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I sindaci di Faenza: la città rossa e Veniero Lombardi (1975-1981)

Crisi. Oggi è una parola che si sente spesso. In realtà il suo significato ha un’accezione neutra, perché vuole dire semplicemente “scelta, decisione”. Quando invece noi ascoltiamo nei telegiornali la parola crisi già pensiamo che giungeranno problemi, limitazioni, grandi difficoltà. Quindi un’accezione negativa del termine. Anche per gli anni di Elio Assirelli la crisi iniziò a mordere feroce: una prima battuta d’arresto nel 1964 aveva infatti messo in discussione il modello di sviluppo. Ma da lì a poco oltre, tutto sarebbe stato messo in discussione.

Il ’68 e la crisi della Democrazia Cristiana

1968: tutto il mondo è in fermento. Un’intera generazione, che ha costruito una propria identità basata sulla musica, la voglia di libertà in ogni momento della sua vita, inizia a mettere in crisi (cioè a giudicare) tutto e tutti. Sono i giovani, i baby boomer (nati cioè dopo il 1945) che giungono a maturare una propria coscienza collettiva e politica. E iniziò la contestazione.

Scrive Alberto Fuschini:

scoppiarono nell’autunno del 1968 in alcun istituti superiori, come il Liceo Scientifico, l’Istituto Tecnico commerciale e per Geometri, l’Iti, l’Istituto d’Arte e, solo successivamente, nel Licel Classico. Nell’inverno del 1968-1969 ebbe inizio anche nelle fabbriche faentine, in particolare all’Omsa e alla Cisa, il cosidetto “autunno caldo”. In quel periodo vennero infatti a scadenza i principali contratti collettivi di lavoro dell’industria e si sviluppò la protesta dei lavoratori in tutta Italia. […] Tuttavia il Sessantotto faentino è soprattutto frutto di una rottura profonda dentro la storica egemonia catolica. Rocco Cerrato fu uno degli esponenti più importanti del dissenso cattolico della Diocesi di Faenza. L’ultima domenica di marzo dle 1968, gruppi di giovani cattolici, raccolti intorno al giornalino “la Zerla”, distribuirono, davanti al Duomo, volantini che solidarizzavano con gli studenti univeristari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che avevano iniziato la contestazione fin dal novembre 1967 e criticavano la gestione autoritaria [degli organi accademici. […] Come ricorda Gabriele Bassani, dirigente dell’Azione Cattolica di allora e in seguito esponente del Pci, che faceva parte del Gruppo Giona, uno dei vari gruppi di giovani cattolici che si costituirono in quegli anni, come il Segno, di cui faceva parte Pietro Albonetti o come il Gruppo Quarto Mondo di don Otello Galassi, i giovani dell’Ac, che per la prima volta votavano nelle elezioni del 1968, diedero il loro voto a sinistra, la maggior parte al Psiup, molti per il PCI, pochi per il Psi e quasi nessuno per la Dc.

L’egemonia della Democrazia Cristiana a Faenza stava entrando in crisi: doveva cioè porre mano a delle scelte decisive per il suo futuro perché, da sinistra, si stavano riducendo le distanze. Era in atto un progetto diverso sulla città. Scrive infatti Pietro Baccarini: “l’incapacità della classe dirigente democristiana di giungere alla municipalizzazione dei servizi, la ricerca, a volte eccessiva, degli equilibri finanziari e di bilancio a fronte della spregiudicatezza delle amministrazioni di sinistra, avevano forse inceppato i meccanismi di crescita”.

Il consenso si stava spostando, sempre di più a sinistra. Elio Assirelli, non eletto al consiglio regionale, era stato riproposto come sindaco. Il 7 giugno 1970 la Dc si era attestata al 38%, seguita a ruota e staccata da pochi punti (a 33,4%) dal Pci, con un aumento rispetto a solo dieci anni prima di ben 8,4 punti percentuali. Per governare la città la Dc varò una giunta con Psi, e Partito Repubblicano. Una nuova crisi interna minò la stabilità dell’ultima giunta Assirelli: dando la possibilità al Movimento Sociale di usufruire della sala Dante della Biblioteca, il Psi e i partiti della sinistra alzarono le barricate. Il Psi uscì dalla giunta e rese traballante il governo della città. Nel frattempo Elio Assirelli venne eletto al posto del defunto Guglielmo Donati in Senato e fu sostituito quale primo cittadino da Angelo Gallegati. I socialisti, rientrarono nella nuova giunta. La Democrazia Cristiana continuò ad arrancare: alle elezioni provinciali del novembre 1973 il Pci le passò davanti; nel 1974 al referendum abrogativo sul divorzio il 66,28% dei votanti si espresse per il ‘No’, scelta opposto a quella indicata dalla Dc.

L’ascesa del Pci e di Veniero Lombardi

1970. Lombardi il giorno dell’insediamento del primo Consiglio Regionale

Infine, nel settembre del 1975, tutto cambiò. Il Pci fu incoronato dagli elettori primo partito con il 40,6% delle preferenze, mentre la Dc perse, rispetto a cinque anni prima, 2,5 punti percentuali.

Al centro di questa vittoria stava un uomo: Veniero Lombardi. Scrive Gabriele Albonetti:

nella figura di Veniero Lombardi, l’uomo che quella sera sarebbe stato eletto sindaco, si riversavano la fiducia, le aspettative, le storie di migliaia di uomini e donne che lo avevano accompagnato nella lunga cavalcata, durata 15 anni, verso la conquista del governo del Comune. Nelle foto di quella seduta, che ritraggono il pubblico in sala, si vedono, sotto gli altorilievi dei busti di eminenti figure di storia patria, le facce consumante dal sole di braccianti e mezzadri, i volti duri di tanti lavoratori delle fabbriche, a cominciare dall’Omsa che sta vivendo una delle sue crisi più profonde, i profili affilati e pensosi di insegnanti e intellettuali, e le facce vivaci e sorridenti di tanti giovani, di una generazione che da qualche anno è diventata protagonista della vita pubblica e d è venuta a rimpolpare le fila del Pci e della sinistra.

Veniero (fino al 1974 Veliero) Lombardi nacque in via Torretta il primo giorno dell’anno 1928. Al passaggio del fronte nel 1944 si arruolò nella 36 Bianconcini e, terminata la guerra, inizia a lavorare per la cooperativa di consumo prima a Casola, poi a Riolo e nel 1958 a Faenza. Nel 1960 entra in consiglio comunale, mentre nel 1964 viene eletto segretario comunale del Pci di Faenza. La prima svolta della sua vita arrivò nel 1970:

i collegi elettorali per le regionali sono di ambito provinciale e sono dunque le Federazioni provinciali dei partiti a comporre le liste, cercando di tenere conto dell’equilibrio territoriale e della forza relativa di ciascun partito nelle diverse zone. […] Il Pci, da parte sua, schiera un quintetto, prevedendo l’elezione dei primi tre, in cui la parte del leone la fanno i ravennati, esprimendo le prime tre candidature: Sergio Cavina (segretario regionale che poi sarà Presidente della Regione dal 76 per un anno e mezzo, un mandato concluso con la sua morte improvvisa e prematura), Angelo Pescarini (epistemologo e prestigioso insegnante di matematica, che poi sarà il primo assessore regionale alla Cultura) e Decimo Triossi (da poco eletto presidente della Provincia di Ravenna). Seguono in quarta posizione Veniero Lombardi e in quinta Lidia Milina (sindacalista della Cgil).

Come poi prosegue Albonetti, il dissenso interno portò Lombardi a superare Triossi: Faenza e le località periferiche avevano paura che un ulteriore ravennate confermasse l’egemonia del capoluogo non rappresentando le istanze, invece, della parte più a meridione della provincia. Tre ravennati erano troppi per gli elettori. Lombardi entrò in giunta regionale e viene eletto componente della commissione Agricoltura. Nel 1975, al termine del mandato dell’amministrazione Baccarini (che per alcuni mesi era subentrata a Gallegati) tutto è pronto per le elezioni. Lombardi è il candidato sindaco, seguono tutta una serie di consiglieri di varie estrazioni (solo per citarne alcuni, Cesare Bacchilega, Germano Savorani, ma anche i cattolici Pietro Albonetti ed Arturo Locatelli, gli intellettuali Franco Paris e Alessandro Montevecchi, i sindacalisti come Michele Magnani e Mario Marabini). Il 12 giugno la campagna elettorale è chiusa in piazza con un affollatissimo comizio che vede, sul palco, assieme, Veniero Lombardi e Nilde Iotti. La vittoria comunista toccò quota 40% delle preferenze: dopo un iniziale tentennamento dei socialisti ad accettare una giunta “di sinistra” con a capo Lombardi: Giorgio Boscherini venne nominato vicesindaco e assessore all’urbanistica ed edilizia privata. L’alleanza è pronta.

Trai suoi interventi: Peep Cappuccini, Graziola e la base per lo studio dei materiali avanzati

Nei primi tre anni del suo mandato, Lombardi si dedicò alla creazione di una variante del Piano Regolatore, di un Piano di recupero del centro storico, di un piano dei servizi e di piani di edilizia popolare e di investimenti produttivi. Nel luglio 1977 fu adottato il piano per il Peep Cappuccini, che prevedeva tipologie costruttive a condomini in linea e villette a schiera e poneva molta attenzione al rispetto di un elevato standard per servizi. Particolare impulso fu dato alla nascita di nuovi servizi sociali ed educativi, con in particolare l’apertura di tre asili nido, di cui Faenza era sprovvista. Gli impianti sportivi in zona Graziola erano sorti invece nel 1975, con la costruzione di due campi da calcio; dopo qualche tempo si aggiunse il campo per l’atletica leggera. Sempre nel 1975, in via Granarolo, si installò l’Istituto di Ricerche Tecnologiche per la Ceramica, emanazione del Cnr, dedicato allo studio sui materiali avanzati.

Ancora – continuando l’elenco proposto da Alberto Fuschini – la giunta guidata da Lombardi favorì la creazione dell’Isia, il restauro di Palazzo Milzetti e avviarono i lavori per la costruzione del Museo di Scienze Naturali. Non fu tutto oro: in quegli anni la crisi più dura per molte lavoratrici, quella dell’Omsa, fu seguita con attenzione da tutta l’amministrazione, e con l’acquisizione di Omsa da parte di Golden Lady trecento lavoratori furono riassunti dalla nuova società, duecentocinquanta furono invece ricollocati in altre realtà aziendali.

Alle elezioni del 1980 il Pci con Lombardi in testa raggiunse il 41,9%: una iniziale astensione del PSI, PSDI e PRI garantì per un anno la governabilità della città. Poi il Psi, forte del nuovo ruolo nazionale, iniziò a votare contro, e la giunta di Lombardi cadde. Tornato all’opposizione, nel 1985 poi sarà eletto nuovamente in consiglio regionale. La città ha voluto tributare a questo comunista “all’acqua di rose” il parco Punta degli Orti appena un anno fa, a sedici anni dalla sua scomparsa.

I sindaci di Faenza: un confronto con il nostro passato

A conclusione di questi quattro percorsi, che racchiudono molta parte della storia della città, è opportuno domandarsi: che senso ha riscoprire il contributo delle passate amministrazioni?

Se Cicerone ci dice che la storia è maestra di vita (e quindi da insegnamenti anche per il futuro), guardare al passato vuol dire confrontarsi con quanto è accaduto, nel bene e nel male, e capire quali risposte sono state date. Vuol dire anche comprendere il punto temporale in cui oggi ci troviamo. Significa anche cercare di leggere, con le chiavi di lettura giuste, il nostro presente e pensare un futuro dove i traumi del passato possono ritornare. I dissidi tra correnti politiche, l’antica lotta tra pareggio di bilancio e spinta espansiva, sono costanti che – questo lo direbbe Vico – tornano e ritornano storicamente.

Ai prossimi candidati sindaco allora dovremmo chiedere: chi saresti stato nel passato? Forse da questa risposta capiremo, nei prossimi cinque anni di mandato, quale strada sarà intrapresa.

Mattia Randi

Per saperne di più?

Gabriele Albonetti, L’acqua e le rose. Storia di Veniero Lombardi sindaco di Faenza … e anche un po’ di noi, Cesena, Il ponte vecchio, 2017

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