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Suicidio assistito ed eutanasia: a che punto siamo?

Il 23 novembre è stato autorizzato il primo suicidio assistito in Italia e alla Camera dei Deputati si discute una legge per colmare il vuoto legislativo in materia di morte volontaria medicalmente assistita. Nel frattempo, la Corte di Cassazione ha validato le firme del referendum per l’eutanasia legale e ora deve valutarne l’ammissibilità. Alcuni mesi fa abbiamo approfondito il tema, ascoltando la voce dei promotori del referendum e quella di chi sosteneva posizioni alternative. Recentemente, a livello locale, è stato inoltre pubblicato un volume che tratta il tema specifico.

Il primo sì al suicidio assistito in Italia

Un uomo di quarantatré anni, tetraplegico da undici per via di un incidente, ha ricevuto dall’Azienda Sanitaria Unica Regionale (ASUR) delle Marche l’approvazione a procedere con il suicidio assistito. L’uomo aveva presentato la richiesta nell’agosto scorso, vedendosela negare e senza che fossero verificate le condizioni che la rendono legittima in base alla sentenza della Corte Costituzionale del 2019. Si era quindi rivolto al Tribunale di Ancona, che aveva appurato l’esistenza dei requisiti previsti, ma senza obbligare l’ASUR a garantire il servizio di morte assistita. A seguito di un reclamo, però, il Tribunale ha preteso la valutazione da parte dell’azienda: il comitato etico indipendente ha riconosciuto a Mario – nome di fantasia – di potersi avvalere del suicidio assistito.

È sicuramente una svolta, ma mancando una legge che regoli questa pratica, i passi da seguire adesso non sono chiari. Nel caso specifico, il problema riguarda la somministrazione del farmaco letale: questo è stato proposto dal malato, che ne ha indicato anche il dosaggio, ma il comitato etico ha avanzato dei dubbi sulle modalità, evidenziando anche incompletezza nelle informazioni. La regione Marche ha rimandato ancora una volta la questione al Tribunale di Ancona, poiché non sono definite le figure responsabili di stabilire le modalità di trattamento, a partire dal tipo di farmaco, passando per il dosaggio e il metodo di somministrazione, fino a decidere eventuali procedure da attuare se sopraggiungessero delle complicazioni.

La bozza di legge sul suicidio assistito

La discussione alla Camera dei Deputati è iniziata il 13 dicembre – in un’aula semivuota – e pare che avrà tempi molto lunghi. Il testo presentato è il risultato della mediazione tra i vari partiti (tra le modifiche introdotte c’è l’obiezione di coscienza per medici e infermieri, anche se le Regioni dovranno comunque garantire l’applicabilità), ma sembra non soddisfare davvero nessuno: secondo Repubblica i numeri per approvare la legge ci sono, ma è previsto il voto segreto, quindi potrebbero esserci sorprese.

La bozza autorizza e disciplina la facoltà della persona affetta da patologia irreversibile o con prognosi infausta (cioè i malati terminali) di richiedere assistenza medica per porre fine volontariamente e in maniera autonoma alla propria vita. Il percorso per accedere al suicidio assistito prevede che la domanda sia presa in esame dal medico che la riceve; in caso di esito favorevole viene trasmessa al Comitato per la valutazione clinica, organo territoriale istituito per dare un parere indipendente e professionale in merito. Il malato deve sottoporsi a cure palliative obbligatorie ma, per proseguire con la richiesta, a un certo punto dovrà rifiutarle. Le condizioni fisiche e psichiche del paziente saranno accertate in più step, fino all’ultimo momento.

Le critiche mosse alla proposta di legge riguardano la mancanza di tempi certi e l’esclusione di alcune categorie di malati dal beneficiare di questa possibilità, cioè tutti coloro che, seppur affetti da una malattia incurabile e/o da dolori insopportabili, non sono attaccati a macchinari salvavita o non si sottopongono a terapie necessarie alla sopravvivenza.

Referendum sull’eutanasia legale: cosa sta succedendo oggi e l’opinione dei tecnici

Il referendum per l’eutanasia legale ha raggiunto 1,2 milioni di firme, validate lo scorso dicembre. Entro il 22 febbraio la Consulta dovrà esprimersi sull’ammissibilità del quesito referendario, il cui contenuto non deve scontrarsi con la carta costituzionale, oltre a non dover riguardare le leggi citate nell’articolo 75 della Costituzione. La conclusione non è scontata, ci sono pareri discordanti anche tra gli esperti del settore. La parziale abrogazione dell’articolo 579 del codice penale, che depenalizzerebbe l’omicidio del consenziente (tranne se commesso su minore, contro una persona inferma di mente o avendo estorto il consenso), potrebbe allargare la forbice di circostanze ambigue e pericolose per i soggetti più fragili. Nel nostro ordinamento, però, il referendum è solo abrogativo, perciò non sarebbe stato possibile proporre delle modifiche al testo dell’articolo per inserire dei limiti di riferimento.

Le ragioni dei più scettici

Roberto Romboli, professore di Diritto Costituzionale all’Università degli studi di Pisa, durante il convegno Amicus Curiae ha dichiarato: «La legalizzazione dell’omicidio del consenziente avrebbe una ampiezza maggiore e verrebbe a potersi riferire a situazioni che nulla hanno a che fare con l’eutanasia». Dello stesso avviso è Valerio Onida, Presidente emerito della Corte Costituzionale, che su questo risponde a Giustizia Insieme (una rivista e un sito per professionisti dell’area legale): «A mio avviso così si valicherebbero i confini della Costituzione, che protegge la vita umana in ogni suo stadio, e dà prevalenza all’autodeterminazione dell’interessato solo quando si tratta di rifiutare consapevolmente interventi curativi o conservativi».

Il punto di vista a favore dell’ammissibilità

Andrea Pugiotto, professore di Diritto Costituzionale all’Università di Ferrara, ritiene che tali considerazioni non possano inficiare il parere della Corte, poiché riguardano una fase successiva. In effetti, bisogna ricordare che prima di cambiare la norma, il referendum deve tenersi, raggiungere il quorum – ossia la soglia minima di votanti – e avere esito positivo. La sua collega all’Università di Catania, Ida Angela Nicotra, intervistata da Giustizia Insieme spiega che la Corte «non interviene a dirimere i dubbi di costituzionalità derivanti dalla concreta applicazione della legge […] Le sentenze di inammissibilità sciolgono un dubbio di legittimità costituzionale limitatamente, però, all’idoneità dell’oggetto del referendum ad essere sottoposto alla consultazione popolare. Così lasciando impregiudicate eventuali questioni concernenti la costituzionalità degli effetti suscettibili di essere prodotti dallo stesso referendum con la normativa di risulta». Traducendo dalla lingua giuridica a quella comune, la Nicotra ipotizza l’approvazione del referendum ma, in un secondo momento, il nuovo articolo 579 potrebbe far emergere nuove controversie durante la sua applicazione. Allora, premesso che non è possibile tornare indietro annullando la volontà espressa dal popolo, la Corte interverrà con una sentenza per modificarlo e ridurlo a legittimità.

 

Maria Rivola

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