Lino Guanciale al Masini: “Tutti abbiamo bisogno del teatro”
Dal classico di Elio Petri del 1971 al Teatro Masini di Faenza. Dal 4 al 6 aprile 2019 il teatro manfredo ospiterà lo spettacolo ”La classe operaia va in paradiso”, regia di Claudio Longhi e con protagonista l’attore Lino Guanciale.
Lino Guanciale nasce ad Avezzano nel 1979 e si diploma alla scuola d’arte drammatica Silvio d’Amico di Roma nel 2003, vincendo il premio Gassmann come miglior allievo. Da quel momento, lavora con i grandi nomi del palcoscenico italiano: Gigi Proietti, Franco Branciaroli, Luca Ronconi, Walter Le Moli, Massimo Popolizio, Claudio Longhi, Michele Placido fino a sbarcare nel cinema e in tv, conseguendo un grande successo sul piccolo schermo con “Che Dio ci aiuti”, “L’Allieva” e “La Porta Rossa”.
Nonostante le numerose apparizioni in film e fiction, Lino Guanciale non ha mai abbandonato il teatro. Con lui abbiamo discusso del perché è necessario portare sulle scene il tema del lavoro e delle classi sociali; ci ha raccontato dei progetti formativi che svolge nelle scuole e di come questo lo aiuti a crescere continuamente come attore. Il tutto intriso di una componente imprescindibile per Lino Guanciale: la sua passione genuina, incontrollabile e contagiosa per il teatro.
La classe operaia va in paradiso è fare teatro politico, ovvero portare temi sociali di fronte a una “polis”: il pubblico
Nel quaderno di scena dello spettacolo scrivi che La classe operaia va in paradiso è un episodio di teatro politico. Che cosa significa, oggi, fare Teatro Politico?
E’ Gian Maria Volontè che imparenta l’orizzonte di questa idea: il teatro è sempre politico, perché c’è sempre una persona che si esprime di fronte ad una “polis”. Che sia solo intrattenimento o portare in scena temi fondativi, il gesto politico dell’esporsi davanti ad un pubblico avviene sempre. Fare teatro politico significa credere in un teatro partecipato e comunitario. Sulla scena siamo di fronte ad una comunità: il messaggio che mandi, che sia d’impegno o di disimpegno ha sempre un’azione politica e il pubblico ha la libertà di scelta rispetto quali contenuti portare a casa.
Quindi nello stile del teatro d’opinione?
No, non è un teatro d’opinione. Questo teatro è costruito, elaborato e progettato. Per noi non è mai andare in scena e basta, infatti con i ragazzi del cast e insieme ad Emilia Romagna Teatri (ERT) facciamo un grosso lavoro anche sul territorio. Nella tournee de La classe operaia va in paradiso abbiamo incontrato vari giovani tra Bologna e Modena. Nelle scuole, per esempio, andiamo a fare una chiacchierata con le classi, ci portiamo i testi di Nanni Balestrini da leggere loro e con loro. Discutiamo insieme dei temi di quel tempo. Ascoltiamo le loro domande e quello che hanno da dirci e poi, ovvio, li invitiamo a teatro.
E ai giovani è piaciuto lo spettacolo?
La reazione del pubblico più giovane è stata la cosa più sorprendente! Sono molti coloro che ci hanno detto “avete raccontato la mia storia”. Da un lato questo mi rattrista, dall’altro sono felice che il teatro vada incontro alla gente per parlargli e faccia “corpo a corpo” con la contemporaneità. Io credo che da una cosa come il palcoscenico possa nascere un cambiamento per quei ragazzi.
La classe operaia va in paradiso parla ai lavoratori del nostro tempo: ieri come oggi patiamo tutti l’alienazione della società dei consumi
La classe operaia va in paradiso, sceneggiato sulla falsa riga del film di Elio Petri del 1971, tratta il tema del lavoro e delle classi sociali. Come affrontare, nel 2019, uno spettacolo di questo genere?
Questo spettacolo narra l’iperaccelerazione della società dei costumi, un tempo questa era la croce dei proletari, ma il concetto è valido ancora oggi. Nel 1971 il film fu profondamente osteggiato perché semplicemente non rispettava l’iconografia classica dell’operaio del tempo. Infatti, Petri, scelse di rappresentare un operaio pieno di difetti e di nevrosi, caratteristiche che la sinistra di quegli anni ammetteva potessero essere solo dei borghesi. La verità è che l’alienazione narrata da Petri e che anche noi raccontiamo, la stiamo patendo tutti. Oggi questa è un’alienazione equilibrata che si traduce nella costante paura di perdere cose che la società ci impone come fondamentali.
Sembra una situazione terribile?
(ndr, ride) Non è uno spettacolo pessimista, anzi: oggettiva il momento in cui i problemi arrivano ad un punto di accelerazione tale da stimolare la ricerca di soluzioni. In sintesi è la storia di uno schiavo della società che non sa come liberarsi, ma inizia a comprendere le domande per farlo.
Lino Guanciale: “Diventare Lulù Massa è stato un percorso di autocoscienza e autoterapia”
Ne “La classe operaia va in paradiso” interpreti Lulù Massa, un operaio alienato dalla sua vita lavorativa, come hai costruito il personaggio?
Sono ovviamente partito dal film di Elio Petri e, un attimo dopo, dalla mia stessa storia: al momento io stesso sono ridotto a una dimensione di “solo lavoro”. Quindi, diventare Lulù è stato per me un percorso di autocoscienza e autoterapia. Ho fatto quello che spesso è necessario fare con i grandi personaggi del teatro shakespeariano, ad esempio Amleto: sai che tanti attori prima di te lo hanno fatto, ma poi tu devi prendere le tue scelte e staccarti da quell’immagine. Anche Lulù aveva già una sua chiara interpretazione nella storia. Per quel che mi riguarda, ho cercato di mettere in scena un Lulù entusiasta di seguire il padrone. Più orgoglioso di essere un crumiro, più feroce e cattivo nel confronto dei “terroni” coi quali lavora. Ho voluto rendere il personaggio più straziante, come quando scopre la sua fallibilità per un taglio sul dito che lo infortuna. Ciò vuole richiamare ancora la situazione in cui si trova “la classe operaia” di oggi, che è pero aggravata dalla mancanza di una comunità che ti aiuti.
Quindi possiamo ancora parlare di classe operaia?
La classe operaria va in paradiso è un classico dove il lessico è anacronistica. Oggi fa comodo non utilizzare più questi termini, non parlare di “coscienza di classe” o, appunto, “classe operaia”, perché parallelamente si è smesso anche di discuterne. Ha vinto, lessicalmente, l’altro fronte che, capendo per prima la lezione marxista, ne ha fatto piazza pulita. Lo spettacolo serve inoltre a far comprendere che se anche abbiamo smesso di discutere di questi temi, la dicotomia fra sfruttato e sfruttatore è tuttora presente.
Lino Guanciale: “Nel cinema e in TV devi creare una finzione. Nel teatro se non sei vero non puoi costruire il vero”
Venendo alla tua esperienza come attore, in questo momento sei impegnato in teatro, col cinema e varie fiction. Qual è il comune denominatore di queste esperienze?
Il comune denominatore è ovviamente la recitazione. Solo che mentre al cinema e in TV devi essere bravo a “fare finta”, in teatro devi essere vero. Davanti alla macchina da presa costruisci una finzione verosimile e lo strumento ti ruba tutto. Per di più, non hai nessuno che ti ascolti e quindi reciti per lo strumento. Al contrario se a teatro non sei vero non puoi costruire il vero. Io sono un attore teatrale che si è messo a fare anche TV e cinema perché mi interessava fare esperienze diverse. All’inizio pensavo di alternare questi tre mondi come molti altri colleghi, poi il giocattolo è esploso. Ben venga però la fama se serve a costruire interesse attorno a contenuti importanti che porto in teatro: tanta gente mi vede in TV e poi casca nella rete di temi più complessi. Perché in TV non devono lavorare attori teatrali con una formazione solida e strutturata? In altri paesi europei questo è normale; gli attori “ponte”, come me, è bene che ci siano anche qui in Italia.
L’interpretazione di Lulù Massa ti è valsa la vittoria sia del Premio ANCT che del Premio Ubu come miglior attore protagonista, quel è il segreto di una buona performance?
Mi chiedo di formarmi continuamente, perché, come quando ho iniziato a fare l’attore, l’unico modo per costruire un rapporto con il pubblico è relazionarsi con lui, concetto che è poi alla base del teatro brechtiano. Un attore cresce e impara girando le città, incontrando gli studenti delle scuole e ascoltando le persone e non tanto per assecondare bassi istinti, ma per costruire una relazione vera. Oggi, il teatro vive un buco generazionale, vi è zona grigia di chi non frequenta minimamente questo luogo ed è quindi opportuno cercare fuori dalle mura del palcoscenico. Se i ragazzi delle scuole o i giovani di un gruppo cittadino incontrano un attore popolare, questo crea un effetto shock che può portare le persone a riprogettare la loro partecipazione. Lavoriamo oggi per costruire domani una sala viva e interessata al teatro. Anche perché tutti abbiamo bisogno del teatro anche se non lo sappiamo e farlo, anche una sola volta nella vita, può cambiare la nostra storia.
Francesco Ghini
Ph.Giuseppe Distefano
La classe operaia va in paradiso – Liberamente tratto dal film di Elio Petri
di PAOLO DI PAOLO e con Lino Guanciale, Donatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Diana Manea, Eugenio Papalia, Franca Penone, Simone Tangolo, Filippo Zattini
Regia di CLAUDIO LONGHI
Una produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione – Teatro Nazionale
Calendario spettacoli
INCONTRO CON GLI ARTISTI: venerdì 5 aprile alle ore 18
presso Ridotto del Teatro Masini (Piazza Nenni, 2).
L’ingresso all’Incontro con gli Artisti è gratuito.