San Benedetto in Alpe, luogo dantesco

L’articolo di Massimo Ragazzini che segue è stato pubblicato su “Annali Romagna 2020”, supplemento al numero 99 di Libro Aperto, rivista di cultura diretta da Antonio Patuelli edita a Ravenna.

I luoghi danteschi, Firenze e Ravenna principalmente, si stanno da tempo preparando per organizzare convegni e manifestazioni per il 2021, il settecentesimo anniversario della morte del poeta. San Benedetto in Alpe, conosciuto per i versi della Divina Commedia sulla cascata dell’Acquacheta, non potrà mancare all’appuntamento del 2021. Dante soggiornò molti anni in Romagna, dopo che la sua città lo aveva esiliato nel 1302, e morì a Ravenna nel 1321. La sua vita è quindi trascorsa prevalentemente tra Toscana e Romagna.

L’importanza della Romagna nella Commedia 

Scrive Giovanni Pascoli che la Romagna “offerse, dopo la Toscana, il maggior contributo di nomi e di fatti al divino poeta”. Secondo Pascoli, la durata di questo soggiorno ha come conseguenza l’ipotesi, peraltro criticata da molti dantisti, che non soltanto l’ultima cantica, il Paradiso, ma gran parte della Commedia sia stata ispirata e scritta in Romagna. Il poeta di San Mauro sostiene la sua tesi con un’argomentazione non priva di logica: “Nel Convivio, della Romagna, non è, si può dire menzione … Nel libro di eloquenza, si parla come degli altri volgari, anche del romagnolo; … ma non si ragiona al certo di quel vernacolo più particolare di chi ci vivesse in mezzo, e non ragionasse per sentita dire”.

Nella Commedia la Romagna occupa invece una parte essenziale, il che dimostra quale e quanta conoscenza Dante avesse acquisito dei luoghi, delle famiglie e degli uomini di quella regione. Vi si trovano ricordati, come osserva anche Corrado Ricci, tutte le città e i castelli di una certa importanza, come Forlì, Ravenna, Cesena, Rimini, Faenza, Bagnacavallo, Bertinoro, Castrocaro, Cervia, Marcabò, San Leo, Verrucchio, Cunio; così i fiumi principali come il Reno, il Rubicone, il Santerno, il Lamone, l’Acquacheta/Montone, il Savio; e le famiglie nobili degli Anastasi, dei Traversari, dei Manfredi, dei Malatesta, dei Paulucci de’ Calboli, dei da Polenta, degli Ordelaffi, dei Pagani, degli Onesti, di alcune delle quali descrive gli stemmi e le imprese. Vi si trova inoltre il ricordo di Guido del Duca, di Pietro Traversari, di Pier Damiano, di Pietro degli Onesti, di Guido e di Giovanna da Montefeltro, di Arrigo Mainardi, di Ranieri e Fulcieri de’ Calboli, di Ugolino de’ Fantoli, di Federico Tignoso, di Lizio di Valbona e di tanti altri.

Principalmente da questo fatto, messo a confronto con “la nessuna o scarsissima menzione e conoscenza della Romagna nelle opere anteriori”, Pascoli deduce che Dante “la Comedia la scrisse, per gran parte, quando viveva in Romagna”.

La cascata dell’Acquacheta nel canto XVI dell’Inferno

Quale che sia il luogo dove ha scritto i celebri versi dell’Inferno (che prima evocano e poi descrivono la cascata dell’Acquacheta), una presenza di Dante a San Benedetto è verosimile, in quanto avvalorata dalla puntuale descrizione del luogo e dalla sua ubicazione sulla strada che da San Godenzo conduceva in Romagna. Probabilmente il transito avvenne dopo la condanna all’esilio comminatagli nel marzo 1302. L’osservazione del paesaggio rappresentato da Dante fa pensare che il poeta abbia visto la cascata quando il torrente era gonfio, quindi dopo le piogge che l’avevano accresciuto in potenza fino a farlo ‘spaventoso’ (forse nell’autunno – inverno; il che verrebbe del tutto a coincidere con l’arrivo di Dante a Forlì presso la corte di Scarpetta degli Ordelaffi, tra la fine del 1302 e i primi dell’anno seguente).

Il poeta, sul ciglio della “ripa discoscesa” che conduce in Malebolge (Inf. XVI 94-105), paragona il fragore dello scroscio dell’acqua della “caduta” dell’Acquacheta alla rumorosa e assordante cascata del Flegetonte, fiume che separa il settimo dall’ottavo cerchio dell’inferno:

 

Come quel fiume c’ha proprio cammino

prima da Monte Veso inver levante,

dalla sinistra costa d’Apennino,

che si chiama Acquacheta suso, avante

che si divalli giù nel basso letto,

e a Forlì di quel nome è vacante,

rimbomba là sovra San Benedetto

dell’Alpe per cadere ad una scesa

ove dovria per mille esser recetto;

così, giù d’una ripa discoscesa,

trovammo risonar quell’acqua tinta,

sì che ‘n poc’ora avria l’orecchia offesa.

Il passo era risultato oscuro e di non facile comprensione a parecchi esegeti e chiosatori anche “per una conoscenza approssimativa dei luoghi ivi citati”. Il verso 102 in particolare (ove dovria per mille esser recetto) è stato oggetto di molteplici ipotesi di lettura, a cominciare dai più antichi commentatori dell’opera di Dante.

La cascata dell’Acquacheta, oggi. (tratto da www.terredidante.it)

 

San Benedetto in Alpe: numerosi convegni danteschi

Il confine tra il toscano comune di San Godenzo e il romagnolo comune di Portico e San Benedetto non segue la linea naturale del crinale, ma taglia la cascata lungo la linea di tracimazione. Si può ipotizzare che questa particolarità abbia origine dall’antico confine medievale tra le proprietà dell’Abbazia di San Godenzo e quelle dell’Abbazia di San Benedetto in Alpe. L’Acquacheta, collocata fra le due terre dove è trascorsa la maggior parte della vita del poeta, può quindi essere considerata luogo emblematico del percorso di Dante. Ed è per questa ragione che a San Benedetto in Alpe sono frequenti i convegni e le manifestazioni sul poeta. La più recente fu nel dicembre 2016, quando un folto pubblico partecipò allo spettacolo dantesco con l’attore Ivano Marescotti, preceduto dal saluto istituzionale del sindaco di Portico e San Benedetto e da una presentazione del programma di valorizzazione dell’Abbazia benedettina. Ebbe molto successo anche il convegno promosso dall’Amministrazione comunale nel novembre 2015 con l’intervento di noti studiosi e critici letterari, fra i quali Pantaleo Palmieri e Quinto Cappelli, per ricordare il settecentocinquantesimo anniversario della nascita del poeta. Alcuni anni prima, nell’ottobre del 2005, si svolse una “Giornata di studi” sull’alta valle del Montone indetta dalla Deputazione di storia patria per le province di Romagna. Lo studio presentato in quella sede dallo storico della letteratura Marco Veglia ebbe come tema l’analisi critica delle diverse interpretazioni date nel corso dei secoli ai versi dell’Inferno sull’Acquacheta.

Tra gli eventi celebrativi del secolo scorso, il più significativo per il numero di partecipanti fu il “raduno dantesco” all’Acquacheta del settembre 1934, organizzato dal commissario prefettizio di Portico e San Benedetto Gilberto Bernabei, sindaco di Modigliana dal 1956 al 1990 e presidente dell’Accademia degli Incamminati. C’è quindi più di un valido motivo perché le istituzioni e le associazioni culturali nel 2021 tornino a celebrare Dante anche a San Benedetto in Alpe.

Massimo Ragazzini

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