Il secondo tempo della scuola: alla vigilia del rientro in classe
Inizia il secondo tempo della scuola. Palla al centro e in procinto del prossimo quadrimestre i ragazzi delle superiori iniziano a tornare in classe dopo mesi di sola didattica a distanza. Certo siamo ancora a metà, anche le lezioni in presenza per ora sono garantite solo per il 50%, eppure si accende una speranza perché in campo entra un elemento che può risolvere la partita: il vaccino. Sono in tanti infatti a sostenere la richiesta, avanzata anche del comitato Priorità alla Scuola, di inserire il corpo docente e il personale Ata nelle prime categorie in lista per la vaccinazione. Sono richiesti anche screening capillari e tamponi rapidi, orari scaglionati e incremento dei trasporti. Tutto ciò che serve a tenere in vita e sicura la scuola che è stata per molti mesi ridotta a uno schermo.
Come nello spirito della rubrica, anche in questa occasione diamo voce ai ragazzi.
La manifestazione di Priorità alla scuola Faenza
Venerdì 15 gennaio in piazza del Popolo si è tenuta una manifestazione organizzata dal comitato Priorità alla Scuola, movimento di genitori, studenti e insegnanti, in prima linea da molti mesi per tutelare il diritto all’istruzione.
“Il distanziamento è fisico, ma non sociale” ricordano i ragazzi, ed è necessario restare uniti in questa difficile situazione e capire che la scuola riguarda tutti. Questo il significato del cerchio creato unendo tutti i partecipanti alla manifestazione con una corda, opportunamente igienizzata, per ricordare che anche a scuola il primo pensiero è proprio per la tutela della salute di tutti.
Si alternano le loro parole in una piazza di adulti che li ascoltano. Alcuni di loro si siedono simbolicamente al banco, con gel e mascherina, in segno di attenzione e responsabilità, e con in sottofondo le note di Venditti, l’inno dei maturandi, in segno di speranza. E la speranza di tutti ora è quella di restare a scuola, di mantenere questa presenza e di non dover tornare a isolarsi.
La presenza, l’esserci. Questo chiedono i ragazzi ai loro insegnanti: siateci, perché noi ci siamo.
In tutti questi mesi il più grande insegnamento nato tra gli schermi è proprio questo: la riscoperta della relazione quale valore fondante di una scuola che può fidarsi dei ragazzi. Questo insegnamento viene proprio da loro, da quelli che sono chiamati dalla storia “nativi digitali”.
Sono proprio loro quelli che nel digitale non vogliono annegarci. Quelli che parlando di Dad ricordano a tutti la differenza tra ciò che è uno strumento di emergenza e ciò che invece rischia di diventare un deterrente per arrivare alla fine della crisi pandemica senza affrontare la questione scolastica.
“Siamo stufi di aspettare. […] Abbiamo il diritto di istruirci, abbiamo il diritto di andare a scuola, abbiamo il diritto di crescere e diventare persone consapevoli”, dicono rivolti ai politici, davanti a una piazza di genitori e insegnanti.
Non è la generazione di pigroni che alcuni dipingono con toni d’accusa e di rimprovero. Non sono ragazzi che si fanno addomesticare dalla didattica a distanza e spegnere dalla paura, ma ragazzi che hanno a cuore il proprio futuro e quello di tutti.
Questa partita la possiamo ancora vincere, ma solo se la facciamo giocare ai giovani.
Per la rubrica “Per chi suona la campanella…” a cura di M. Letizia Di Deco