https://cdn.hu-manity.co/hu-banner.min.js

“L’importanza di chiamarsi Ernesto”, il classico di Wilde al Masini

Venerdì 22, sabato 23 e domenica 24 marzo alle ore 21 il Teatro dell’Elfo porta sulla scena del Teatro Masini di Faenza L’importanza di chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde con Elena Ghiaurov, Elena Russo Arman, Matteo De Mojana, Nicola Stravalaci, Giuseppe Lanino, Riccardo Buffonini, Cinzia Spanò, Camilla Violante Scheller. Regia, scene e costumi di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia. L’allestimento dell’Elfo ha scelto di presentare il nome del titolo barrato per evidenziare la virtuale impossibilità di una corretta traduzione dell’originale The Importance of Being Ernest; i traduttori ci hanno provato con Ernesto, Franco, Onesto, Probo senza mai risultare convincenti. E già nel titolo, quindi, si riscontra il tratto distintivo del lavoro, un’ironia caustica e brillante che svela la falsa coscienza di una società che mette il denaro e una rigidissima divisione in classi al centro della propria morale. Gli interpreti della pièce saranno protagonisti del consueto Incontro con gli Artisti che si terrà sabato 23 marzo alle ore 18 presso il Ridotto del Teatro Masini (l’ingresso all’incontro è gratuito).

Il teatro di Oscar Wilde che mette in crisi un’intera società

L’indagine attorno alla vita e alle opere di Oscar Wilde che Ferdinando Bruni e Francesco Frongia conducono da alcuni anni li ha portati nel 2017 ad affrontare la più famosa commedia del grande autore irlandese. Dopo Salomé, Il fantasma di Canterville e Atti osceni–I tre processi di Oscar Wilde, L’importanza di chiamarsi Ernesto ha regalato ai due registi e alla compagnia un nuovo successo. «Questa “commedia frivola per gente seria” – spiegano gli autori – col suo titolo che sfida i traduttori, è l’esempio più bello di come Wilde, attraverso l’uso di un’ironia caustica e brillante, sveli la falsa coscienza di una società che mette il denaro e una rigidissima divisione in classi al centro della propria morale. Il rovesciamento paradossale del senso è l’espediente più usato dall’autore che ci appare così, a una prima lettura, come un precursore del teatro dell’assurdo, mentre in realtà è impegnato a “smontare” con sorridente ferocia i luoghi comuni su cui si fonda ogni solida società borghese. “Quel che Dio ha diviso, l’uomo non cerchi di riunire”. “L’antico e tradizionale rispetto dei vecchi per i giovani è morto e sepolto”. “Sono convinta che il campo d’azione di un uomo debbano essere le mura domestiche. Ogni qualvolta un uomo comincia a trascurare i suoi doveri casalinghi, diventa penosamente effeminato”. E via così, rovesciando frasi fatte e portando scompiglio nell’ordinato repertorio della saggezza popolare».

“Oscar Wilde ha inventato un linguaggio unico”

Un’irriverenza che non è mai fine a se stessa, ma che indossa senza vergogna la maschera dell’umorismo e della farsa. E se si potrebbe venir tentati di leggere The Importance of Being Earnest come una scrittura in codice che strizza l’occhio all’ambiente omosessuale dell’epoca e ai suoi sottintesi e sottotesti, molto presto ci si rende conto che, ben più genialmente, Wilde inventa un linguaggio inedito che pone le basi dell’umorismo queer, un umorismo che, attraverso l’epoca d’oro della commedia hollywoodiana, è arrivato fino a noi, anche attraverso popolari serie televisive, senza perdere in freschezza e causticità. Restituire questa allegra cattiveria richiede – proseguono Bruni e Frongia – una mano registica leggera e complice. Il palcoscenico diventa così un foglio bianco su cui far risaltare i “colori” dei personaggi in un gioco che prende in prestito ai cartoon e all’immaginario pop la capacità di sintesi e di leggerezza e lascia campo libero ai funambolismi verbali, alle vertigini di una logica ribaltata che a volte sembra ispirarsi al mondo alla rovescia del nostro amato Lewis Carroll».

Nello spettacolo di Bruni e Frongia, Elena Ghiaurov veste i panni di Lady Bracknell, Giuseppe Lanino quelli di John Worthing e Riccardo Buffonini quelli di Algernon Moncrieff; Elena Russo Arman è Gwendolen e Camilla Violante Scheller la giovanissima Cecily, Matteo De Mojana veste la tonaca del reverendo Chasuble, Cinzia Spanò è la governante Miss Prism e Nicola Stravalaci il maggiordomo e il cameriere.

Samuele Marchi

Giornalista, sono nato a Faenza e dopo la laurea in Lettere all’Università di Bologna frequento il master in 'Sviluppo creativo e gestione delle attività culturali' dell’Università di Venezia/Scuola Holden. Ho collaborato con diverse testate locali e nazionali come Veneto Economia, Alto Adige Innovazione, Cortina Ski 2021, Il Piccolo, Faenza Web Tv. Ho partecipato all'organizzazione del congresso nazionale Aiga 2015 e del Padova Innovation Day. Nel 2016 ho pubblicato il libro “Un viaggio (e ritorno) nei Canti Orfici” (Carta Bianca editore) dedicato al poeta Dino Campana. Amo i cappelletti, tifo Lazio e, come facendo un puzzle, cerco di dare un senso alle cose che mi accadono attorno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.