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Referendum sull’eutanasia legale: informarsi per decidere

Lo scorso 30 giugno è partita la raccolta firme per richiedere il referendum sulla legalizzazione dell’eutanasia, la pratica medica che accompagna alla morte volontaria un individuo affetto da una malattia fisica o psichica irreversibile. Un tema complesso, che richiede di essere affrontato interrogandosi innanzitutto su quali siano e su chi decida i limiti della libertà individuale e dell’autodeterminazione e allargando quest’intima riflessione etica e morale alle considerazioni sociali e politiche.

La normativa italiana sul fine vita: consenso informato e testamento biologico

In Italia, la normativa in materia di fine vita è rappresentata dalla legge n. 219/2017: questa definisce il consenso informato la condizione necessaria per iniziare o interrompere qualsiasi trattamento terapeutico e introduce le disposizioni anticipate di trattamento (DAT), cioè il cosiddetto testamento biologico. In base a esso, chi firma può stabilire l’approccio terapeutico da seguire in caso di sopraggiunta malattia non curabile e di incapacità di intendere, di volere e di esprimersi. Il paziente, quindi, può scegliere in anticipo e in piena lucidità se e in quali casi abbandonare o rifiutare le cure – comprese la nutrizione e l’idratazione artificiale e in generale quelle salvavita – e quando introdurne altre, tra cui le cure palliative e la terapia del dolore. Nessuna delle due limita l’avanzare della malattia, ma entrambe servono a rendere il più possibile accettabile la convivenza con essa, andando a ridurne i sintomi che portano al malato sofferenze fisiche e psicologiche a volte insopportabili, in particolare durante gli ultimi stadi. Il personale sanitario è obbligato ad attenersi all’iter medico indicato nel DAT, evitando qualsiasi forma di accanimento terapeutico se espressamente rifiutato.

La sentenza Cappato sul suicidio assistito

A questa legge si è affiancata la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019, arrivata dopo l’atto di disobbedienza civile di Marco Cappato, presidente dell’Associazione Luca Coscioni: nel 2017 Cappato accompagnò Fabiano Antoniani, un dj affetto da tetraplegia e cecità, in una clinica svizzera dove poter essere assistito durante la morte volontaria. Al suo ritorno in Italia, Cappato si autodenunciò e affrontò il processo per i reati di istigazione e aiuto al suicidio, che si concluse due anni più tardi con la sua assoluzione, dimostrando che la fermezza di Antoniani nel porre una fine immediata alla sua vita con il suicidio medicalmente assistito fosse nata ben prima dell’incontro con l’imputato. Il suicidio assistito si differenzia dall’eutanasia per il soggetto che compie l’azione: il primo è realizzato da colui che vuole mettere fine alla propria vita, che deve autosomministrarsi una dose letale di farmaci in autonomia, perciò l’apporto del medico si limita alla preparazione del farmaco. Al contrario, l’eutanasia legale prevede la partecipazione attiva del personale sanitario, che predispone la morte dell’assistito e gli somministra i farmaci, aiutando a morire anche chi non può farlo da solo, per esempio a causa di paralisi. La Corte ha anche riconosciuto i casi in cui il suicidio assistito è considerato legittimo e per i quali non sussiste il reato di aiuto al suicidio, ossia quando si presentano contemporaneamente le seguenti condizioni: la presenza di una patologia irreversibile; una grave sofferenza fisica e psichica; la piena capacità di prendere decisioni libere e consapevoli; la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. Nonostante i richiami a colmare il vuoto legislativo italiano, ad oggi non esiste una legge che regoli il suicidio assistito e per questo finora non è mai stato attuato: chi ne ha fatto richiesta presso l’Asl di competenza, ha visto rifiutarsi la domanda prima ancora di iniziare la verifica da parte del comitato etico territoriale.

La situazione italiana e la richiesta di referendum

Attualmente in Italia l’eutanasia costituisce reato ed è punito dalle norme che vietano l’omicidio del consenziente, l’istigazione e l’aiuto al suicidio. Il quesito referendario propone la parziale abrogazione dell’articolo 579 del codice penale, eliminando la reclusione da sei a quindici anni a chi si renda partecipe della morte di un uomo, pur col suo consenso, mantenendo la pena nel caso di coinvolgimento di minorenni, incapaci di intendere o di volere o in presenza di coercizione: in questo modo l’eutanasia potrebbe essere introdotta e i medici non incorrerebbero più nell’accusa di “omicidio del consenziente”. La campagna di raccolta firme è organizzata dal Comitato Promotore Referendum Eutanasia Legale, a cui hanno aderito molte realtà, in primis l’Associazione Luca Coscioni: il 25 agosto su tutto il territorio nazionale sono state raccolte oltre 750mila firme, di cui 250mila online per la prima volta in Italia. Su tutto il territorio dell’Unione della Romagna Faentina ne sono state registrate 1861 con 15 banchetti, e il comitato conta di arrivare a 3000 entro la fine di settembre: in particolare Faenza, con 32 firme per ogni 1000 abitanti, si colloca tra i primi 30 comuni italiani di medie dimensioni per numero di firme raccolte. «Il quesito riguarda solamente le persone capaci di intendere e di volere e in grado di esprimere un consenso libero e consapevole, dopo una valutazione medica e ovviamente dopo essere state informate circa la propria patologia secondo lo standard del consenso informato – afferma Pier Francesco Bresciani, avvocato che per primo a Faenza ha aderito alla campagna come autenticatore – Il regime normativo corrente non sarà modificato per chi non è cosciente».

Le ragioni del comitato promotore

Il ramo locale del comitato promotore è nato ad aprile e conta quasi 40 attivisti: «All’interno del nostro gruppo ci sono sensibilità molto differenti per età, aderenze politiche e cultura. Quello che tutti condividiamo è l’idea che ogni persona debba avere la libertà di scegliere in autonomia cosa fare della propria vita in un momento di alta sofferenza come quello che chiama in causa la questione dell’eutanasia. Non si tratta di riconoscere un diritto a morire che lo Stato deve garantire a tutti indipendentemente dalle condizioni, ma di permettere alle persone di scegliere liberamente se proseguire con le terapie o interromperle e, in questo caso, se preferiscono lasciarsi morire o morire subito, mediante la somministrazione di un farmaco che eviti loro di dover attendere la morte naturale.  Queste scelte spettano all’individuo e non allo Stato». Inoltre, il vuoto normativo ha creato una disparità economica e sociale, distinguendo tra pazienti di serie A e serie B: tra chi può accedere al suicidio assistito e chi non può perché non ha la possibilità di autosomministrarsi il farmaco diretto a causare la morte, o non ha le disponibilità economiche che consentono di affrontare le spese e un viaggio verso gli stati in cui il suicidio assistito è legale.

 

Affidare non solo la vita, ma anche la morte di un essere umano al sistema sanitario nazionale significherebbe porre l’eutanasia allo stesso livello delle cure mediche – cioè renderla un diritto fondamentale. Riesaminare il concetto di dignità umana e tradurlo in una forma legislativa merita un dibattito politico lungo e approfondito: è un peccato constatare che la richiesta di sottoporre la questione direttamente agli elettori sia, invece, il risultato di un silenzio parlamentare che dura dal 2013, anno in cui fu depositata la prima proposta di legge. A prescindere da come la si pensi, il tavolo del confronto sui diritti civili dovrebbe essere il primo a cui sedersi: i diritti sanciti dalla legge raccontano la storia di un popolo e definiscono le persone che li difendono.

 

Per chi volesse firmare in favore del referendum abrogativo, può consultare il calendario dei banchetti locali sulle pagine social Eutanasia Legale Faenza su Facebook e @eutanasialegalefaenza su Instagram. A Faenza è possibile firmare anche in Comune, in Piazza Rampi 2, dal lunedì al venerdì 8.30-13 e il giovedì anche 14.45-16.15 ed in tutti gli altri Comuni dell’Unione della Romagna Faentina negli orari dei relativi uffici anagrafe. Per la prima volta in Italia, è possibile firmare anche online sulla pagina https://raccoltafirme.cloud/app/ (si può firmare con SPID, oppure mediante una procedura di riconoscimento telematico) seguendo le istruzioni riportate sul sito.

Per approfondire

La testimonianza di un medico faentino: “Il nemico non è la vita, ma la sofferenza”

 

Maria Rivola

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