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Emilia-Romagna prima regione in Italia per crescita del Pil: +1,4%

Nessun’altra regione come lei in Italia. In Emilia-Romagna il Pil ritorna a crescere in maniera sostenuta, trainato dall’industria e dall’export: questo scenario di progressivo rafforzamento dell’economia regionale emerge dallo studio realizzato dal centro studio Prometeia e da Unioncamere Emilia-Romagna relativamente all’andamento macroeconomico a medio termine. I dati evidenziano un prodotto interno lordo che nel 2016 fra Piacenza e Rimini cresce dell’1,4%, un aumento più marcato rispetto al dato nazionale fermo sullo 0,9% e che porta la regione al a livello della Francia (+1,3% nel 2016) e della Germania (+1,7%).

L’Emilia-Romagna risulta quindi la prima Regione per crescita economica in Italia, davanti alla Lombardia (+1,3%) e al Veneto (+1,2%). E le previsioni elaborate a inizio anno parlano di due annate in arrivo con una crescita del Pil sempre maggiore rispetto alla media italiana, per quanto a livelli più contenuti rispetto al 2016. Ricadute positive si hanno anche sul versante occupazionale, con un tasso di disoccupazione che scivola al 6,9% (il secondo più basso dopo le province autonome di Trento e Bolzano), rispetto al 7,4% registrato a fine 2015.

Stefano Bonaccini: “Creati quasi 50mila nuovi posti di lavoro”

«Sono numeri che confermano l’Emilia-Romagna quale regione leader nel Paese – afferma il presidente della Regione, Stefano Bonaccini – Nessuno pensava potessimo ridurre la disoccupazione di 2 punti percentuali nei primi due anni della legislatura, creando quasi 50mila nuovi posti lavoro solo negli ultimi 12 mesi. Una crescita dell’economia regionale che dimostra l’efficacia del Patto per il lavoro, grazie al quale con enti locali, imprese, sindacati, università e associazioni portiamo avanti azioni condivise che puntano a un obiettivo: creare sviluppo e occupazione, la nostra priorità».

Fonte: Unioncamere E-R. su dati Prometeia, febbraio 2017
Fonte: Buonsenso su dati Unioncamere E-R. e Prometeia

Il consolidamento delle esportazioni porta ad un effetto traino

Il buon andamento delle esportazioni, che si consolidano di anno in anno dopo il crollo verificatosi nel 2009 a seguito della crisi finanziaria, ha dato linfa ai tessuti produttivi emiliano-romagnoli. Rispetto al valore reale delle esportazioni registrate nel 2009, l’aumento è stato di oltre il 60% in soli sette anni, giungendo al livello più alto mai registrato. Questo aspetto conferma la crescente importanza dei mercati esteri per l’economia regionale e la grande capacità da parte delle grandi e medie imprese di operare competitivamente a livello internazionale. I settori più avvantaggiati risultano quello delle piastrelle (con il distretto di Sassuolo a fare la parte del leone), il tessile, il biomedicale (con dati positivi sia dal polo di Mirandola che da quello bolognese) e la meccatronica. Con un campanello d’allarme però: nel caso in cui vi fossero delle turbolenze a livello di scambi commerciali con i nostri partner (pensiamo agli Stati Uniti di Donald Trump, alla Gran Bretagna della Brexit o a potenziali problemi all’interno dell’eurozona) questa ripresa economica potrebbe essere in pericolo, visto che i consumi interni a livello regionale dovrebbero rimanere pressoché costanti (+0,9 previsti nel 2017 e 2018).

Fonte: Unioncamere E-R. su dati Prometeia, febbraio 2017
Fonte: Buonsenso su dati Unioncamere E-R. e Prometeia

Industria e costruzioni in ripresa, più difficoltà nell’agricoltura

Dal momento in cui molti dei prodotti esportati fanno riferimento al settore manifatturiero, non sorprende trovare dati positivi nell’industria in senso stretto. Dall’analisi della formazione del reddito per questo settore, emerge la conferma di un andamento positivo, con un aumento del valore aggiunto del 2,1 nel 2016, e in prospettiva dell’1,8 sia nel 2017 che nel 2018. Si intravede così il ritorno al livello del 2007, a concludere una sorta di “decennio perduto” nel campo della produzione manifatturiera. Positivo anche il dato delle costruzioni, che vedono un aumento dello 0,8 dopo ben otto anni di segni negativi consecutivi. Una luce in fondo al tunnel, insomma. Luce che però non fa che rendere più chiaro il drammatico ridimensionamento delle attività connesse alla costruzione durante e dopo la crisi economica: rispetto al 2007 si è perso il 44,4% del valore aggiunto in questo settore.

Stabile invece il settore dei servizi, che nella sua eterogeneità non porta a scostamenti significativi, rimanendo fra il +1 e il +0,8 fra 2016 e 2018. Mentre è l’agricoltura a mostrare qualche ulteriore segno di sofferenza, dopo il calo del valore aggiunto del -1% registrato nel 2015: per il 2016 si ha una crescita dello 0,9, che sarà seguita da una stagnazione nel 2017 e da una lievissima crescita nel 2018 (+0,4). Segno che ancora molto rimane da fare per promuovere maggiormente sia le coltivazioni estensive, sia i prodotti enogastronomici di qualità che l’Emilia-Romagna possiede in abbondanza.

Aumenta la popolazione che cerca lavoro, calano i disoccupati

La fase di discreta crescita che va affermandosi a livello regionale si riverbera sui dati del mercato del lavoro. La forza lavoro della regione – cioè l’insieme di chi ha un lavoro e di chi lo sta cercando (misurando quindi l’offerta di manodopera nel mercato) –  ha visto un aumento dell’1,6% nel 2016, a fronte dello 0,8 nazionale. Per il 2017 e 2018 previsti aumenti dello 0,3 e 0,5, mentre l’Italia si dovrebbe fermare allo 0,2. Di converso, il tasso di disoccupazione scende sotto la soglia del 7%, con un dato a fine 2016 del 6,9% e la prospettiva di stabilizzarsi negli anni successivi. Anche qui però la situazione si presenta differenziata per settore, con l’industria che dovrebbe aumentare le unità di lavoro (impiego al netto della cassa integrazione) dell’1,0% e dello 0,8% nel 2017-2018, mentre l’agricoltura dovrebbe vedere un calo del -3,6% e -2,7% nel biennio che ci attende.

Fonte: Unioncamere E-R. su dati Prometeia, febbraio 2017
Fonte: Buonsenso su dati Unioncamere E-R. e Prometeia

Andrea Piazza

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