Dogman di Matteo Garrone
In un degradato quartiere affacciato su un mare grigio e spento vive e lavora Marcello, il piccolo e modesto proprietario di “Dogman”, negozio di toelettatura per cani. L’amore per questi ultimi e per la figlia Alida gli permette di tirare avanti, mentre un feroce delinquente della zona, Simoncino, commette furti e rapine a spese degli abitanti. Per sopravvivere, Marcello instaura con Simoncino una sorta di amicizia-dipendenza vendendogli droga e incassando una piccola percentuale dalle scorribande di quest’ultimo. Fino a quando le continue prepotenze che Marcello subisce non risveglieranno in lui un lato più mordace e vendicativo. Dogman, il nuovo film di Matteo Garrone, si ispira alla vicenda del “Canaro della Magliana”, ovvero all’omicidio di Giancarlo Ricci per mano di Pietro De Negri avvenuto negli anni ’80, al fine di raccontare una storia ancora diversa, nonostante le similitudini presenti.
Marcello, una figura umile in un ambiente desolato
La sorprendente abilità di Garrone è già visibile fin dalle prime scene, dove ci viene presentato un ambiente desolato, buio e spietato, in cui il minuscolo Marcello appare come una formica indifesa. Allo stesso tempo la figura del toelettatore è quasi rassicurante, poiché trasmette umiltà e bontà d’animo mentre è alle prese con cani molto più grossi di lui, metafora della condizione sociale a cui è esposto. Il regista crea momenti di comicità attraverso brevi siparietti tra Marcello e gli animali: la loro presenza contribuisce a scaldare un ambiente freddo e buio dove la bestialità umana risulta infinitamente più pericolosa di qualsiasi ringhio canino.
Dogman di Matteo Garrone è tratto da una vicenda reale
Attraverso la figura di Simoncino, interpretato alla perfezione da Edoardo Pesce, si crea un rapporto morboso e instabile, come tra padrone e cane; Marcello è l’unico a placare l’ira del criminale, l’unico a seguirlo costantemente e fedelmente senza mai tradirlo. L’umanità e la tenerezza sprigionata dalla bravura e spontaneità di Marcello Fonte (interprete del “canaro”) è un pugno allo stomaco quasi insostenibile, poiché deve fare i conti con la brutalità di un ambiente violento, che non lascia respiro. Solo i cani e i momenti con Alida fungono da pausa momentanea, ma è una illusione che termina in fretta tanto quanto è cominciata. Il film riesce a essere neorealista nel dipingere uno scenario crudo e senza speranza, in grado di esaltare momenti di grande intensità emotiva che raggiungono il loro climax nella seconda parte, dove Marcello inizia a meditare vendetta. Matteo Garrone tuttavia sceglie di concentrarsi sul lato più umano e bonario di Marcello e di escludere la violenza omicida che ha caratterizzato la vicenda reale di Pietro De Negri: in questo il film si differenzia e sicuramente conquista il favore del pubblico.
Marcello Fonte premiato miglior attore al Festival di Cannes
Arrivati al momento clou, sorprende e sconvolge la coerenza che il regista riesce a mantenere senza farsi prendere da alcun sentimentalismo: non c’è libertà per chi vive in un mondo governato dall’oppressione e dalla legge del più forte, ma solo un’amara consapevolezza, celata dietro occhi impauriti e scavati, di chi è stato divorato dalla crudeltà di quel mondo a causa della sua stessa innocenza. In tutto ciò i cani, sottofondo talvolta simpatico talvolta allegorico, sono solo semplici spettatori che Garrone ritrae con accuratezza, comunicandoci molto più delle parole. Candidato alla Palma d’Oro al Festival di Cannes, Dogman di Matteo Garrone ha portato a casa il premio per il miglior attore a Marcello Fonte, che va ad aggiungersi così a grandi nomi del cinema italiano grazie alla sua intensa performance che difficilmente potrà essere scordata.
Alessandro Leoni