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Concorrenza sleale nella ristorazione, nuovo allarme da Confesercenti Ravenna

Confesercenti invita a una seria riflessione le amministrazioni pubbliche a tutti i livelli circa la tutela del lavoro nel settore della ristorazione e dei pubblici esercizi in generale. Attraverso la voce della coordinatrice provinciale della Fiepet, Chiara Venturi, arriva un monito preoccupato. «Ci siamo sempre confrontati a tutti i livelli politici per preservare il lavoro delle imprese della somministrazione alimenti e bevande dalla concorrenza sleale ma oggi dobbiamo rilevare che il fronte delle criticità, per usare un eufemismo, invece di ridursi si è ulteriormente allargato». L’associazione fa presente che nonostante le denunce e il presidio delle associazioni del Commercio e del Turismo su questo tema, oggi la situazione è gravemente sfuggita di mano indistintamente su tutto il territorio della provincia di Ravenna.

Chiara Venturi: “In molti casi agriturismi e sagre compiono concorrenza sleale”

«Il contesto che ci troviamo a osservare, contestare e segnalare comprende le più ampie e dubbie forme di somministrazione alimenti e bevande: agriturismi con piscina che si promuovono pubblicamente in inserzioni pubblicitarie come ristoranti e focaccerie (perchè non potendo fare pizza modificano il nome per aggirare l’ostacolo), agriturismi ancora che propongono, sempre pubblicamente, formule di “all you can eat” a base di pesce, certe sagre paesane che si cimentano in pranzi aziendali in orario di pranzo, durante la settimana e in contesto totalmente slegato dalla festa, sagre che propongono l’asporto, bed and breakfast che pubblicizzano cene con intrattenimento musicale, location private dove cucinano chef a domicilio del committente, produttori agricoli che si cimentano in aperitivi, associazioni di promozione sociale che organizzano veri e propri mercati ambulanti (con banchi di cui bisognerebbe controllare la regolarità) e stand gastronomici, home restaurant, associazioni di varia natura (comprese alcune Pro Loco) che facendosi scudo in aree private organizzano eventi enogastronomici, numerose e uguali sagre dello Street Food e chi più ne ha più ne metta».

Confesercenti Ravenna: “Le pubbliche amministrazioni devono agire”

Confesercenti sollecita una profonda riflessione sul ruolo dell’impresa della ristorazione e del pubblico esercizio: «Se tali imprese hanno ancora un significato dal punto di vista del ruolo economico e del lavoro, le pubbliche amministrazioni diano un segnale forte per il rispetto delle regole e di tutela di questo mondo imprenditoriale. Se qualsiasi soggetto, non in forma di impresa del commercio, con una semplice Scia può sostituirsi al mondo della ristorazione tradizionale, non ha alcun senso che i nostri associati continuino a stare faticosamente sul mercato rispettando regolamenti, pagando tributi e tasse, tenendo in regola i dipendenti, aggiornandosi in tema di sicurezza, haccp, etichettature, ecc. Tutti oggi fanno business con la ristorazione esentati da molti obblighi e in regimi fiscali agevolati, se non a volte dietro al paravento del volontariato». Fiepet, il sindacato dei pubblici esercizi di Confesercenti, si aspetta un serio confronto su questi temi, che hanno una forte ricaduta sui livelli occupazionali e sulla tenuta del tessuto imprenditoriale, come su quello della legalità.

Lettera alla redazione: il Cda di Home restaurant Hotel risponde al comunicato di Confesercenti Ravenna

Premettendo che l’annosa questione sulla legittimità della figura dell’Home Restaurant è, ormai in Italia, motivo di discussione politico, oltre che economico, la circostanza che la figura stessa non sia disciplinata non la rende assolutamente illegale. L’articolo da Voi pubblicato spazia su numerose questioni, in particolar modo sulla concorrenza sleale, l’evasione fiscale e il rispetto delle norme igienico sanitarie.
Con riferimento al concetto di ammissibilità nel nostro ordinamento dei c.d. “ristoranti in casa”, è giusto portare all’attenzione della Vs. spett.ma testata online come, in data 30 marzo 2017, sulla questione si sia espresso il professor Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, il quale ha così statuito: “La Commissione Europea ha invitato gli Stati membri a favorire lo sviluppo della c.d. sharing economy, capace di creare nuove opportunità sia per i consumatori, che possono beneficiare di un ampliamento dell’offerta di servizi e di prezzi inferiori, sia per i nuovi operatori agevolati da forme di lavoro flessibile e da nuove fonti di reddito. In questo quadro, l’Autorità ritiene che il DDL A.S. n. 2647 introduce limitazioni all’esercizio dell’attività di Home Restaurant che non appaiono giustificate.
In secondo luogo, con riferimento, al concetto di concorrenza sleale, sempre nel medesimo bollettino del 30 marzo 2017, il presidente Pitruzzella si è espresso in tali termini: “Del tutto ingiustificata appare la conseguente quantificazione normativa del numero massimo di coperti (500 l’anno) che possono essere allestiti e del reddito annuo (5mila euro annui) che l’attività in esame può generare. Tali previsioni si pongono, piuttosto, in palese contrasto, oltre che con i principi di liberalizzazione previsti dal d.lgs. n. 59/2010, che recepisce la direttiva servizi, e dai successivi decreti di liberalizzazione, anche con il dettato costituzionale di libera iniziativa economica e di tutela della concorrenza. L’insieme dei vincoli e delle limitazioni all’attività di home restaurant si pone fuori dal quadro tracciato dai principi europei della concorrenza.”
Sostanzialmente, attraverso questo passaggio, l’AGCM ha esposto chiaramente come non sia la figura dell’Home Restaurant Hotel a essere una manifestazione di concorrenza sleale, ma, a contrario, siano le limitazioni a essa normativamente imposte a essere manifestazioni di concorrenza sleale.
In terzo luogo, l’AGCM, con riferimento al rispetto della normativa igienico sanitaria, ha affrontato il problema, così statuendo: “Eventuali obiettivi di tutela della salute dei fruitori sono comunque sufficientemente garantiti dall’obbligo di rispettare le norme sull’igiene degli alimenti e dagli obblighi di copertura assicurativa.”
In quarto luogo, con riferimento all’evasione fiscale. A oggi non esiste alcuna norma di riferimento per gli Home Restaurant e i cuochi a domicilio. Risulta difficile inquadrare la questione dal punto di vista fiscale. Proprio in ragione di questo presupposto, il nostro intento è quello di raggiungere un accordo con lo Stato-apparato al fine della regolamentazione della materia in questione. Appare evidente, come l’obiettivo di un professionista che opera in tale settore non sia quello di eludere lo Stato, ma quello di ottenere un riconoscimento attraverso una regolamentazione normativa della fattispecie, al fine di poter ottenere una tutela e una posizione giuridica riconosciuta.
In realtà, le dichiarazioni di Confesercenti, riportate nell’articolo pubblicato in data 17 agosto dal Vs spett.le quotidiano online, sono palesemente di parte. Appare ovvio, che ciascuno persegua gli interessi della propria categoria professionale, pur tuttavia, nel caso di specie, il responsabile dirigente di confesercenti non soltanto dimostra di non conoscere la differenza tra un modello economico liberista e un modello economico statalista, ma, soprattutto, dimostra di non conoscere neanche i principi economici sui quali si basa l’iniziativa imprenditoriale italiana.

Homerestaurant hotel

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