QUINT – Maledetti italiani
MALEDETTI ITALIANI
“Per l’Italia non vedo futuro
per gli italiani ne vedo uno brillante”
(Indro Montanelli)
“Maledetti Italiani” è un videoclip, non una canzone in senso stretto.
L’autore è il cantautore siciliano Colapesce, pseudonimo di Lorenzo Urciullo (1983) e vincitore della Targa Tenco del 2012 come “migliore opera prima”. Un artista giovane, vero, ma comunque già sufficientemente affermato. Torniamo però ora al videoclip oggetto di questo editoriale.
Senza il supporto delle immagini la canzone non è particolarmente significativa, né a livello di musica né di testo.
La musica, in particolare, riprende le stesse sonorità dei cantautori della tradizione italiana, tanto che la canzone, ascoltata via radio, potrebbe piacere tranquillamente anche ai nostri nonni, alla generazione che per prima ha cominciato a conoscere la canzone d’autore impegnata negli anni ’60.
A dare veramente Senso a questo prodotto culturale è il videoclip, ossia l’interazione che si viene a creare tra musica/voce/immagini che scorrono. Nel video un bambino particolarmente paffuto si trova, come fosse una sorta di giustiziere, a strappare e distruggere le foto di molti degli italiani che hanno fatto la storia del nostro paese, nel bene e nel male. Da Fazio a Montanelli, da Craxi a Benigni, passando tra Balotelli e Barbara d’Urso, tutte le loro foto finiscono bruciate in un apocalittico falò finale.
Strumenti tecnologici nuovi, musica vecchia.
Non è solo un problema di estetica. Dalla fine degli anni ‘90 sembra che la musica Pop (nel senso “popular”) si sia fermata in uno stato di “eterno presente”. Siamo sempre fermi a quei quattro o cinque idoli che continuano a giocare a fare i giovani. Siamo sempre fermi a “urlare contro il cielo” o a giocare a fare una “vita spericolata”. Se una volta una generazione si faceva vanto dei propri idoli (che nascevano in netto contrasto con i precedenti, fossero i Beatles, Celentano, i Led Zeppelin o i Nirvana), oggi quel tipo di musica non sembra più in grado di fare sognare alle nuove generazioni qualcosa di diverso.
Il sospetto è che in mezzo a tutte le tecnologie in cui siamo immersi un videoclip ci dia solo l’illusione di vedere qualcosa di nuovo mentre in realtà siamo sempre fermi lì, al “bar di Mario” di certe notti emiliane. E quando la musica si ferma allora sì, come scriveva Montanelli: “per l’Italia non vedo futuro”.
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