Il caso Manuel Poletti: qual è la notizia?

«I contributi pubblici all’editoria fanno parte della storia del nostro Paese ed esistono da molto prima che Manuel diventasse direttore di Setteserequi». In una nota di questi giorni si aggiunge la solidarietà di Confcooperative Ravenna a Manuel Poletti, direttore del giornale Setteserequi, alla sua famiglia e a tutti i dipendenti e i collaboratori della cooperativa Media Romagna. Il direttore del settimanale ravennate, portato alla ribalta in seguito alla polemica scaturita dopo le frasi pronunciate dal Ministro del lavoro Giuliano Poletti, (padre di quest’ultimo, ndr), si difende spiegando che non vi sono legami tra i finanziamenti e il ruolo nel governo di suo padre. Ma il popolo dei social si è scagliato come non mai contro il direttore, insultandolo e arrivando a minacce di morte, denunciate mercoledì 22 dal diretto interessato.

Minacce di morte a Manuel Poletti, figlio del Ministro

In effetti la notizia, che in questi giorni ha tessuto la cronaca nazionale, non esiste: in editoria vi è la possibilità da decenni di recuperare fondi statali in virtù dell’attività di informazione locale, che a volte non consente sufficienti guadagni per garantire la sopravvivenza autonoma di una testa giornalistica. Purtroppo si è nuovamente cascati nel vizio di creare “colpevoli per associazione mediatica”, complici testate giornalistiche che commettono errori grossolani attribuendo alla relazione di parentela fra un direttore di giornale ed un Ministro le decisioni nazionali di sostegno all’editoria. La nota di Confcooperative, giunta dopo la solidarietà manifestata anche da Legacoop, continua affermando che il tema della contribuzione all’editoria può essere messo in discussione, ma non si può accusare violentemente il figlio di un Ministro che ha l’unica colpa di lavorare in un settore che, come molti altri, viene considerato di interesse pubblico.

Il paradosso: solidarietà a Berlino e minacce di morte a Manuel Poletti

Questi fatti riportano fra l’altro in superficie il tema del cyber-bullismo/cyber-violenza, che spesso abbiamo criticato più volte su questo stesso portale. È lecito criticare e proporre una mozione di sfiducia per un Ministro che nell’esercizio della sua funzione istituzionale riporta giudizi superficiali su una fetta della popolazione, che possono anche essere ritenuti offensivi da parte dei giovani, in evidente difficoltà sociale ed occupazionale. Allo stesso modo è più che giusto contestare le decisioni del governo di cui ha fatto e fa parte quel Ministro, se si ritiene sbagliata la direzione intrapresa dall’esecutivo. Quello che è inaccettabile (e molto preoccupante) è il minacciare di morte un privato – in questo caso Manuel Poletti – in seguito a false notizie di chiaro stampo strumentale. Siamo al paradosso in cui solidarizziamo per le violenze avvenute a Berlino, ma dietro la tastiera diveniamo noi stessi i primi autori di messaggi violenti.

Anche da parte della nostra redazione solidarietà al direttore Manuel Poletti e ai colleghi di Setteserequi, sperando che si possa davvero giungere un giorno a non fare dei media un’arma propagandistica, ma un veicolo di sana oggettività.

4 thoughts on “Il caso Manuel Poletti: qual è la notizia?

  • 24 Dicembre 2016 in 12:20
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    Per riassumere: si è scoperto, dopo la frase volgare e offensiva del Ministro, che – evidentemente grazie all’ambiente delle cooperative, che papà Poletti ‘forse’ frequentava anche prima di diventare Ministro – Poletti figlio dirige un giornale che praticamente non vende, ma viene foraggiato dalle nostre tasse. E persino scopiazza gli editoriali. Mentre tanti bravi giornalisti plurilaureati sono disoccupati. In un Paese normale ci sarebbero già state due dimissioni. E lo dice – mettendo la firma – uno che ha sempre votato Pd ed anche Si al referendum. Ovviamente questo non giustifica insulti e minacce, chi se ne rende responsabile ha sempre torto.

    Risposta
  • 24 Dicembre 2016 in 12:42
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    Buongiorno Luciano,
    grazie per il commento! Crediamo ci siano vari aspetti da tenere divisi. Innanzitutto, il nostro mestiere è quello di fornire una base oggettiva, reale, veritiera sulla quale il lettore possa orientarsi. Poi, leggendo gli articoli su quelle testate che criticano aspramente i Poletti, noterà che non vengono forniti dati oggettivi sui legami. Quindi, quei giornalisti che affermano pubblicamente associazioni “sotto coperta”, ma al momento non provate, non fanno altro che alimentare ciò di cui lei critica lo stesso Poletti Jr, ovvero la CATTIVA INFORMAZIONE. Nel momento che verrà e se verrà dimostrato un conflitto di interessi noi racconteremo o meno quella notizia, ma al momento, come abbiamo scritto, la notizia non esiste e questa cattiva informazione ha ancora fatto leva sulla rabbia (quella sì, oggettiva) della popolazione. Forse, come giornalisti, dovremmo tornare a crederci meno “opinionisti” e più “narratori”!!! A lei e alla sua famiglia, i nostri più sinceri auguri di buone feste!!!
    Francesco Ghini e la redazione

    Risposta
  • 27 Dicembre 2016 in 17:36
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    Se non riuscite nemmero a capire “dov’è la notizia” è meglio che cambiate mestiere.
    Il ministro del Lavoro prende in giro chi va al’estero a cercare lavoro e si scopre che a Faenza uno dei due settimanali faentini è diretto dal figlio del ministro medesimo che campa SOLO grazie ai contributi pubblici erogati in maniere abnorme, nonchè grazie alla pubblicità farlocca delle coop associate alle Lega di cui Poletti era presidente. Dov’è la notizia?
    Lo stesso Poletti jr scopiazza a destra e manca perchè nemmeno è capace di scrivere un editoriale. Dov’è la notizia?
    Il polettino ha 42 anni e deve ancora finire di laurearsi, ma è direttore di un giornale a 1.800 euro part time, una cifra che tutti i precari non figli di un ministro di sognerebbero. Dov’è la notizia?
    Certo che quando scoprono uno della vostra partita di giro (coop) che viene colto con le mani nella marmellata e viene messo alla pubblica attenzione siete belli pronti a fare quadrato.
    Vergognatevi!
    E voi chi vi paga per questo lavoro?????

    Risposta
  • 27 Dicembre 2016 in 19:17
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    Gentile Eugenio,

    Riteniamo la discussione un po’ più articolata di come viene presentata da gran parte dei media. Come vede anche lei non sembra avere ben chiaro l’idea di quale sia la notizia, visto che mischia vari aspetti che vanno dalle dichiarazioni – da noi certamente condannate – del ministro Poletti sui giovani italiani all’estero, alla professionalità di suo figlio (“è o no un bravo giornalista?” a noi sinceramente non è sembrato giusto entrare nel merito), ai finanziamenti pubblici ai giornali (troppi quelli per Setteserequi? Può essere. In ogni caso al momento non sono state segnalate irregolarità ed erano presenti già ben prima che Poletti divenisse Ministro).

    Presentare tutto questo come un unico gran calderone – secondo noi – non è la strada giusta per approfondire una notizia. Un gran calderone che – in quanto tale – scatena un linguaggio rissoso che ha come conseguenza le minacce di morte scritte su un social pubblico al diretto interessato oppure sterili e infondate accuse alla nostra redazione, in cui la cosa più facile fare è portare il terreno sullo scontro Noi/Loro. (ammettiamo che il suo commento “a voi chi vi paga?” ci ha fatto molto sorridere).

    La nostra presa di posizione in questo editoriale è stata quella innanzitutto di fermarci e condannare questo tipo di linguaggio che banalizza le notizie, creando violenza (virtuale o no, poco importa). Lo abbiamo fatto anche in passato, questa non è certo la prima volta. Basta con l’urlare “vergogna!” contro un nemico di volta in volta diverso, basta con mischiare le cose a seconda di strumentalizzazioni dall’una e dall’altra parte. Analizziamo prima per bene le notizie: poi mostriamo il nostro dissenso (in maniera intelligente).
    Prima di urlare, stiamo zitti e riflettiamo un po’. Vedrà che quello che diremo sarà poi molto più utile per tutti, e non magnificheremo solo il nostro ego.

    Per tutti questi motivi, ci scusi, non ci vergogniamo.⁠⁠⁠⁠

    Risposta

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