I 10 migliori film del 2021 per Buonsenso Faenza
Per il mondo del cinema il 2021 è stato un anno di ripartenza. Dopo un pallido 2020 segnato dalla brusca presenza del Covid, che non ha lasciato scampo a buona parte delle attività artistiche, in quest’ultima annata il cinema ha cercato di risollevarsi dal polverone precedente. Tutto sommato ci è riuscito: le sale sono tornate a essere piene, i titoli offerti numerosi, soprattutto nel periodo autunnale, che ha visto un’impennata verticale rispetto ai primi timidi mesi. Il botto lo abbiamo avuto con Dune, di cui troverete un approfondimento più avanti, insieme ai cinecomics Marvel (e non solo) e al ritorno dei grandi autori, anche dovuto al ripristino dei consueti festival europei.
Da Cannes e Venezia sono così usciti numerosissimi lungometraggi degni di nota, molti dei quali li troverete naturalmente presenti in questa sorta di top ten (molto soggettiva come qualsiasi altra). Si è inoltre cercato di recuperare una grossa fetta dei film lasciati indietro e rimandati per ovvie ragioni: ciò ha portato ad un gran numero di pellicole proposte in un ristretto lasso di tempo. Ad oggi, pur con le necessarie restrizioni, il cinema è tornato per buona parte a respirare.
Parlando dei grandi esclusi che non troverete citati di seguito, si deve anzitutto applaudire il coraggio del cinema italiano nell’aver portato in sala due film come Freaks Out e Diabolik, pellicole fortemente legate al nostro paese ma che cercano di emulare, a modo loro, i grandi blockbuster americani. Un successo meritato e una speranza che si possa andare avanti in questo modo: più cinema di genere e meno commedie demenziali sarebbero indubbiamente un grande segnale per la nostra cultura.
Ottime anche pellicole come Old, thriller surrealista di Shyamalan che ha portato una ventata d’aria fresca durante l’estate; Sir Gawain e il Cavaliere Verde, visionario viaggio di Lowery nelle leggende medioevali dotato di una fotografia pazzesca e grande trattato sulla vigliaccheria (disponibile su Prime Video); ma anche il più recente Don’t Look Up, prodotto da Netflix, si staglia come attualissima riflessione sul potere dell’informazione e dei social, oltre che essere una gigantesca metafora di ciò che accade alla società nel corso di un disastro collettivo (che sia una pandemia o una cometa in orbita terrestre poco cambia).
Menzione d’onore per Il buco di Michelangelo Frammartino: opera anomala a metà tra il documentario e la fiction, in cui la macchina da presa scende in luoghi impensati per filmare l’Abisso del Bifurto, più di 600 metri di profondità in mezzo ai monti calabresi. Un cinema muto che non abbisogna di parole e in cui le persone sono minuscole in confronto alla grandiosità della natura; solo un pastore locale assume importanza perché fortemente connesso al luogo che, in un certo senso, rappresenta la sua stessa anima. Ma ci sono tante altre pellicole che meritano una visione. Come al solito, qui ne troverete solo dieci, ma il consiglio è sempre quello di guardarne il più possibile per poter arricchire il proprio bagaglio personale.
Buona lettura.
I 10 film del 2021
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Un altro giro di Thomas Vinterberg
Si comincia con una perla del Nord Europa. In Danimarca, quattro amici decidono di fare un esperimento: bere un certo quantitativo in modo da avere sempre un tasso alcolemico dello 0,05% per migliorare la qualità della propria vita. All’inizio tutto sembra funzionare alla grande, ma poi la situazione sfugge di mano quando si va ad aumentare la percentuale.
Di base, una commedia a sfondo drammatico che parla del raggiungimento di consapevolezze della mezza età, ma anche una riflessione sull’abuso di alcol che spesso viene perpetrato nei paesi scandinavi. Un Mads Mikkelsen monumentale e una speciale dedica da parte del regista, alla figlia scomparsa a causa di un incidente d’auto. Inevitabile inno alla vita con uno dei finali più gioiosi e ottimisti che si siano mai visti negli ultimi anni.
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Dune di Denis Villeneuve
Il romanzo di Frank Herbert torna in vita grazie alla visionaria capacità di Denis Villeneuve: il regista “dei miracoli”, che dopo aver riesumato Blade Runnerora ci porta tra le sabbie di Arrakis. Sebbene sia solo il tassello iniziale di una saga ben più grande, il mondo costruito da Villeneuve è convincente e sensazionale: le scenografie naturali, l’assenza di eccessiva CGI, la magniloquente colonna sonora di Zimmer e il cast in piena forma (con un Chalamet indovinato come Paul Atreides) restituiscono appieno la forma e la sostanza del complesso romanzo di fantascienza. “I sogni sono messaggi dal profondo”, ed in effetti è proprio nei sogni che il regista individua la particolarità di questa pellicola, inframmezzati appositamente per confondere e creare un continuo tra passato, presente e futuro. Il kolossal dell’anno, di grande forza evocativa.
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Drive my Car di Ryūsuke Hamaguchi
Si vola in Giappone con un autore nuovo, che trae il soggetto dai racconti di Murakami. Drive my Car è una delicata incursione nell’emotività distrutta di un uomo che ha perso la moglie. L’automobile, di colore rosso acceso nel grigio della mondanità, diventa uno spazio intimo, di confessioni profonde, di irrisolti traumi e di future aperture, nel momento in cui le chiavi vengono consegnate ad un’altra persona: un’autista, anch’ella vitalmente legata al volante e al sedile. Idealmente diviso in più atti come un’opera teatrale, la dolorosa rielaborazione di Yusuke si conclude nel silenzio e nella gestualità di chi non può (più) comunicare, in un susseguirsi di elegantissima messa in scena. Da vedere con la massima attenzione e predisposizione.
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Titane di Julia Ducournau
Indubbiamente il film più anarchico e audace dei dieci proposti. La vicenda dell’anti-eroina Alexia, sensuale ballerina dal corpo mutevole e segretamente legata al titanio delle automobili, è quanto di più assurdo sia passato al cinema negli ultimi periodi. Ad essa è intrecciata la vicenda del pompiere Vincent, padre disperatamente mancato.
Un film che attraversa i generi e gli stili, passando dal pulp di ispirazione Tarantiniana al noir post-moderno, arrivando al dramma familiare. Mettendo a nudo corpi, carne, metallo e facendo sgorgare olio da motori più del sangue, come in un’ideale opera di Cronenberg, la Ducournau riesce a parlare di tanti argomenti, ci confonde con l’aspetto androgino della sua iconica protagonista, presenta quasi un nuovo modo di fare cinema, ed infine individua il nucleo centrale del suo film nella famiglia e negli affetti. Un’opera difficile e non adatta a tutti, giustamente premiata con la Palma d’Oro al Festival di Cannes 2021.
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The Last Duel di Ridley Scott
Il ritorno in piena forma di Scott nel film in costume: The Last Duel racconta di un fatto di stupro avvenuto nella Francia medioevale e risolto con un duello, passato alla storia come “ultimo Duello di Dio”.
Scritto da Ben Affleck e Matt Damon (entrambi presenti come attori di punta insieme ad Adam Driver e ad una intensa Jodie Comer), la pellicola è delle più classiche grazie alla ricostruzione scenografica e al design di costumi e acconciature d’epoca, oltre che alla regia di ampio respiro. Tuttavia manca l’epica che caratterizza di norma questo genere di film: questo per via del tono che viene giustamente scelto per raccontare le gesta di (non) cavalieri. Matt Damon non è mai stato così rozzo e Driver non è il gentiluomo che sembra. Attingendo a piene mani dalla struttura di Rashomon del maestro Akira Kurosawa, Scott disordina la trama e propone tre differenti punti di vista, dando modo allo spettatore di riflettere sulle pieghe che può prendere la verità. Un film che pone la donna al centro dell’attenzione e la rende protagonista anche in un contesto retrogrado.
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Ultima notte a Soho di Edgar Wright
E se si vuole parlare di femminismo perché non tirare in ballo anche quest’ultima opera del geniale Edgar Wright, autore della cosiddetta trilogia del cornetto.
Eloise è una ragazza di campagna inglese che si trasferisce a Londra per studiare moda. Alla delusione delle giornate trascorse in mezzo a persone superficiali e snob, Eloise contrappone i sogni che si ritrova a fare di notte. Qui la ragazza si immerge in un’atmosfera retrò anni ‘60, e si identifica in un’affascinante e promettente diva di quel periodo: Sandie. In quel momento, continui cambi di ritmo e scenario irrompono per mescolare il sogno del passato al presente; lo specchio divide e confonde le due protagoniste, gli uomini le pedinano come ombre creando un’atmosfera noir di tensione continua. Tra l’omaggio ad un’altra epoca e la voglia di inscenare un giallo vecchio stampo di ispirazione italiana, Wright genera un film folgorante, dotato di grande ricerca musicale ed equilibrato nel parlare appunto di femminismo. Le due attrici principali sono eccezionali nei rispettivi ruoli.
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La scelta di Anne – L’Événement di Audrey Diwan
Crudo, soffocante, doloroso. In altre parole una discesa nei peggiori incubi di una donna: una gravidanza non voluta e tutte le conseguenze legali dell’aborto. Un film dai colori sgargianti ambientato anch’esso negli anni ’60, in netta contrapposizione con l’atmosfera di paranoia crescente che si viene a creare. La telecamera sta fissa sulla straordinaria protagonista e non la molla mai, lasciando ben poco tempo per un sospiro di sollievo. Inevitabile grido ai diritti delle donne e al loro affermarsi nella società, ma arrivare in fondo sarà tutt’altro che semplice: la straziante vicissitudine di Anne è delle più potenti mai viste al cinema inerenti questo difficile argomento ed è uno schiaffo secco per lo spettatore.
L’opera ha ottenuto il Leone d’Oro al Festival di Venezia 2021.
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È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino
L’Amarcord di Sorrentino: un film dai toni dolci e nostalgici che ripercorre l’adolescenza dell’autore in chiave autobiografica all’interno della bella Napoli. Il regista italiano inscena un riquadro di personaggi eccentrici e bizzarri ed una serie di situazioni divertenti che ci permettono di ridere di cuore per tutta la prima ora. Poi tutto cambia: la vita di Fabietto, alter-ego di Sorrentino, si fa pesante, la realtà scadente. All’improvviso Fabio vuole fuggire e ricerca nella finzione e nell’illusione del cinema uno scopo.
Un film che spiega una vita e una carriera, che ci fa riflettere sul perché l’essere umano si dedichi a questa bellissima arte. La “Mano di Dio” di Maradona è l’entità salvifica che in un certo senso guida le scelte del giovane Fabio, ma solo dentro di sé può trovare tutta la forza necessaria per cambiare.
“Nessuno inganna il proprio fallimento, e nessuno se ne va veramente da questa città”. Per Sorrentino, un ritorno alle origini cruciale per aprire il suo stesso cuore al pubblico. Il più bel film di quest’anno.
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Scompartimento n. 6 di Juho Kuhosmanen
C’è una grande solitudine e silenzio intorno ai personaggi di questo film, eppure nonostante il freddo (realmente avvertibile) dell’ambientazione, si percepisce calore umano. Pian piano ci si affeziona allo scompartimento n.6, così come ci si affeziona alla rude archeologa finlandese e allo sregolato ragazzo ubriacone. Le apparenze ingannano: il viaggio attraverso la Russia, delicatamente intimo e inaspettatamente dolce, sembra parare in una direzione che poi non viene intrapresa, mentre ciò che diamo per scontato è ribaltato, un po’ come accade nella realtà. Dove esattamente si stia andando non è chiaro: tutto appare distante e solo quando si condivide il viaggio con qualcuno si ritrova un vero scopo. Un altro gioiellino nordico e una sorpresa inattesa; un cinema quasi dimenticato che racconta senza rivelarsi pienamente, attraverso sensazioni e ammiccamenti tra i due imperfetti ma umanissimi protagonisti. Da scoprire.
10. West Side Story di Steven Spielberg
Il leggendario Steven Spielberg approda per la prima volta nella sua carriera al musical realizzando un personale desiderio: il remake di West Side Story, celebre opera da cui fu tratto un pluripremiato film esattamente sessant’anni fa. Realizza così un musical d’altri tempi, gioioso e vitale, ma anche emozionale ed intenso. Al traino vi sono un gruppo di cantanti/ballerini/attori eccezionali, splendenti coreografie che vanno a ricalcare le storiche, e una storia universale e potente derivata da Romeo e Giulietta ma calata in un contesto di non integrazione a New York, qui filmata a mo’ di cartolina d’epoca come in C’era una volta in America. La lotta tra bande alla “Guerrieri della Notte” porta la tensione alle stelle e distrugge qualsiasi fiore sbocciato nel selciato. Un classico che mantiene la sua forma senza modernizzarsi, come se non volesse spegnerne la magia, ma che può sfruttare l’avanguardia dei mezzi cinematografici attuali.
a cura di Alessandro Leoni