Favolacce di Damiano e Fabio D’Innocenzo

C’era una volta… o meglio c’è, ora… la voce di Max Tortora, narratore senza volto fuori campo, che sostiene di aver trovato un manoscritto appartenuto a qualche bambino, il quale non ha completato l’opera, lasciando pagine bianche al loro destino. Non sono i fatti descritti a colpirlo, bensì la sensazione di reticenza serpeggiante, come se non tutto fosse stato messo su carta. Qualcosa è stato tralasciato, eppure si trova in mezzo alle pagine, permea l’intera scrittura. Non si tratta di un’edulcorata e sognante favola, bensì di un resoconto amaro, condito con una “fanciullesca inconsapevolezza” che dona al tutto un tocco di magia e straniamento. Con Favolacce i fratelli registi già citati portano il loro talento a Berlino e vincono il premio alla sceneggiatura. Un premio importante per la carriera di un duo giovane e fresco di idee per il cinema nostrano, importante per dimostrare che anche da noi germogliano nuovi cineasti e manovali della settima arte.

L’idea alla base di Favolacce è quella di dipingere un racconto corale, sviluppato in più nuclei familiari, dove, nonostante le situazioni siano differenti e i personaggi abbiano ognuno una propria psicologia, alla fine la direzione perseguita sia univoca per tutti (o quasi). E, come sottolinea Tortora nei primi, poetici minuti, non sono i fatti, banali e riconoscibili di per sé, ma ciò che sta sotto la superficie: come polvere sbattuta sotto un tappeto che fa male risollevare. Un’ombra si insinua strisciando in tutte le famiglie e coppie presentate.

Bambini e adulti a confronto con il male

A fare da ambientazione a questa serie di quadri è la Roma periferica, presente nel linguaggio quanto nei gesti di ogni protagonista, adulto o bambino. Quartieri apparentemente ordinati, puliti e borghesi, ma che nascondono un marcio insospettato, un disagio sociale e familiare proiettato direttamente sui candidi personaggi della nuova generazione. I bambini, così come in altri film sui generis, sono un notevole spunto di riflessione per raccontare questo disagio. Tuttavia, mentre di solito l’innocenza e la purezza sono rappresentati come una via di fuga e di esorcismo dei mali odierni, il male qui cammina mano nella mano coi pargoli, rendendoli anestetizzati, cinici e appesantiti, partecipi di drammi inimmaginabili infiocchettati in piccoli, minuscoli gesti appena percettibili dalla macchina da presa. I genitori, da spietati e sgonfiati esseri umani, non fanno che alimentare questo motore, attraverso il terrore nei loro occhi e la disperazione nascosta sotto un sorriso cordiale.

Favolacce: un film originale, tragico, surreale, vero

Il profondo disagio messo in scena, pessimistico al punto che gli stessi registi si ritrovano a porgere scuse al loro pubblico durante il film, arriva anche tra i banchi di scuola, tramite un personaggio del tutto imprevedibile, un vero e proprio emarginato, un deforme col potere di instillare insegnamenti quanto di consegnare la mela avvelenata direttamente nelle mani dei più puri. Favolacce è tutto questo e anche di più: non sarebbe lo stesso film senza la partecipazione di straordinari attori, a cominciare dai più piccoli, chiamati ad una recitazione adulta e difficilmente sostenibile, sorprendente perché sui loro occhi vi è quasi un’esperienza di vita anticipata. Poi, tra i grandi, spicca Elio Germano, in un’ennesima prova della sua notevole bravura, in grado di riportare la crudeltà e l’inettitudine di un padre frustrato e corroso. Da sottolineare anche le curiose musiche, a metà tra l’aura disillusa dei fanciulli e l’assurda apatia che li caratterizza. Originale, tragico, surreale, vero, a tratti ispirato ai moderni horror (vi è persino una sequenza progettata sullo stile di Hereditary di Ari Aster), Favolacce è nuova linfa per il cinema italiano ed è un progetto da sostenere a tutti i costi, tramite la visione in streaming su piattaforme online.

Alessandro Leoni

Alessandro Leoni

Sono nato a Faenza nel 1993. Mi sono diplomato presso l’istituto tecnico agrario “G. Scarabelli” a Imola, e al momento studio Tecnologie Alimentari presso l’Università di Bologna – Sede di Cesena. Sono attore nella compagnia teatrale “Amici dell’Europa” da circa una decina d’anni nell’ambito prosa; ho fatto esperienza anche nell’operetta e nel musical collaborando, tra gli altri, con la “Compagnia del Cancello”. Nel tempo libero mi interesso di cinema, di cui sono molto appassionato, e pratico kung fu.

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