Povertà in Emilia-Romagna 2018: numeri in calo, ma non si è ancora al livello pre-crisi
Emilia-Romagna: i numeri di coloro che chiedono aiuto perché versano in condizione di povertà sono in calo, ma si concentrano sempre di più in alcune fasce deboli della popolazione come gli uomini over 50 senza lavoro e i richiedenti asilo, mentre diminuisce il numero degli immigrati. È questa la fotografia presentata venerdì 16 novembre 2018 nel nuovo rapporto sulle povertà “Coraggio, alzati!” che presentava i dati Caritas raccolti dai Centri di ascolto diocesani del territorio emiliano-romagnolo.
Emilia-Romagna: 65mila persone in povertà assoluta (3,3%)
Sono oltre 64.300 le persone aiutate dalle Caritas diocesane e parrocchiali presenti su tutto il territorio regionale dell’Emilia-Romagna, di questi circa 20mila minori. I dati confermano la situazione fotografata dai dati ufficiali Istat che dichiarano il rischio di povertà ed esclusione sociale in regione al 16,1% nel 2016 (dal 13,3% del 2007) e affermano che la povertà assoluta si attesta al 3,3%, pari a circa 65mila individui. Numeri virtuosi se confrontati ad altre regioni italiane (basti pensare che l’incidenza della povertà per la Calabria è del 35,3%).
Diminuisce il numero degli immigrati
Si registra una diminuzione delle persone incontrate – andamento che si sta confermando anche nel 2018 – passando da 17.120 nel 2015 a 14.633 nel 2017. La prima motivazione di questa diminuzione è da attribuire al calo degli immigrati incontrati (da oltre 11.300 nel 2015 a poco più di 9.800 nel 2017): diversi si sono spostati in altre città di Europa, altri sono tornati in patria, altri non sono proprio arrivati sul suolo italiano (considerando la diminuzione dell’80% degli arrivi). Un’altra causa della diminuzione è da attribuire al propagarsi di azioni e progetti nuovi messi in atto sia dalle Caritas diocesane che da quelle parrocchiali: aumenti dei Centri di Ascolto nelle parrocchie e zone pastorali, nascita di Empori solidali per fare la spesa, nuovi progetti per inserimenti lavorativi. Altra motivazione è da attribuire alla implementazione di alcune misure di sostegno al reddito, come Sia, Rei e Res che hanno fatto sì che le persone o famiglie si rivolgessero direttamente ai Servizi sociali. Infine un altro dato che può aver influito è quello relativo al rialzo dell’occupazione (secondo i dati Prometeia l’Emilia-Romagna è la prima regione in Italia, nel 2018, a registrare un aumento dell’1,9% del Pil).
Fasce a rischio povertà: uomini tra i 50 e i 60 anni
Il secondo dato desta invece degli interrogativi. La percentuale degli italiani resta stabile al 31%, ma si registra un aumento di uomini che hanno un’età compresa tra i 50 e i 60 anni che faticano a trovare un’occupazione e sono ancora lontani dalla pensione; spesso vivono in solitudine perché hanno visto fallire i propri rapporti coniugali o perché sono deceduti i genitori; diversi sono finiti a vivere in strada, anche perché l’Emilia-Romagna è tra le regioni con gli affitti più alti di Italia. «È indubbiamente urgente – si legge nel rapporto – pensare a progetti specifici per loro al fine di favorirne il re-inserimento lavorativo e per garantire un sostegno morale e psicologico adeguato. Diverse Caritas della regione hanno creato Fondi per il Lavoro o progetti specifici per l’orientamento e l’inserimento lavorativo, ma non bastano. Queste ripartenze sono possibili attivando la comunità e reti diffuse di prossimità oltre che azioni di sistema».
Richiedenti asilo: “Necessario un percorso che porti a integrarli, il rischio è che vengano assorbiti dalla malavita”
Un altro dato allarmante è l’aumento di richiedenti asilo: sono il 30,2% di tutti gli immigrati incontrati dalle Caritas diocesane nel 2017. Molti hanno già il Permesso di Soggiorno e sanno anche parlare e capire discretamente l’italiano perché hanno fatto i progetti di accoglienza, altri invece sono sprovvisti dei documenti e non sono mai riusciti ad essere inseriti in determinati progetti, perché arrivati autonomamente. Diverse Caritas si sono attivate con progetti specifici coinvolgendo parrocchie, zone pastorali, privati cittadini, attraverso il progetto Sprar, pro-tetto/rifugiato a casa mia, progetti che, fatti su piccoli nuclei, con rapporti individuali e corsi di formazione specifici, sono riusciti ad essere efficaci per diversi ragazzi. «Ora – si legge nel rapporto – se le nuove manovre di Governo impoveriranno i percorsi integrativi, il rischio è che sempre più migranti finiscano in strada e vengano intercettati dalla malavita, sfruttati da persone che cercano manodopera a basso costo o che li usino per racket e prostituzione».