Il 18 marzo 1997 Padre Daniele Badiali veniva ucciso in Perù
Il 16 marzo del 1997, padre Daniele Badiali, prete missionario faentino, celebrava la messa domenicale a San Luis e a Pomallucay, in Perù, per poi recarsi a Yauya, per l’ultima celebrazione della giornata. Attorno alle 22.00, di ritorno verso San Luis, trovò la strada improvvisamente bloccata da alcune pietre. Padre Daniele non era solo, a bordo della jeep c’erano altre sei persone, fra cui Rosamaria, una missionaria italiana che stava prestando servizio in Perù, proprio come Padre Daniele. Pochi secondi, compare un bandito armato che cerca un italiano in ostaggio. Rosamaria scende dall’auto. Padre Daniele la ferma, scostandola e pronunciando una delle frasi che più è stata trasmessa e utilizzata per raccontare l’esperienza del prete faentino: “Vado io, tu rimani“.La jeep riparte, incitata dai banditi, che non risparmiano colpi di pistola in aria. Il corpo di Daniele viene ritrovato il 18 marzo in località Acorma, luogo poco distante da San Luis, in una scarpata piena di pietre, avvolto in un telo di nylon azzurro, con le mani legate dietro la schiena, ucciso da un colpo di pistola alla nuca. Per saperne di più, tutta la sua storia è stata raccolta in alcuni testi pubblicati o anche in questo sito dedicato.
Oggi, mercoledì 18 marzo 2020, ricorre il 23° anniversario della morte del prete faentino, divenuto, per tutti i cittadini – credenti e non – un testimone di coraggio, altruismo e umiltà. Padre Daniele è caro ai faentini per la semplicità tramite la quale ha messo a disposizione la sua vita, salvando quella di un altro. Niente di eccessivamente complesso, se non un atto spontaneo, avvenuto senza troppo pensare, verso un prossimo che condivideva la sua auto. (Chi scrive, crede che siano gli atti fatti “senza pensare” che definiscano realmente l’identità di un persona).
L’attaccamento della cittadinanza fu dimostrato non solo dalla veglia alla salma avvenuta lungo tutta la notte del 23 marzo, giorno in cui fu riportata in Italia, ma anche dalla straordinaria partecipazione di persone al suo funerale, nella cattedrale di Faenza, il 24 marzo 1997. Oggi, Padre Daniele è celebrato, innanzitutto, tramite le sue canzoni: un testamento musicale della sua esperienza di missionario che ha lasciato in eredità a tutte le generazioni di faentini e non solo.
Basteranno le sue canzoni per non dimenticarlo? Non possiamo saperlo con precisione, ma ciò che è nostro potere è continuare a riportare la sua storia ai più giovani, ai nostri figli e nipoti: raccontare di come un ragazzino della campagna faentina, nato e cresciuto a Ronco, sia divenuto un testimone “dei due mondi”, il Perù e l’Italia, e che riesce a scaldare ancora il cuore a chiunque ascolti le sue canzoni e i suoi testi. Di nota, alcuni anni fa è stato avviato il processo di beatificazione e, nel 2014 si è conclusa la fase diocesana con la consegna dei documenti in Vaticano (per chiunque volesse contribuire può trovare a questo link le indicazioni).
Oggi, in questo isolamento obbligato, viviamo una situazione al limite del surreale in cui dobbiamo modificare le nostre abitudini: non poter toccarsi, sacrificare uscite con amici, rinunciare alla “birretta” al pub e alla corsa al parco. Oggi, forse, abbiamo l’occasione di sentirci un po’ più vicini a Padre Daniele; l’opportunità di ricordare, fra una canzone e una sua lettera, questo nostro concittadino andandone fieri; e, magari per i più devoti, chiedergli un’aiuto per il periodo difficile che stiamo vivendo.
Francesco Ghini