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Lezioni all’aperto: il regalo di Natale di alcuni prof di Faenza. Il commento di una studentessa

Ultima settimana prima delle vacanze di Natale. Suona la campanella tra le aule vuote. Niente canti sulle scale della scuola quest’anno. Eppure si sentono delle voci che vengono dalla strada. Qualche insegnante con una sedia o con un banchetto si staziona davanti alla porta del Liceo per fare lezione. È il Calendario dell’avvento promosso dal comitato Priorità alla Scuola. Dal 3 al 23 dicembre alcuni insegnanti del liceo Torricelli-Ballardini hanno deciso di fare un’ora di lezione all’aperto. Una veglia permanente, per non lasciare mai sola la scuola e mai soli i ragazzi che in piccoli gruppetti, rispettando tutte le distanze, si siedono per terra con la schiena contro il muro tenendo in mezzo ai quaderni e alle coperte un computer per i compagni che seguono da casa. Qualcuno la promessa di tornare a scuola a dicembre l’ha mantenuta.

Così quest’ultima campanella prima delle vacanze di Natale abbiamo voluto farla suonare a una studentessa dell’ultimo anno del liceo linguistico, Martina Mandia, che ha partecipato a questa iniziativa.

Il racconto di una studentessa del liceo Linguistico di Faenza

Avreste mai pensato di dover mettere in pausa la vostra vita? Di vedere la realtà che vi appartiene sgretolarsi tra le vostre mani, osservandola ancora con gli occhi pieni di speranza?

Parlo di una speranza che, nel mio caso, ho sempre faticato ad abbandonare, e che lentamente ho visto spegnersi. Una speranza che nasce all’inizio di un percorso scolastico del tutto sconosciuto, dal buttarsi a capofitto in una nuova realtà, quella del Liceo.

Sin dal primo anno ci si riempie il cuore di aspettative e promesse. Si pensa a quando si arriverà alla fine di questo arduo e meraviglioso percorso, all’ultimo primo giorno di scuola, agli ultimi canti di Natale, alle ultime campanelle, prima di affrontare il proprio futuro. Mai e poi mai mi sarei invece aspettata di non poter vivere a pieno questa realtà, di vedere spegnersi questo mondo che tanto mi rappresenta. Mondo nel quale ho trovato i più cari affetti.

Ora, invece di vivere l’euforia e la frenesia degli ultimi giorni di scuola, faccio i conti con me stessa e con la mia frustrazione. Con una rabbia che nasce dal dover passare la mattinata di fronte ad uno schermo, che pare essere un muro, una barriera attraverso la quale non si percepisce nulla. Sembra quasi di vivere in uno stato di apatia, senza sentire il calore e l‘emozione tipiche della scuola, senza riuscire ad avere un contatto vero e proprio con i compagni e professori.

Nonostante tutto, grazie all’organizzazione dei miei insegnanti e degli sforzi da loro compiuti, abbiamo ottenuto la nostra prima vittoria: una giornata di lezione in presenza, seppur divisi in piccoli gruppi. Proprio in queste occasioni ci rendiamo conto che il mondo della scuola non è solo studio e fatica, ma è anche molto altro: è la nostra realtà, è il luogo nel quale abbiamo riso, pianto e ci siamo promessi delle rivincite. Io in primis ho scoperto chi sono veramente. La scuola è stata la mia salvezza in momenti di debolezza, è stata il motivo per il quale ho liberato lati del mio carattere che non conoscevo. Non voglio nascondere che tutto questo non sia faticoso, perché mentirei, e ciò non fa parte di me, ma voglio sottolineare che si tratta di una fatica sana, bella e soddisfacente. È necessaria per raggiungere i propri obiettivi, per non limitarsi alla sola esistenza e vivere a pieno le difficoltà. Mi ci sono aggrappata con le unghie e coi denti durante il primo lockdown, per cercare di non perdere quel minimo di normalità che ci restava. E per far sì che tutto questo non termini, è necessario vivere completamente questo mondo, in presenza.

Grazie a tutto questo, i miei occhi sono pieni di speranza per questo 2021, per quel che resta di quest’anno e per la conclusione del mio percorso scolastico. Sicuramente, il mio più grande desiderio sarebbe quello di poter ritornare, anche solo in parte, alla mia quotidianità, fatta principalmente di scuola. Di provare nuovamente l’allegria, l’entusiasmo, la vivacità e la fatica appartenenti ad un mondo che rappresenta un appiglio per non cadere nella paura e nello sconforto. Lotterò quindi per restare appesa a questa quotidianità che si sta perdendo, contro una vita che rema dal lato opposto, contro ciò che è sconosciuto e spaventoso, per far sì che questa piccola luce di speranza resti viva nel tunnel degli orrori.

a cura di M. Letizia Di Deco per la rubrica “Per chi suona la campanella…”

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