Unione nazionale Consumatori replica a Confesercenti: “Ravenna città con maggior rialzo di prezzi”

Nuova replica da parte dell’Unione nazionale Consumatori al comunicato dei giorni scorsi di Confesercenti Ravenna, una nota che contestava la lettura dei dati sull’inflazione proposta dall’Unc. «Capiamo le difficoltà di Confesercenti di dover giustificare il fatto che Ravenna sia la città con il maggior rialzo dei prezzi d’Italia – replica l’Unc – ma da qui a contestare i dati dell‘Istat, francamente ci pare troppo. Il dato dell’inflazione relativa al mese di luglio, infatti, fornito ufficialmente dall’Istituto Nazionale di Statistica, è incontrovertibile. Su base annua, ossia da luglio 2017 a luglio 2018, Ravenna è, nella graduatoria dei capoluoghi e delle città con più di 150mila abitanti, quella con l’inflazione più elevata: 2,3%. Al 2° posto Reggio Emilia con 2,2%, al terzo Bolzano con 2,1%, al quarto Verona con 2%, tutte le altre città con più di 150 mila abitanti sono sotto il 2%. Il fatto che l’Istat arrotondi alla prima cifra decimale, e che, quindi, 2,3% sia in realtà 2,28628%, nulla toglie al fatto che sia la città con il maggior incremento dei prezzi d’Italia».

Ravenna, le famiglie costrette a spendere in più 645 euro rispetto al 2017

«Traducendo l’inflazione in termini di aumento del costo della vita – prosegue la nota – che è l’operazione che fa l’Unione Nazionale Consumatori, ossia elaborare il dato ufficiale Istat per tradurlo in euro, Ravenna slitta dal primo al secondo posto solo perché a Bolzano le famiglie, per via del maggior reddito disponibile, spendono di più rispetto a Ravenna o Reggio Emilia, e, quindi, basta un’inflazione del 2,1% per determinare, per una famiglia media, una maggior spesa supplementare di 698 euro su base annua, contro i 645 di una famiglia di Ravenna o i 617 di Reggio Emilia».

«E’ falso, poi, che il trend di Ravenna sia identico a quello di Bologna o inferiore a Rimini o Parma, dato che nel capoluogo dell’Emilia-Romagna l’inflazione annua è pari all’1,7%, a Rimini è 1,3%, a Parma è appena lo 0,9%, contro il 2,3% di Ravenna. Per quanto riguarda Forlì-Cesena, è vero che l’inflazione è superiore, 2,4% (cfr. tabella n. 1), ma trattandosi di città con meno di 150 abitanti, non erano oggetto né del nostro comunicato né di quello dell’Istat».

«Insomma – conclude la nota dell’Unc – se c’è qualcuno che “spara cifre improprie” è proprio la Confesercenti, evidentemente per distrarre l’attenzione dal fatto che a Ravenna i prezzi stiano aumentando troppo. L’Unione Nazionale Consumatori, inoltre, non ha colpito alcuna categoria specifica ma ha solo evidenziato la dinamica dei prezzi come rilevata dall’Istat. In ogni caso, essendo sempre disponibile al confronto, l’Unione Nazionale Consumatori raccoglie l’invito a parlare e a discutere di questi temi e dei dati, purchè siano quelli veri e ufficiali».

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