Coop. sociali e lavoro: potenzialità e criticità emerse dall’incontro Acli Faenza
Un settore complesso, in crescita, ma che deve rinnovarsi profondamente per sfruttare al meglio le sue potenzialità. Si è svolto giovedì 10 ottobre l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri “Lavoro: Faenza in network” promosso dalle Acli di Faenza in collaborazione con la diocesi di Faenza-Modigliana. L’evento si è focalizzato su “Cooperative sociali e il Terzo settore: tra aziendalismo e volontariato, tra pubblico e privato”. L’incontro, coordinato da Pier Domenico Laghi, ha visto come relatori Antonio Buzzi, vice presidente Confcooperative Ravenna-Rimini; Emiliano Galanti, presidente Forum del Terzo Settore Ravenna; Paolo Danesi, direttore dell’ass. Per gli altri; Massimo Caroli, presidente Asp Romagna faentina.
Coop. sociali: in Emilia-Romagna risparmiati 18 mln di euro grazie al loro lavoro
Sono innanzitutto i numeri a testimoniare l’importanza del settore: in Emilia-Romagna le coop. sociali danno lavoro a oltre 50mila addetti (di cui l’83% a tempo indeterminato) e hanno dimostrato grande resilienza nel periodo della crisi post 2008. E anche il territorio faentino testimonia la sua vivacità: dagli Amici della Fontana al Wwf, sono 81 le ass. di volontariato attive e 86 le Aps. «Le coop. sociali invertono il paradigma tradizionale delle imprese – spiega Buzzi – il loro obiettivo è quello di avere una funzione sociale fornendo il territorio di servizi assistenziali, socio-sanitari, educativi. Oppure possono inserire al lavoro persone svantaggiate: in questo modo queste persone diventano protagoniste; di ciò si avvantaggia anche il sistema pubblico che non vede più queste persone come un ‘peso’ ma come cittadini attivi: nell’ultimo anno in Emilia-Romagna grazie alle coop. sociali si sono risparmiati 18 mln di euro». Tra le criticità del futuro, «esiste però un forte scollamento – aggiunge Buzzi – fra sistema scolastico e coop. sociali, con l’effetto che queste ultime non riescono più a trovare personale adeguato».
Il rapporto coi sindacati e il nuovo Codice del Terzo settore
Emiliano Galanti ha puntato i riflettori sul rapporto tra coop. sociali, enti pubblici e sindacati. «Credo che serva un cambio di paradigma – ha dichiarato – non è possibile che in un territorio come il nostro si vadano a fare gare d’appalto a ribasso costringendo spesso le coop. sociali a non partecipare, perché costrette a tagliare troppo il costo del lavoro. Gli enti locali risparmiano, ma si perde un pezzo importante dei nostri territori». Inoltre è fondamentale che «il socio-lavoratore torni a sentirsi gratificato e parte dell’impresa». Paolo Danesi ha poi illustrato alcuni aspetti positivi del nuovo Codice del Terzo settore, «che incoraggia questi enti a entrare nei mercati, a essere imprenditori. L’invito alle associazioni è di trovare risorse sul mercato, dato che i contributi pubblici caleranno».
“Necessario giocare di squadra con le Pa”
“Co-progettazione” è invece la parola chiave utilizzata da Massimo Caroli. «Siamo in un momento di cambiamenti epocali – ha affermato – e servono pensieri che sappiano leggere questa complessità, puntando in particolare sulla formazione del personale. Inoltre nascono nuove forme aggregative, e la richieste di nuovi servizi, per es. per il figlio disabile, vengono direttamente dai cittadini. Con le pubbliche amministrazioni bisogna giocare di squadra: le coop. sociali non sono gestori, ma veri e propri partner con cui creare sinergie di co-progettazioni capaci di vincere le sfide della contemporaneità».