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Mafie sotto casa: il monitor della criminalità in Emilia-Romagna

Una mappa sul web costruita dal basso – a partire dalla lettura delle carte giudiziarie, dalla rassegna stampa e segnalazioni – per unire i puntini e vedere la faccia delle mafie. È stato presentato martedì 15 novembre 2016 al Palazzo Vecchio di Bagnacavallo il portale “Mafie sotto casa“, un nuovo progetto on line che vuole mappare le infiltrazioni mafiose fra Piacenza e Rimini. Nato dall’idea di un gruppo di attivisti, fra cui segmenti di Libera, della Cgil e dell’associazione “Gruppo dello zuccherificio” di Ravenna, il sito nasce secondo i promotori come «un contenitore dove ognuno liberamente, conservando la propria autonomia, può aiutare la comunità a comprendere meglio il fenomeno mafioso». Continuando a leggere si scopre che l’organizzazione è a cura di «una rete di associazioni e di singoli individui che da anni, in regime di assoluto volontariato, si occupa di percorsi di legalità e contrasto alle mafie in regione. In qualunque contesto, dalla piazza gremita di gente all’oratorio di periferia, ci siamo sforzati di rendere in pratica concreta i sogni di chi, per opporsi all’arroganza mafiosa, ha dovuto pagare prezzi altissimi». Tra i firmatari troviamo – fra gli altri – il giornalista Gaetano Alessi e Valentina Giunta, presidente Anpi di Bagnacavallo.

Mafie sotto casa: collocare geograficamente i reati mafiosi

Non è infatti una novità che la criminalità organizzata (articolata principalmente nella ‘ndrangheta calabrese, nella camorra campana e in cosa nostra siciliana) abbia spostato i propri centri operativi e di affari anche nelle regioni del Nord Italia. I dati dell’osservatorio di “Mafie sotto casa” mostrano come questa infiltrazione sia in corso a partire dagli anni Novanta e quindi ben prima che esplodesse il caso Aemilia, che nel 2015 ha portato a 117 arresti e che nell’aprile 2016 ha visto 58 persone condannate per reati che vanno dall’estorsione all’usura, passando per i reati ambientali. Una miriade di reati che si sono accumulati nel corso degli anni, e che la mappa del sito permette di collocare geograficamente. Le azioni registrate vedono i beni mobili ed immobili confiscati a mafiosi, i roghi dolosi, le minacce a giornalisti ed amministratori, le aziende coinvolte in fatti di mafia fino agli omicidi e ai fatti di sangue.

emilia

 

L’attività mafiosa si concentra in 3 poli: l’Emilia, Bologna e la riviera

Scorrendo la mappa di Mafie sotto casa si può vedere come una grande quantità di reati si concentrino in tre zone. La prima è la parte di Emilia compresa fra Parma e Modena, dove in effetti si è concentrata l’azione giudiziaria del processo Aemilia. Qui troviamo oltre 30 roghi dolosi (ad esempio a Rubiera dove il «il 29 novembre 2015 viene dato alle fiamme il capannone dell’azienda R.M.T. Consorzio Stabile in via Carrà. L’azienda è di proprietà di un imprenditore crotonese») e decine di imprese coinvolte in questioni malavitose (come a Parma dove la «Little Italy s.r.l. nel 2016 è stata oggetto di interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Reggio Emilia»). Un secondo polo è quello del bolognese, che ha visto anche episodi di violenza come l’uccisione a Casalecchio di Reno del pentito Salvatore Illuminato nel 2003; oppure confische di beni, fra cui spicca una villa in zona Porta San Mamolo ed un appartamento in via San Vitale. La terza zona ad alta densità di fatti di mafia risulta essere la costa adriatica, fra Cervia e Cattolica, dove si segnalano numerose confische di abitazioni ed attività commerciali legate alla criminalità organizzata.È tuttavia presente anche Faenza, con un immobile in via Orto Bertoni, confiscato negli anni Novanta dal Gip di Forlì.

Il sito di Mafie sotto casa (presente anche su Facebook) cerca di ricostruire le vicende attraverso la lettura dei documenti giudiziari, la rassegna stampa e le segnalazioni dei lettori, che devono però essere verificate per evitare di ricostruire le vicende in modo errato. Il sito contiene anche una sezione di approfondimento dedicata ai documenti di studio ed alla normativa di riferimento in merito alla penetrazione mafiosa in Emilia-Romagna. Perché, come dicono i promotori del progetto: «le mafie non sono invisibili. Si fanno sentire. Bisogna solo saper leggere i segnali che il territorio manda».

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