FAENZA MUSIC – ALLE ORIGINI DEL MEI
FAENZA MUSIC – ALLE ORIGINI DEL MEI
Parte 1
Ci troviamo a Faenza, una piccola cittadina romagnola nota soprattutto per la ceramica, per il Palio del Niballo e per alcuni importanti edifici di epoca neoclassica. Siamo a metà degli anni ’90, il world wide web è ancora agli albori, Mtv sta arrivando solo ora in maniera massiccia anche in Italia e se chiedi a qualcuno se conosce gli “Mp3” questi ti chiederà se sono un gruppo musicale di Seattle. È in questa piccola città di provincia che nascerà il MEI, la più importante manifestazione dedicata alla nuova scena musicale indipendente italiana. Come annunciato in un primo articolo, cercheremo oggi di indagare, assieme a Daniele Scarazzati (uno dei tanti ragazzi che all’epoca diede attivamente il suo contributo alla nascita di questa manifestazione), i motivi che hanno fatto sì che una realtà come Faenza diventasse una delle capitali della musica italiana.
In questa prima parte di intervista ci soffermeremo soprattutto sul cercare di capire le peculiarità di quella stagione e come era vissuta la musica dai giovani di allora. Buona lettura!
– Daniele, in che modo la tua storia si è intrecciata con quella delle Feste delle autoproduzioni, vero e proprio prequel di quello che sarà poi il MEI?
Intorno alla metà degli anni ‘90 ero impegnato musicalmente su due fronti. Da una parte c’era la band pop-core dei Pussy Rat, con cui ho suonato su molti palchi in giro per l’Italia, tra locali e centri sociali autogestiti, e con cui ho realizzato alcune autoproduzioni, inizialmente come demo-tape e, infine, in formato compact disc, con Colori, e che diedero a me e alla band non poche soddisfazioni; dall’altra, ero coinvolto nell’organizzazione di alcuni eventi dedicati alla promozione della “musica di base” a Faenza, in particolare Faenza Rock.
– Quale era lo scenario musicale faentino della prima parte degli anni ’90? Come era vissuta dai giovani, ogni giorno, la musica? E quali sono le differenze che riscontri con il presente?
Come ho scritto nel mio capitolo del libro dedicato ai vent’anni del MEI, all’epoca uscirono alcuni articoli – a livello locale e anche nazionale – nonché delle ricerche in ambito universitario dedicate proprio alla particolare vivacità musicale della nostra zona. Si potrebbe dire che era difficile incontrare qualcuno a Faenza che non suonasse o non conoscesse qualcuno coinvolto in un progetto musicale. Inoltre quella di cui parliamo è ancora un’epoca ancora largamente “analogica”, con le dimensioni mentali del “villaggio”: il world wide web è ancora agli albori, Mtv sta arrivando solo ora in maniera massiccia anche in Italia e se si era alla ricerca maniacale di un brano o un disco non si poteva scaricare il file in formato mp3 sul telefono, ma spesso occorreva percorrere diversi chilometri per trovare un negozio adeguatamente fornito. Oggi siamo costantemente connessi con la realtà globale, mentre all’epoca il contesto geografico era più ristretto e si viveva la condivisione di un’atmosfera densa ed accesa. Era il periodo di sdoganamento di una certa musica rock, del grunge, delle magliette delle band che più frequentemente di oggi si esibivano per le strade. È davvero difficile descrivere a parole quel mondo, così distante eppure al tempo stesso così vicino (sono passati appena vent’anni). La musica non era solo un “di più” o una colonna sonora delle proprie giornate. A quell’epoca dalla musica si pretendeva molto e si dava molto. Era incontrare persone, fare fatica fisica, mettersi in competizione anche, perché era qualcosa a cui tenevi fortemente. Personalmente penso fosse un periodo a suo modo speciale, e chi aveva circa vent’anni all’epoca naturalmente lo viveva in maniera ancora più avvincente. Tra l’altro nel tempo ho raccolto e conservato molto materiale, che spero di poter condividere in tempi non troppo lunghi, impegni permettendo. Sto infatti organizzando uno spazio web denominato La mia band suona il rock (www.lamiabandsuonailrock.it) con relativa pagina facebook proprio perché penso che chi ha vissuto quel periodo potrebbe avere piacere di ritrovare materiali che altrimenti riterrebbe smarriti per sempre.
– Attraverso Buonsenso@Faenza stiamo portando avanti un percorso di valorizzazione della memoria storica dei luoghi faentini. Quali erano per voi i luoghi fondamentali in cui vivere la musica a Faenza?
Il fatto che la musica “di base” fosse comunque un fenomeno in un certo senso “di massa”, nel senso che di gruppi ce n’erano parecchi, e che tra amici, curiosi e appassionati il pubblico non mancava, oltre al fiorire di iniziative che promuovevano l’organizzazione di eventi non solo nelle piazze ma anche nei locali, tutto questo ha fatto sì che in quel periodo in molti posti venissero proposti almeno settimanalmente degli appuntamenti dal vivo anche con gruppi della zona. Se poi dovessi indicare un locale in particolare che personalmente frequentavo, sicuramente citerei il Clan Destino, un luogo dove ci si poteva ritrovare a parlare di concerti, “pedalini” e progetti musicali, davanti a una buona birra, così come oggi si parla quotidianamente e ovunque di smartphone, Facebook e Youtube. Inoltre attraverso la sua programmazione si poteva assistere – cosa rara altrimenti – a concerti di gruppi provenienti dalle più disparate parti del mondo, dai gruppi più di nicchia fino a certi recuperi anni ’80 come i Doctor & the Medics. In alcuni casi nella programmazione venivano fatti rientrare anche alcuni gruppi locali che si “sbattevano” parecchio. Ad esempio coi Pussy Rat mi pare ci abbiamo suonato tre o quattro volte, e vedo che tutt’ora vengono valorizzate le realtà locali più valide. Poi per quanto riguarda i luoghi pubblici, sicuramente il cortile di Palazzo Laderchi era un luogo mitico, ma che forse per problemi di agibilità o capienza non era più praticabile. Una discoteca particolarmente in voga era il Rigolò, ad Alfonsine, dove si poteva ballare il rock commerciale nella pista principale e “pogare” il rock più duro al piano di sopra. Infine c’erano i vari negozi di strumenti musicali sparsi in giro per la Romagna, in cui si andava a caccia del “pedalino” particolare, della chitarra sognata o dell’occasione imperdibile, e dove capitava poi di scambiare informazioni tecniche e impressioni con altri appassionati.
– Come dicevi, quello musicale diviene un fenomeno analizzato anche dalla stampa locale di quegli anni. L’edizione del 1995 del Faenza Rock vedrà esibirsi oltre cinquanta gruppi. È da questo grande successo che è nata la necessità di coordinare, attraverso il Coordinamento Gruppi Musicali di Base (Cgmb) una realtà musicale in così grande fermento?
Esattamente. I gruppi e le serate andavano moltiplicandosi, e quindi era necessario formare un gruppo di lavoro più ampio, in grado di organizzare il tutto. All’inizio il Coordinamento dei gruppi serviva a canalizzare le esigenze delle varie band: ad esempio, la necessità di una sala prove, di uno spazio per concerti, l’organizzazione di un evento, e così via, per poi cercare di trovare una loro realizzazione. L’associazione Rumore di Fondo è arrivata successivamente, aprendosi a chiunque fosse appassionato di musica e desideroso di realizzare progetti culturali. In quel periodo iniziarono trasmissioni radiofoniche (Rumori di Fondo, su Radio Base), così come cominciò a prendere corpo l’idea di creare una “piazza” delle autoproduzioni, quella che sarebbe diventata la Festa delle Autoproduzioni, trasformatasi poi in MEI. L’ultima edizione della Festa delle Autoproduzioni era dedicata a un tema che negli anni era un vero proprio leit motiv tra le esigenze espresse dai gruppi musicali, quello di un centro musicale a Faenza. E difatti, di lì a breve sarebbe poi nata la Casa della Musica. Un bel risultato, dopo tanti sforzi. Tanto lavoro direi che ha portato dei risultati concreti!
Fine parte 1
Finisce qui la prima tappa del nostro percorso. Nella prossima puntata entreremo più nel vivo delle Feste delle Autoproduzioni, vero e proprio prequel di quello che diverrà poi il MEI… non perdetevi quindi il prossimo episodio di “Alle origini del MEI”!
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