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Midsommar di Ari Aster

Reduce da una tragedia familiare che ha sconvolto la sua vita, la giovane Dani decide di partire con il fidanzato Chris e gli amici di lui per la Svezia, dove la comitiva intende trascorrere nove giorni all’interno di una misteriosa comunità che ogni 90 anni celebra un bizzarro festival di “mezza estate”. Midsommar – Il villaggio dei dannati è la seconda opera del regista Ari Aster, dopo Hereditary – Le radici del male (2018). Ancora una volta centro della vicenda è la famiglia e il senso di perdita, cui segue la difficile elaborazione del lutto.

Aster decide di raccontarlo da un altro punto di vista: invece che scavare all’interno della famiglia della protagonista (particolarmente descritta solo nel prologo), devia verso un’intera setta di origine pagana, dove l’unione e il senso di empatia collettivo sembrano molto più forti dei legami esterni. Tuttavia il culto di Hårga si rivelerà tutt’altro che idilliaco e diverrà un incubo per molti dei ragazzi americani giunti su invito.

Ari Aster si conferma regista di spessore: l’estetica del film è il suo punto di forza

Midsommar è la conferma che porta Aster tra i migliori cineasti dell’horror contemporaneo. La sua regia ispirata consente di creare delle splendide composizioni e di far salire di livello la sua padronanza artistica, già espressa in buona parte nel suo precedente film, dove un innegabile talento si fondeva con grandi potenzialità alle idee portate in scena. Qui Aster riesce a dare il meglio di sé e a maturare ancora maggiormente dal punto di vista tecnico. La messa in scena e l’estetica del film sono forse il punto forte di tutto: regnano colori sgargianti e luminosi (il verde dei prati, l’azzurro del cielo e il bianco delle vesti in particolare) e il luogo dell’azione è un autentico paradiso terrestre. Inoltre, per via del sole di mezzanotte il buio cala raramente; una risorsa che permette al regista di sperimentare un horror diurno calato in un contesto che parrebbe agli antipodi di una classica ambientazione di terrore. Grande accuratezza nei dettagli viene riservata per le scenografie, i costumi e la ricostruzione del linguaggio runico, di cui non viene data una precisa spiegazione ma che fa da cornice a tutto il “viaggio” dei protagonisti.

Un atipico film horror dalle tante chiavi di lettura

Anche nella colonna sonora c’è grande sperimentazione: si passa dai flauti ai cori folk dell’ambientazione nordica ad alcune tracce elettroniche, utili a creare un’aura di misticismo, fino al più classico uso di strumenti orchestrali per i momenti più intensi. Il film è permeato di una continua e pulsante tensione che non lascia mai respirare lo spettatore. Nel momento in cui tutto sembra rilassarsi immediatamente si viene scrollati brutalmente e la paura, il disgusto e l’orrore puro fuoriescono in pochi istanti. Sviluppato come un’immersione in una cultura appositamente ideata per il film, come un saggio sulle usanze, sui rituali e sulle credenze degli Hårga, Midsommar non è solo un grandioso (anche se atipico) film horror disturbante, ma anche un dramma a sfondo familiare e amoroso, dove una coppia in crisi affronta la normalità di una separazione e lo fa in un contesto alieno, attraverso l’esasperazione di un culto estremista ed anarchico. La graduale follia procede nei minuti e si insinua all’interno del gruppo, portando la protagonista Dani ad un’evoluzione inaspettata che la lega sempre di più alle credenze del luogo.

Midsommar: un horror d’avanguardia

Aster fa un interessante studio sulla visione della vita come un riciclo, come un susseguirsi di stagioni esattamente come la natura, ma lo trasporta in un piano di terrore e pericolo costanti generando un prodotto rivoluzionario, audace e non convenzionale, dal finale spiazzante e crudele. Un film pensato non per tutti, dalla lunga durata e dal ritmo irregolare (si passa dall’estrema lentezza allo scatto fulmineo); un horror d’avanguardia che ricerca prima di tutto la novità. In attesa dell’edizione home video che conterrà una director’s cut di oltre 30 minuti aggiuntivi.

Alessandro Leoni

Alessandro Leoni

Sono nato a Faenza nel 1993. Mi sono diplomato presso l’istituto tecnico agrario “G. Scarabelli” a Imola, e al momento studio Tecnologie Alimentari presso l’Università di Bologna – Sede di Cesena. Sono attore nella compagnia teatrale “Amici dell’Europa” da circa una decina d’anni nell’ambito prosa; ho fatto esperienza anche nell’operetta e nel musical collaborando, tra gli altri, con la “Compagnia del Cancello”. Nel tempo libero mi interesso di cinema, di cui sono molto appassionato, e pratico kung fu.

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