Sindaci di Faenza: la città bianca e l’amministrazione di Elio Assirelli (1956-1972)
L’ingresso dei cattolici in politica a Faenza fu sempre più evidente. Dopo l’amministrazione Marcucci, sostenuta ma di fatto ancora in mano al vecchio sistema, superato lo scoglio del primo conflitto mondiale, arrivò il via libera. Con 4.002 voti (e una legge che assegnava al primo partito 4/5 dei seggi in consiglio) vinse, nel 1919, la neonata formazione, il Partito Popolare Italiano, il quale raccoglieva l’appello lanciato da don Luigi Sturzo il 18 gennaio per superare il non expedit e lanciare una formazione si, confessionale, ma che “riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali – la famiglia, le classi, i Comuni – che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private”. In quel 1919, alle 10.15 del 9 novembre si insediò la prima giunta a guida Popolare: sebbene assente la maggioranza, con 28 voti su 31 venne eletto il conte Antonio Zucchini quale primo cittadino. Era iniziata l’epoca della l’isola bianca.
Il Fascismo e la guerra
L’esperienza fu interrotta dopo poco (appena quattro anni) quando una serie di commissari prefettizi sostituì i sindaci eletti e impose una fascistizzazione dell’ente comunale. Iniziava allora il momento più buio, da cui si uscì solo dopo una dura e atroce guerra e lotta di liberazione. Terminata la fase “emergenziale”, dove il governo militare alleato comandato dal capitano Francis P. Pallotti aveva posto sindaco Alfredo Morini, la vita politica tornò a rivivere i grandi scontri ideali degli anni dieci. Ma molto era cambiato: nel 1946 infatti il popolo aveva deciso che, da monarchia, l’Italia sarebbe divenuta una repubblica fondata sul lavoro e, nello stesso anno, anche le donne maggiorenni poterono esprimere il proprio voto.
Il Dopoguerra
Lo schieramento politico non era più, tuttavia, quello del 1919 quando vinse il Partito Popolare ed elesse Antonio Zucchini. Dopo una prima fase di unità nazionale, i cinque partiti che si erano uniti nel segno della lotta di resistenza, si presentavano ai vari impegni elettorali del dopoguerra. Scrive Luigi Lotti:
a Faenza i cinque partiti visibilmente e operativamente esistenti avevano il vantaggio di esponenti fortemente rappresentativi: il PCI poteva contare su una dirigenza nuova ma preparata nella lunga clandestinità, da Costante Pirazzini a Mario Vigna e a Gino Monti; il PSIUP, come allora si chiamò il nuovo PSI, sulla scia della memoria indelebile di Ugo Bubani scomparso nel 1941, aveva Alfredo Morini e Silvio Mantellini; il Partito d’Azione, che anche a Faenza era un autorevole movimento più di nuclei intellettuali che di larghe adesioni, era rappresentato da G. Armando Dejana, da Domenico Silvestrini e da Giovanni Cattani; il PRI era personificato da Giuseppe Billi, Bruno Nediani, Antonio Piani, Enrico Golfieri; la DC da Alberto Buda, Giuseppe Bertoni, Guglielmo Donati. Tutti e cinque i partiti erano di sicura proiezione repubblicana sul piano istituzionale, ma ovviamente avevano programmi diversi: il PCI e il PSIUP puntavano a un’attuazione anche in Italia del socialismo; anche se nel secondo era già palese la differenza fra i fautori del modello sovietico – come tutto il PCICI – quelli che volevano unire il socialismo e la democrazia; il Partito d’Azione puntava a un forte rinnovamento della società nella democrazia, il PRI all’attuazione della repubblica come affermazione piena della sovranità popolare, preliminare a ogni ulteriore avanzamento; la DC puntava a un’Italia rinnovata nella democrazia e nella valorizzazione dei principi cristiani.
Nella locale amministrazione, dal 1946 le forze del PSI, del PCI e del PRI riuscirono a fare gruppo attorno alla figura di Alfredo Morini. Questa compagine tuttavia, fu presto riflesso di quanto accadde a livello nazionale, poiché con la scissione tra PSI (guidato da Nenni) e PSLI (da Giuseppe Saragat) la maggioranza di Morini vacillò, poiché gli elementi della giunta più “centristi” si erano spostati in minoranza, creando così alcuni problemi di stabilità governativa.
Alle elezioni amministrative del 1951 cambiò completamente questo equilibrio e la mosca tornò ad essere bianca, anzi bianchissima. Scrive infatti Pietro Baccarini:
le amministrative del 1951 e del 1952 decretarono a livello nazionale una forte retrocessione democristiana rispetto alle politiche del 1948 (dal 48,5% al 35,1%); ma a Faenza la perdita fu molto contenuta e la D.C. passò al 44,9% delle politiche del 1948 al 43,9% delle attuali amministrative. Le sinistre registrarono una lieve ripresa (il Fronte insieme ai socialisti autonomisti si attestò nel 1948 sul 41,2% contro il 42% delle attuali elezioni), ma non sufficiente a mantenere la direzione del Comune, mentre i repubblicani segnarono una lieve perdita (dal 11,9% al 11%).
L’amministrazione Pietro Baldi: con lui inaugurati sei nuovi edifici scolastici e ricostruita la Torre dell’orologio
Alle elezioni amministrative del 1951 venne eletto Pietro Baldi. Scrive a tal proposito Alberto Fuschini:
la scelta democristiana di puntare su Pietro Baldi, esponente degli agrari, per la carica di sindaco non fu da tutti condivisa, perché ritenuta ancora una volta troppo segnata dagli interessi dei grandi possidenti terrieri. La candidatura di Baldi prevalse nel partito, perché Antonio Zucchini rinunciò, preferendo essere candidato al Consiglio provinciale, insieme a Guglielmo Donati, e per il sostegno che lo stesso Baldi aveva negli ambienti moderati faentini. Nel corso del suo mandato, la Giunta guidata da Baldi fu attiva soprattutto nel settore dei lavori pubblici, attenta alla disoccupazione e alla carenza di case per i senzatetto. Nel 1955 giunsero a compimento importanti opere pubbliche: venne ultimata la ricostruzione della Torre dell’orologio, venne aperta la stazione delle autocorriere in viale delle Ceramiche, furono inaugurati sei nuovi edifici scolastici (Pergola, San Pier Laguna, Albereto, San Giovannino, San Biagio e via Marini) che si aggiunsero a quelli già realizzati a Celle e Tebano. Furono, inoltre, promosse opere di urbanizzazione come strade, fognature e acquedotto […] nella zona di via Romualdi e via Marozza, per un totale di cento appartamenti, e un intero quartiere tra l’ex foro Boario e la ferrovia, prolungando via Laghi con le strade parallele e traverse.
Elio Assirelli: per 17 anni consecutivi sindaco di Faenza
Questo lungo preambolo serve per introdurre il sindaco più longevo (ben diciassette anni consecutivi, dal ’56 al ’72) della storia del comune di Faenza, Elio Assirelli.
Riflesso della politica nazionale, la tendenza moderata incarnata dagli anziani Zucchini, Buda e Reggidori, che aveva come riferimento proprio Alcide De Gasperi, entrò presto in crisi. Nel 1954 era infatti eletto segretario Amintore Fanfani, il quale iniziò quel processo di avvicinamento al mondo della sinistra: a Faenza, per le elezioni del 1956 lo stesso aretino era presente a inaugurare il monumento alla memoria di Giuseppe Donati, e diede precisi ordini perché la lotta anticomunista (combattuta nel 1948) venisse attenuata, limitando come afferma lo stesso Fuschini il ruolo dei comitati civici (che da lì a poco scomparvero). Una vera e propria frattura rischiò di mettere in crisi l’intera Democrazia Cristiana: dalla sezione “Donati” i giovani l’11 giugno 1956 chiesero un cambiamento della giunta per impostare un nuovo percorso. Fu lo stesso Baldi, come afferma Pietro Baccarini, a indicare il giovane trentatreenne Elio Assirelli.

L’esperienza di partigiano cattolico
Nato il 7 marzo 1923, dopo avere frequentato il biennio di ragioneria, dovette andare a lavorare poiché il padre si era gravemente infortunato. Durante il secondo conflitto mondiale fu arruolato nel 1942 e inviato alla scuola radiotelegrafisti di Roma. Tornato in città l’8 settembre, sebbene vincitore di un concorso alla conservatoria dei registri immobiliari di Ravenna, si diede alla clandestinità poiché temeva di essere inviato in Germania per sostenere lo sforzo bellico germanico. Da partigiano cattolico, svolse vari compiti di collegamento tra Italo Cingolani (che lo aveva agganciato e presentato a Zaccagnini e Baldassarri) e Silvio Corbari. Al termine del conflitto, entrato nella CGIL (quando ancora era unitaria), fu tra i fondatori della CISL nel 1949 dopo la marcia di Milana, e nel 1951 fu eletto segretario del sindacato “bianco”.
Una ruolo fondamentale nella storia di Faenza

In forza di quel rinnovamento richiesto dalla parte giovanile e cittadina alla vita politica della Democrazia Cristiana, Assirelli assunse l’incarico. È davvero riduttivo elencare le opere che, nella sua legislatura, si sono portate a termine: recentemente la circonvallazione (un progetto concepito e terminato durante il suo mandato) è stata a lui intitolata (fu completato nel 1968), ma non furono solo i suoi mandati caratterizzati da opere pubbliche. Scrive infatti Pietro Baccarini a più riprese che favorì l’agricoltura “di qualità” rispetto a una forte industrializzazione che mangiava terreni alle coltivazioni, anche con lo sviluppo e l’incentivazione dell’azienda comunale di Tebano. Durante la sua amministrazione molte aziende crebbero nella città e trovarono nel Comune dialogo sulle esigenze produttive. Inoltre egli completò la ricostruzione dei tre poli della cultura faentina, ovvero il Museo Internazionale della Ceramica, la Pinacoteca e la Biblioteca. Sotto la sua legislazione rinacque il Palio del Niballo e si iniziò un ragionamento per la costruzione di un’unione (si parlava nel 1968 di comprensorio), forte dei movimenti demografici che dai comuni delle vallate del Senio e del Lamone spingevano sulla città di Faenza. Infine il 20 marzo 1968 l’Assemblea Consultiva del Consiglio d’Europa attribuì a Faenza il “Premio Europa”, prima città non capoluogo degna di fregiarsi di questo titolo.
L’avanzata del Pci e l’esperienza in Senato
La crisi che tuttavia colpì la Democrazia Cristiana si ripercosse anche sul sindaco Assirelli. Il tentativo di virare verso il centrosinistra e la costante crescita del Partito Comunista fece mettere in discussione la stessa Balena Bianca. Inoltre una nuova sfida lo aspettava: il 7 maggio 1972 infatti fu eletto al Senato e per due legislature sedette a Palazzo Madama ricoprendo vari incarichi. Al suo posto, quale primo cittadino, il 6 marzo 1972 subentrò Vittorio Monti. E se la Democrazia Cristiana aveva tenuto in mano il governo della città, presto il vento cambiò. Ma anche questa è un’altra storia.
Mattia Randi
Per saperne di più:
Gabriele Albonetti (a cura di), Storia di Faenza. Dalla preistoria all’anno duemila, Cesena, Il ponte vecchio, 2018
Pietro Baccarini, Elio Assirelli fra impegno morale e servizio civile, 1923-2009, Faenza, Edit Faenza, 2018
Pietro Baccarini, La Democrazia cristiana di Faenza, 1943-1975. Microstoria di una grande stori, Faenza, Edit Faenza, 2006
Alessandro Montevecchi (a cura di), Faenza nel Novecento, vol. I, Faenza, Edit Faenza, 2003