nella nostra società
Già con Get Out il regista aveva lanciato un importante messaggio anti-razziale, affrontando l’argomento di petto; in questo nuovo lavoro dà prova di poter realizzare un’opera che sa essere divertente, spassosa e grottesca a suo modo, non senza dimenticare di toccare corde più profonde e di rappresentare, velatamente e indirettamente, ciò che è la popolazione odierna e quali rischi corre. Che lo si legga dal punto di vista psicologico (la storia della protagonista, impersonata da Lupita Nyong’o e la sua ricerca interiore grazie ai Doppelgänger, ovvero le rappresentazioni carnali delle paure più recondite e dei nostri lati più atroci), horror/fantascientifico (l’invasione in stile “zombie-movie” che richiama fortemente i film di Romero), o politico, il film di Peele riesce in realtà a essere un ibrido di tutto, originale e unico nel suo genere, in grado di reggere ritmi di suspence alti fino alla fine.
Alessandro Leoni