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Ravenna al 2° posto delle città più care, ma Confesercenti fa alcune precisazioni

La discussione apertasi anche in provincia e sulla stampa a seguito della diffusione dei dati da parte dell’Istat sull’andamento dell’inflazione e dei prezzi a fine luglio e sul relativo comunicato dell’Unione nazionale Consumatori merita alcune considerazioni anche per avere l’attenzione giusta sulla loro origine oltre che sui problemi che evidenzia. Secondo i dati sono riportati dall’Unione nazionale consumatori la classifica delle città più care d’Italia vede Ravenna al secondo posto nazionale, dopo Bolzano e prima di Reggio Emilia. Ravenna ha raggiunto un picco pari al 2,3% che comporta un aumento del costo della vita, per una famiglia tipo, pari a 645 euro. Ma per Confesercenti è bene fare alcune precisazioni. «La rilevazione o meglio il comunicato dell’Unione nazionale consumatori che ci ha portato alla ribalta delle cronache nazionali e locali attiene (anche se non era scritto da quasi nessuna parte) ai dati di luglio 2018 su luglio 2017 – scrive in una sua nota Confesercenti Ravenna – Da nostre verifiche e da riscontri effettuati anche con gli uffici competenti a Ravenna, è emerso pure che i dati riportati e commentati dal comunicato dell’Unc non corrispondono completamente, pur se per qualche decimale di differenza in meno, a quelli ufficiali dell’Istat (per cui non saremmo neanche secondi in Italia)».

Confesercenti: “Dove sono presenti Pmi l’inflazione è minima”

«Confrontando gli indici di variazione il trend di Ravenna è identico a quello di Bologna, ma inferiore a quello di Rimini, Forlì Cesena e Parma per stare nella nostra regione. Perché si sparano cifre, spesso improprie e comunque non complete, per conquistare attenzione, colpire una categoria e indurre sfiducia di cui non c’è alcun bisogno? In ogni caso si evidenzia un dato non nuovo nel carrello della spesa: laddove è presente e maggioritaria la presenza delle piccole e medie imprese (es. abbigliamento e calzature, ma non solo) l’aumento dei prezzi (e dell’inflazione) è al minimo (e tra i più bassi rispetto a quelli regionali e nazionali) cosa che non avviene laddove è più presente la grande distribuzione nelle sue diverse espressioni; grande distribuzione che non dimentichiamo ha politiche di acquisto ben diverse e più vantaggiose rispetto ai piccoli esercizi nonché alti costi di gestione».

L’invito di Confesercenti ai consumatori: “Discutiamo in maniera approfondita di questi temi”

«Non sono certo i commercianti in tempi di difficoltà e di debolezza dei consumi interni, peraltro prolungati e nonostante gli aumenti di altri costi (energia, affitti, imposte, altri beni e servizi, etc.) ad aumentare i prezzi che sono stati assorbiti internamente – conclude la nota Confesercenti – Un invito per tutti, in primis per i consumatori, parliamone e discutiamone bene di questi temi e soprattutto come diciamo e proponiamo da tempo, anche partendo da questi dati e andamenti, si facciano le politiche giuste nei confronti del commercio e del turismo, senza dimenticare la situazione logistica particolare del nostro territorio con i suoi condizionamenti negativi, ma anche partendo dal tessuto effettivo e dalla situazione economica e sociale che abbiamo e viviamo».

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