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Al Masini la Prima nazionale dello Stabat Mater di Maria Paiato

Una sorta di Madonna dei bassifondi, turpiloquiante e bestemmiatrice, la Maria Croce, protagonista di Stabat Mater, ragazza madre, ex-prostituta, ma neanche troppo ex, ora stralunata straccivendola cui l’autore impone, similmente agli altri personaggi dei suoi quattro atti profani, un’irrefrenabile e farneticante logorrea, un’incontinenza verbale comicamente oscena, fatta di martellanti interiezioni e ripetizioni, tipiche di chi vuole riaffermarsi ri-dicendo e non riesce più a parlare se non stra-parlando. Direi che è proprio il linguaggio o, meglio, questa sua singolare rottamazione, una delle ossessioni e cifre stilistiche di Antonio Tarantino (che è poi stata la fascinazione primaria nel voler mettere in scena questo testo). Sarà il Teatro Masini di Faenza a ospitare la “Prima Nazionale” di Stabat Mater, uno spettacolo di Antonio Tarantino, interpretato dalla grande Maria Paiato e diretto da Giuseppe Marini. Sipario domenica 11 febbraio 2018 alle ore 21.

La lingua come mezzo espressivo per raccontare l’emarginazione

È il linguaggio di quella marginalità suburbana, dannata, condannata e dimenticata dalla storia. È la lingua degli ultimi, dei reietti, degli emarginati, degli scarti e detriti della cosiddetta modernità, che non possiedono neanche più una lingua propria (dunque una propria identità) e approdano a una strana, musicalissima e teatralissima pastura linguistica, dove si mescolano il proprio dialetto d’origine (Maria Croce è un’immigrata da un Sud Italia non ben identificato) col dialetto, gli intercalari e le abitudini gergali di una Torino periferica e degradata che Tarantino sa “dipingere” (pittore, prima di diventare drammaturgo) molto bene. Una lingua d’accatto, dunque, presa in prestito e fatta propria, come nel caso della nostra protagonista, piena di irresistibili storpiature, strafalcioni, ictus verbali e infettata dal slogan pubblicitari e televisivi. Una lingua che tragicamente non è più quella d’origine e non è neanche più quella dove si sta tentando di vivere la propria dolorosa esistenza.

Una sorta di città-bordello in cui si svolge il racconto

La parola in Tarantino, soprattutto in Stabat Mater, si fa fisica, estremamente corporea, cruda, viscerale, primordiale, rottamata, sporca e oscena, teatrale e antiteatrale al tempo stesso, e l’organo fonatorio della protagonista diventa ulteriore orifizio per deiettare rabbiosamente (la rabbia e il rancore sono i generatori della comica e disperata vitalità di Maria) il suo turpiloquio verso un ambiente ostile e avverso, dominato dall’ossessione per il sesso, soprattutto quello maschile, e la promiscua fornicazione, vista o immaginata in ogni angolo di strada, in una sorta di città-bordello dove l’altro e gli altri sono tutti pericolosamente o cuppi o puttane; oltre all’approdo razzista nell’inevitabile guerra tra disperati che vede Maria proferire invettive scurrili contro i marocchini e il loro membro fuori misura. Il marocchino diventa dunque il nemico da combattere e da cacciare – pretesto e simulacro di altre ben più profonde ferite e rancori – da una presunta civiltà di cui si illude di far parte, ma dalla quale è continuamente respinta.

Stabat Mater sabato 11 febbraio al Masini di Faenza

Il teatro di Tarantino necessita di attori fuoriclasse, impegnati come sono a rendere carne e sangue e tradurre in ricercata concretezza e semplicità una scrittura così impervia e funambolica, volutamente priva di punteggiatura e didascalie. Quegli attori speciali che ti fanno ridere mentre stai piangendo, e viceversa. Interprete d’eccezione di questa edizione di Stabat Mater è Maria Paiato. Il nostro percorso di registi, di registi che amano gli attori, preciso, cosa tutt’altro che scontata, ci regala a volte questi doni-incontri che hanno, senza che lo si voglia e quasi senza accorgersene, il potere di favorire un ripensamento profondo del proprio mestiere, dove a un pronto e funzionale apparato di indicazioni che accendano e facciano funzionare l’interprete va unita l’amorevole e paziente lavoro di attesa attiva a che il Miracolo del Teatro (visto che parliamo di una laica riscrittura della Madonna) accada.

Giuseppe Marini

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