Dalla strada alla casa passando per la parrocchia: Don Luca racconta la famiglia rom

Situazione temporanea doveva essere e situazione temporanea è stata. Dopo essere stata ospitata per tre anni presso la parrocchia di San Savino di Faenza, la famiglia rom del Paradiso abbandona camper e roulotte e passa a una casa vera e propria: un passo fondamentale per fare richiesta della residenza e quindi avere possibilità di trovare un lavoro in regola. La nuova abitazione faentina, in cui la famiglia si è trasferita da sabato 8 ottobre 2016, è stata ottenuta da un privato. La rete di volontariato che si è attivata in questi anni attorno a questa esperienza continuerà a monitorare il percorso di questa famiglia che attualmente conta cinque elementi: due genitori e tre bambini.

Don Luca: “Un percorso costruito da tante persone”

Un percorso che ha prodotto piccoli ma importanti passi quello fatto dalla famiglia rom all’interno della comunità del Paradiso, in cui fondamentale è stato il rapporto umano e il dare un volto e un nome a quelle persone che tante volte vengono semplicemente etichettate con la propria nazionalità: questo il bilancio di don Luca Ravaglia, parroco di San Savino. Era l’ottobre 2013 quando don Luca ricevette una chiamata da parte di un operatore della Giovanni XXIII in cui si chiedeva la disponibilità, da parte del parroco, di accogliere temporaneamente la famiglia rom che in quel momento si trovava letteralmente sulla strada. Si trattava di un padre, una madre, due bambini e una anziana invalida; una famiglia di origine bosniaca, ma solo l’anziana era nata nella ex-Jugoslavia, gli altri sono tutti nati e cresciuti in Italia. Da quel “sì” pronunciato per telefono è iniziato un cammino che la comunità parrocchiale ha intrapreso assieme a questa famiglia. «Quello fatto in questi tre anni – spiega don Luca Ravaglia, parroco di San Savino – è stato un percorso condiviso con tante persone attorno a questa famiglia: dai volontari a famiglie della parrocchia e non, fino ai servizi sociali che non hanno preso in carico la famiglia in quanto non residente ma l’hanno comunque attenzionata e ne hanno seguito il percorso per la presenza dei minori e dell’anziana. Si è venuta a creare una vera e propria rete in questa parrocchia che a volte si allargava a volte si restringeva, ma una rete c’è sempre stata».

“Ogni parrocchia deve essere luogo di accoglienza”

Nel corso di questi tre anni di accoglienza la comunità parrocchiale ha portato avanti normalmente le sue attività. Tre anni vissuti tra confronti, momenti ricchi di soddisfazioni e di criticità. «La parrocchia – commenta il parroco – offre una vita di condivisione dove questa famiglia è stata accolta, aiutata, controllata e corretta. È stato un percorso certamente fatto anche di conflittualità». Un giorno due passi avanti e quello dopo uno indietro. Le feste assieme alla comunità, i progressi scolastici dei bambini, l’attenzione vicendevole. Ma anche le difficoltà causate da “invasioni” di parenti (in particolare quando è venuta a mancare l’anziana della famiglia) e dai riflettori dei media spesso puntati sulla parrocchia. Il bilancio complessivo? «Lo rifarei sicuramente – risponde don Luca – ma in realtà è una cosa che facciamo sempre con tutti qui in parrocchia: la vita della Chiesa è questo. Papa Francesco dice che “la parrocchia deve essere un ospedale da campo”. Noi siamo tutte persone ferite: dall’anziano solo, al ragazzo problematico, al povero che dorme in strada, alla famiglia in difficoltà… Nella parrocchia troviamo e offriamo accoglienza e cura vicendevole. Ogni parrocchia deve essere un luogo dove gli altri sono visti come fratelli».

La famiglia rom ha partecipato a due udienze dal Papa

Arrivata in cinque, sempre in cinque la famiglia rom è partita. Nel frattempo, a gennaio 2016, è scomparsa l’anziana, ma la famiglia si è arricchita della nascita di un altro bambino. Nel corso dei tre anni al Paradiso la famiglia rom ha preso parte a due udienze del Papa a Roma. Una di queste è avvenuta il 28 ottobre 2015 durante la giornata dell’incontro tra Papa Francesco e i rom e sinti d’Europa. «Cari amici – ha invitato Bergoglio durante l’incontro – non date ai mezzi di comunicazione e all’opinione pubblica occasioni per parlare male di voi. Voi stessi – ha detto ancora il pontefice – siete i protagonisti del vostro presente e del vostro futuro. Come tutti i cittadini, potete contribuire al benessere e al progresso della società rispettandone le leggi, adempiendo ai vostri doveri e integrandovi anche attraverso l’emancipazione delle nuove generazioni».

La famiglia rom continuerà a essere seguita da volontari

Ora le prospettive offerte dalla possibilità di abitare in casa: una progettazione vista con auspicio anche dal comune di Faenza che ha già inserito altre tre famiglie rom all’interno di abitazioni. «Un passo da tempo auspicato – conclude don Luca – e ora reso possibile: l’ingresso in una casa privata. È una opportunità che apre la strada alla richiesta della residenza e quindi alla possibilità di un lavoro in regola. E speriamo che, come per la casa anche per il lavoro, qualcuno “rischi” e provi a dare un’opportunità lavorativa a questi ragazzi. Da parte mia non credo che “integrazione” significhi per loro diventare come noi, non essere più rom, rinunciare a una tradizione e a una cultura che ha tanti valori e che potrebbe arricchire la nostra società. L’integrazione che è una parola grossa e che richiede generazioni, intanto passa dal rispetto delle regole, dallo stare assieme in una casa, in una classe, dal conoscersi, dal cominciare a parlarsi. Certamente rimangono aspetti problematici e ulteriori passi da fare. Per questo anche nel futuro, come è avvenuto per tutto questo lungo periodo, la famiglia continuerà ad essere seguita da volontari».

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