Volevo nascondermi di Giorgio Diritti
Antonio Ligabue: il mistero di un artista non conforme, emotivamente e umanamente libero, un’anima tormentata che diventa un soggetto di grande interesse anche per il cinema. Di Antonio Ligabue non si parla mai abbastanza; sono tanti i nomi dei grandi artisti che vengono spesso citati nel mondo della pittura. Fra gli innumerevoli viene in mente Van Gogh, lo stesso che il regista Julian Schnabel e l’immenso Willem Dafoe riportarono in scena appena due anni fa con Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità. Qualche somiglianza al suddetto film, sia per costruzione del personaggio, sia per l’interpretazione sentita del suo protagonista, la ritroviamo anche in questo Volevo nascondermi, autentico gioiello italiano (ed emiliano-romagnolo) da poco uscito nelle sale dopo il brevissimo periodo di marzo, poco prima che la pandemia stoppasse ogni possibilità di vedere questo film.
A interpretare Ligabue è Elio Germano, miglior attore al Festival di Berlino

Il bolognese Giorgio Diritti riprende il personaggio che fu di Flavio Bucci nello storico sceneggiato Rai del 1977 e lo dà in pasto al grandissimo metodo e mimica di Elio Germano (che abbiamo già visto quest’anno con Favolacce in un’altra grandiosa performance). Con l’ausilio di un trucco che invecchia, imbruttisce, deforma il bel volto dell’attore, Germano diventa il fu Laccabue, assumendone la fisicità compromessa e la mentalità deviata.
Volevo nascondermi: il racconto di un grande artista emarginato dalla società
Sotto il peso della gobba, del rachitismo e del gozzo, Ligabue visse un’infanzia da recluso in Svizzera (anche a causa dei suoi frequenti scatti d’ira e della nascente malattia mentale), da cui fu espulso per giungere nell’Italia del post Grande Guerra, oberata dalla povertà. Qui iniziò a vagabondare per le campagne, consumato dalla fame e dal freddo dell’inverno. Fu solo quando lo scultore Renato Marino Mazzacurati lo trovò e gli diede asilo che Ligabue poté scoprire il suo talento per la pittura e il disegno. Non solo: Mazzacurati permise a Ligabue di coltivare la sua arte e iniziare a dipingere sulle tele. Da lì, il percorso fino alle prime mostre a Roma, dove fu giustamente riconosciuto come artista nazionale significativo.
L’approccio del regista Diritti è quello di scavare a fondo nella psicologia di un personaggio affascinante quanto enigmatico, a partire dall’espletazione delle sue emozioni. Sono poche le parole che Elio Germano borbotta nel corso della pellicola, imitando perfettamente la cadenza del Reggiano: la condizione di povertà e la vita difficile del pittore, unitamente ai disturbi psichici, lo resero per tanto tempo un emarginato della civiltà, al punto da sembrare quasi un primitivo. Ciò gli permise però di vivere l’arte con assoluta libertà e istinto, rendendo questa condizione un valore da sfruttare nelle sue produzioni.
La grande attenzione per la ricostruzione del contesto storico
Il regista cerca quindi di filmare questo, immergendosi nella natura delle campagne emiliane, dedicando attenzione a Ligabue e agli animali, che per lui furono fonte di ispirazione molto più dei beceri umani che lo maltrattarono a più riprese. Germano compie uno studio meticoloso sul personaggio ricreando le storiche pose a noi rimaste tramite alcune foto d’epoca (una su tutte: Ligabue che imita il ruggito della tigre) e lo riporta in vita con tutta la dignità possibile, mostrandone la tragicità, la forte ambiguità e soprattutto l’autenticità. Ma il film non si limita a questo: Diritti pone la massima attenzione al contesto storico e all’ambientazione di campagna, girando in dialetto emiliano e facendoci respirare l’odore dei casolari e delle aie. Interessanti anche le musiche, che cercano di elevare lo spirito dell’artista ad un livello ancora maggiore grazie alle tracce delicate e malinconiche della soundtrack. Con Volevo nascondermi, Elio Germano porta a casa l’Orso d’Argento per il miglior attore al Festival di Berlino: un riconoscimento assai meritato per una delle migliori interpretazioni degli ultimi anni.
Alessandro Leoni