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SICARIO di Denis Villeneuve

Sicario: con un titolo del genere ti aspetteresti una pellicola piena di sparatorie, scene d’azione, inseguimenti e tanto sangue, un film che niente trasmette oltre allo sfrecciare delle pallottole. Di contro, con Sicario è possibile vedere allo stesso tempo un’opera artistica e metaforica che sa dare spunti di riflessione notevoli. Quello che non ci si aspetta, ma che innegabilmente si riscontra, è vedere un buon compromesso tra i due aspetti: Sicario è un film condito di sparatorie e azione, in cui tuttavia non manca l’autorialità e la capacità di riflessione quasi inaspettata. Il regista canadese Denis Villeneuve ha avuto l’occasione di fare marcia indietro rispetto al precedente Prisoners (inquietante thriller noir dalle implicazioni psicologiche molto forti), per seguire una strada che parallelamente lo ha condotto nella stessa direzione. Nonostante la velatura fornita dai tipici canoni del genere, alla fine la poetica feroce e spietata di Villeneuve esplode nuovamente.

Il deserto americano scosso dai proiettili e dai tanti dubbi

Emily Blunt è l'agente FBI Kate nel film
Emily Blunt è l’agente FBI Kate nel film

La trama è semplice: Kate, una giovane agente dell’FBI (Emily Blunt) viene arruolata per una missione alla frontiera USA/Messico, che prevede la cattura di un boss del narcotraffico per tentare di fermare la dilagante criminalità della zona. A Kate sono affiancati lo spietato comandante dell’operazione Matt (Josh Brolin), e il taciturno Alejandro (un incredibile Benicio Del Toro), il quale sembra nascondere un oscuro passato.
Fin da subito Kate nota le modalità poco ortodosse degli agenti nei confronti dei trafficanti e cerca disperatamente una salda motivazione che la spinga a non abbandonare la missione. Ma a lungo andare comprende che dove non esiste giustizia non può esistere pietà, né redenzione.
Forse per questo il regista insiste molto su panoramiche del deserto di frontiera: una distesa di sabbia e arbusti, talvolta interrotta da malsane cittadine lasciate a loro stesse, in cui frequentemente si può assistere a spettacoli di “fuochi artificiali”. Un luogo in cui feroci lupi sono liberi di scorrazzare e uccidere a sangue freddo. Persino la fotografia vira a quel giallo dorato tipico della sabbia dei deserti, ma mostra anche l’insorgere di violenti temporali e l’arrivo del crepuscolo, segnale d’inizio caccia per gli sciacalli.

Benicio Del Toro è il taciturno Alejandro che accompagna Kate nella sua missione
Benicio Del Toro è il taciturno Alejandro che accompagna Kate nella sua missione

La tensione è costruita ad hoc in un crescendo di violenza e uccisioni, nell’attesa di arrivare agli ultimi, sanguinari atti, che rimandano a capolavori del calibro di Scarface. Mentre tutto questo accade ci si domanda, insieme alla tormentata protagonista, dove esista il confine tra bene e male, che cosa sia giusto e cosa profondamente sbagliato. Ed è qui che sta la poetica di Villeneuve e la grande riflessione che pone: chi è il Sicario del titolo? È l’ uomo che sceglie di agire per vendetta personale? Quello che combatte pensando al fine per giustificare i mezzi? O è forse colui che rimane a guardare, comprendendo a che punto sia arrivato lo sfacelo umano e abbassando la testa, rendendosi colpevole anch’egli?
Non esiste una reale risposta perché nessuno può avere la coscienza pulita, non in quel desolato paesaggio di cui il film ci mostra la natura; i protagonisti sono, dunque, nuovamente “prigionieri” come nell’opera precedente del regista.

Il film, uscito nelle sale a settembre, sarà presto disponibile in home video.

Alessandro Leoni

IL TRAILER DEL FILM

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