“Insegnami nel modo in cui io imparo”: alla scoperta del centro Pigreco Faenza
“Se non imparo nel modo in cui tu insegni, insegnami nel modo in cui io imparo”. Questa frase del dr. Harry Chasty, psicologo dell’educazione inglese, ha sollevato da qualche anno il dibattito tra chi si occupa di didattica sull’esigenza di rinnovare le proprie strategie. Chasty pensava ai ragazzi con difficoltà di apprendimento quando scrisse “Children with Specials Needs” (1997), ma il discorso sembra valido per tutti. Di certo così la pensano i ragazzi del gruppo Pigreco Apprendimento, un’associazione che si occupa di offrire un supporto educativo extrascolastico ai ragazzi dalle elementari alle superiori.
Abbiamo incontrato la vicepresidente e socia fondatrice Laura Emiliani, che ci ha raccontato la realtà di questo centro.
Intervista a Laura Emiliani
Quando nasce questo centro e di che cosa si occupa?
Pigreco apprendimento è un’associazione di promozione sociale che nasce quattro anni fa a Faenza con lo scopo di mettere insieme i ragazzi che avessero bisogno di un supporto educativo extrascolastico. Contiamo circa 350 soci e abbiamo 50 volontari italiani o europei (del programma erasmus plus), 20 tutor con contratto. Una parte dei nostri servizi è gratuita e una parte invece legata alle “ripetizioni” a pagamento, ma cerchiamo di essere flessibili laddove ci siano difficoltà economiche. Attualmente la vita associativa è in stallo a causa del covid, quindi la nostra aula studio, uno spazio in cui i ragazzi possono fare i compiti avendo a disposizione dei tutor in caso di bisogno, è purtroppo momentaneamente vuota. Solitamente organizziamo anche eventi e corsi di formazione gratuiti per i vari soci perché siamo specializzati in tecniche di studio. Cerchiamo di stare al passo con le proposte avanzate anche da altri paesi europei sulla creazione di una didattica più attiva.
Cosa intendete per didattica più attiva?
Mi riferisco a una didattica in cui il ragazzo sia parte integrante della lezione. Penso a metodi come quello della flip classroom, in cui ogni ragazzo spiega alla classe un argomento. Sono metodi che aiutano gli studenti con qualche difficoltà nell’apprendimento, come la dislessia o la discalculia, ma abbiamo notato che rendono più stimolante l’apprendimento anche per i ragazzi che non hanno queste problematiche. Ecco perché insistiamo sulla formazione dei nostri tutor in disturbi specifici dell’apprendimento.
Quali problemi avete riscontrato in questo periodo difficile?
I problemi sono tanti, sia dal punto di vista sociale che strettamente didattico. Purtroppo molti dei nostri studenti hanno lasciato la scuola, altri non frequentano le lezioni a distanza da tempo. Alcuni hanno anche il terrore di contrarre il virus e di infettare i compagni di classe e rischiare di essere guardati male dagli altri per questo. Dal punto di vista dell’apprendimento è una tragedia. La didattica a distanza è molto passiva e molto formale. Notiamo che pochi professori riescono ad adeguare le lezioni online a un approccio il più possibile attivo. Di certo in una situazione già molto difficile la continua incertezza sui tempi e le modalità di rientro in classe non aiuta a progettare strategie più idonee. Questo ce lo confermano anche alcuni dei nostri tutor che sono anche insegnanti.
Per concludere, che definizione può dare questa associazione del concetto di “educazione” e che cosa si aspetta dalla scuola di domani?
L’educazione deve essere divertente e appassionante. La si rende tale dando a tutti gli studenti i giusti mezzi e i giusti strumenti. Noi crediamo che ogni ragazzo possa divertirsi imparando e per farlo deve scoprire la propria strategia. Per questo dalla scuola di domani ci aspettiamo che sia più attenta alle esigenze dei singoli ragazzi e che li ascolti di più, che li renda più partecipi.
Per la rubrica “Per chi suona la campanella…” a cura di M. Letizia Di Deco