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Memorie di un assassino di Bong Joon-ho

Chi è Bong Joon-ho? Il regista premio Oscar per il pluripremiato Parasite è il primo sudcoreano a vincere sia la prestigiosa statuetta sia la Palma d’Oro a Cannes. Ad oggi Bong è anche il più famoso cineasta a livello internazionale proveniente dalla Corea del Sud, con all’attivo appena un pugno di film di cui due prodotti in collaborazione con gli Usa (Snowpiercer e Okja, quest’ultimo co-prodotto con Netflix). La sua prima opera di spessore, dopo un brillante esordio nella commedia drammatica Barking Dogs Never Bite, risale al 2003. Si tratta di Memorie di un assassino (Memories of Murder), grandioso successo in madrepatria tanto da posizionarsi sul podio dei maggiori incassi di quell’anno.

Il primo film del regista vincitore dell’Oscar con Parasite

Noir rurale, dal taglio freddo e sporco, narra la vicenda legata a un misterioso ed inafferrabile serial killer, realmente esistito in Corea del Sud, che sconvolse la polizia locale e gli abitanti di uno sperduto paese di campagna. Bong si insinua nelle profondità della sua Corea e disegna un intreccio lineare e chiaro negli intenti, per poi veicolare un messaggio socio-politico forte e tipico della sua filmografia, il quale per buona parte sovrasta la malvagità dell’omicida e finisce col macchiare anche i protagonisti.

Alla caccia di un misterioso assassino

Il film inizia con un’immagine calda: un bambino del luogo immerso negli sconfinati campi di riso illuminati da un sole dorato è intento a catturare una cavalletta, quando sente arrivare la polizia, giunta per indagare sul misterioso omicidio ai danni di una giovane donna. Il corpo viene ritrovato dal detective Park (interpretato da Song Kang-ho, attore protagonista anche in Parasite) al di sotto del canale di scolo del campo: per la polizia inizia una caccia molto simile a quella del bambino con la cavalletta, dato che il colpevole fugge come un insetto senza lasciare traccia da ogni luogo del delitto.

Due poliziotti a confronto, e un contesto sociale in rivolta

I personaggi del film di Bong Joon-ho sono i classici poliziotti di periferia, con il detective Park, eterno sconfitto e in cerca di una verità a cui sfugge continuamente, e il suo collega fraterno Cho, irascibile e violento, sempre pronto a pestare chiunque pur di estorcere informazioni. Bong mette in scena una serie di “freaks” dal bizzarro profilo, tracciando una mappatura sociale inconfondibile del suo cinema: i poliziotti, non in grado di tenere testa ad un criminale invisibile, perdono il lume della ragione e finiscono con l’essere accusati dai civili di comportamenti dispotici. I sospettati, presi letteralmente dalla strada, sono lo specchio di un paese segnato dalla crisi sociale, culminata storicamente con la rivolta popolare di Gwangju negli anni ’80, periodo in cui viene ambientata la pellicola.

Un film che mostra già tutta la bravura e tecnica di Bong Joon-ho

Ad affiancare le indagini di Park viene chiamato il detective Seo, proveniente dalla capitale Seul. Seo, a differenza di Park, è un uomo rigoroso ed esperto, attento ai dettagli e ben più razionale, mentre Park si affida alla superstizione e all’istinto, compagni dell’incertezza che lo muove durante tutto il caso. La loro rivalità è al centro della vicenda e diviene un pretesto per mettere nuovamente a confronto il borghese e il proletario. Ma l’assassino è un arduo nemico di entrambi e, nel suo essere impalpabile e quasi inesistente, si rende l’unico in grado di pareggiare i conti ed equilibrare le disparità. Il film presenta una messa in scena di notevole fattura, grazie alle tante idee del suo autore, che inquadra una campagna grigia e piovosa, fotografia perfetta per un thriller amaro come questo. Il finale meraviglioso resta impresso per la sua perfezione visiva e il suo carico di emozioni, con un tunnel immerso nel buio a fare da sfondo agli ultimi drammatici eventi ed una circolarità che riporta alle scene d’apertura, lasciando un senso di profondo disagio nello spettatore, che non può che immedesimarsi completamente nel protagonista. Straordinario capolavoro del cinema sudcoreano, Memorie di un assassino è stato da poco riproposto nelle sale italiane. Consigliato a chiunque volesse avvicinarsi ai film dell’estremo oriente, spesso non facilmente reperibili ma meritevoli di attenzione.

Alessandro Leoni

Sono nato a Faenza nel 1993. Mi sono diplomato presso l’istituto tecnico agrario “G. Scarabelli” a Imola, e al momento studio Tecnologie Alimentari presso l’Università di Bologna – Sede di Cesena. Sono attore nella compagnia teatrale “Amici dell’Europa” da circa una decina d’anni nell’ambito prosa; ho fatto esperienza anche nell’operetta e nel musical collaborando, tra gli altri, con la “Compagnia del Cancello”. Nel tempo libero mi interesso di cinema, di cui sono molto appassionato, e pratico kung fu.

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