https://cdn.hu-manity.co/hu-banner.min.js

Giovani autori faentini, Valerio Ragazzini: “La ricerca della banalità”

Prosegue la nostra rubrica dedicata ai giovani autori faentini in collaborazione con il settimanale Il Piccolo. Oggi conosciamo Valerio Ragazzi, autore del libro “La ricerca della banalità” (ed. Kolibris): un volume suddiviso in quattro parti, quattro “favole storte” che raccontano un mondo dominato dal caos in cui convivono uomini e animali antropomorfi.

Intervista a Valerio Ragazzini

Cosa ha fatto scattare la nascita di questo libro?

L’idea del libro nasce alcuni anni fa, o meglio, la prima delle quattro storie che lo compongono. Nasce in forma grafica, attraverso schizzi e collage (piuttosto bruttini) e si evolve poi in un testo scritto. Da qui, col tempo, si sono sviluppate le successive storie che si intrecciano le une con le altre. Ma la sua origine è ben più remota, bisogna risalire alle storie che ci raccontavamo io e mio fratello da bambini.

Spesso si usa l’espressione ‘la ricerca della felicità’. In cosa il tuo libro va controcorrente, oltre che nel titolo? 

La storia che racconto parte da un paradosso: in un mondo bizzarro e fantasioso, qual è il significato della banalità? Durante un susseguirsi di vite e peripezie, la banalità assume vari significati, dai più squallidi fino a proverbi e giochi di parole, per poi approdare alla ricerca di una banalità intimamente legata alla naturalezza di un sentimento. Le quattro storie che compongono il libro si intrecciano e si contraddicono, proprio nel tentavi di mostrare come può variare la realtà al variare dei punti di vista. In questo caos di verità contrapposte e versioni discordanti, cosa rimane di autentico se non i sentimenti?

Definisci le quattro parti di cui è composto il libro ‘favole storte’. Perché la scelta di questi termini, tanto di ‘favola’ quanto di ‘storta’?

Perché non si tratta di vere e proprie favole, ma di racconti che nascondono in cuor loro una morale ambigua, e non netta e definita come si addice ad una vera e propria favola.

“In letteratura si è abbandonato il fantastico e surreale, mezzi da infinite potenzialità creative”

Il genere favolistico viene spesso accostato alla letteratura infantile. È veramente solo questo?

Personalmente, credo che oggi si cerchi troppo spesso di descrivere la realtà attraverso un realismo stanco, abusato; oggi si prediligono le “storie di vita vissuta”, ma spesso mi domando: non c’è fin troppa realtà nel mondo in cui viviamo? Si è abbandonato il fantastico e il surreale, mezzi dalle infinite potenzialità creative. Trovo la realtà attuale così poco interessante e priva di stimoli che non saprei descriverla se non attraverso la fantasia. La letteratura deve essere prima di tutto un’evasione. Sebbene le mie non siano propriamente delle favole, si ispirano a quel genere proprio per lo stretto legame che intrattengono con l’infanzia. Come scriveva Georges Bataille: “la letteratura è il sospirato ritrovamento dell’infanzia”.

Perché la scelta di avere come protagonisti animali antropomorfi? E in particolare un pinguino di nome Daniel?

Perché in un mondo dominato dalla burocrazia, un mondo in balia del caos statale, gli uomini finiscono per sentirsi come bestie in trappola. Oggi, più spesso che un tempo, ci troviamo a guardare gli animali con un senso di rimpianto verso una vita più vera, più autentica e semplice, fatta davvero di cose essenziali, lontana da certificazioni e imposte di bollo. Perché un pinguino di nome Daniel? E perché no?

Cosa rappresenta per te la scrittura?

Banalmente, per me la scrittura è un mezzo di espressione, un luogo entro cui materializzare certe cose, siano esse idee, visioni, paure. In altre parole, un luogo entro cui nascondere cose indicibili o inaccettabili.

Hai altri progetti in cantiere? 

Io ho sempre progetti in cantiere, anche se per ora sono privi di una forma concreta.

Da anni sei molto attivo a Faenza sia in campo della divulgazione storica sia nel campo dell’organizzazioni di eventi culturali, in particolare con l’ass. Acsè. Di cosa avrebbe bisogno la città, secondo te, per fare un salto di qualità in questi ambiti?

Il problema parte da molto lontano: si tratterebbe di invertire una tendenza nella mentalità delle persone, sempre più lontane dai prodotti culturali. Oggi la cultura tende a piegarsi ai desideri dei consumatori, ma la cultura non va consumata. Gli operatori del settore dovrebbero comprendere che più inseguiranno i desideri della gente, maggiore sarà la svalutazione della cultura.

Un libro che consigli per le letture natalizie?

Consiglierei di leggere La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Dino Buzzati, per grandi e per più piccoli, per riprendere in mano la nostra letteratura e vedere di cosa è capace la fantasia.

Samuele Marchi

Giornalista, sono nato a Faenza e dopo la laurea in Lettere all’Università di Bologna frequento il master in 'Sviluppo creativo e gestione delle attività culturali' dell’Università di Venezia/Scuola Holden. Ho collaborato con diverse testate locali e nazionali come Veneto Economia, Alto Adige Innovazione, Cortina Ski 2021, Il Piccolo, Faenza Web Tv. Ho partecipato all'organizzazione del congresso nazionale Aiga 2015 e del Padova Innovation Day. Nel 2016 ho pubblicato il libro “Un viaggio (e ritorno) nei Canti Orfici” (Carta Bianca editore) dedicato al poeta Dino Campana. Amo i cappelletti, tifo Lazio e, come facendo un puzzle, cerco di dare un senso alle cose che mi accadono attorno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.