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Educare raccontando: spunti dalla prima edizione di “Educere – Speech & Talks”

Costruire una comunità educante riscoprendo la bellezza e la potenza dell’insegnamento che passa attraverso il racconto delle esperienze, dello sport, del cinema. Questo il filo rosso della prima edizione di “Educere – Speech & Talks“, un pomeriggio di incontri e momenti di confronto sull’educazione organizzato dalla Fondazione Marri-Sant’Umiltà, che lo scorso sabato 6 novembre ha visto alternarsi sul palco del teatro della scuola relatori e relatrici di diversi ambiti della cultura. La direzione artistica dell’evento è stata curata da Francesco Ghini, direttore di Buonsenso@Faenza.

Restituiamo qui alcuni spunti di riflessione emersi nel corso del Talk che riteniamo possano essere illuminanti per tutti perchè a tutti è rivolto il compito di prendersi cura dei più giovani.

Dai problemi alle soluzioni: scuole in dialogo

Ogni riflessione sulla scuola non può che partire da chi la abita tutti i giorni: studenti, insegnanti, presidi e famiglie. Nel dialogo tra le dirigenti degli Istituti Comprensivi faentini e dell’amministrazione comunale è emerso non solo la condivisione delle stesse ferite che ha lasciato la pandemia – dall’aumento delle diseguaglianze all’abbandono scolastico, alle difficoltà più serie che incupiscono i ragazzi – ma anche la consapevolezza di non poter tornare indietro e di dover ricostruire una scuola a partire da quello che è il presente, il qui ed ora. Quindi riscoprire la centralità della relazione educativa, conservare quella comunicazione più diretta con le famiglie dei ragazzi che si è rivelata necessaria nel momento della distanza, contemplare l’uso di una tecnologia che sia uno strumento a servizio della scuola e non il sostituto di essa, diventano i primi passi di questa ripartenza.

Educere-Fondazione Marri

Il potere del racconto: dallo sport al cinema

Tutto questo però diventa possibile solo se a occuparsi dei più giovani è tutta la cittadinanza. Ecco quindi che nel corso degli interventi sul palco si è dispiegato il significato della costruzione di una comunità educante che veda come attori attenti e attivi tutti i cittadini. Allora si può parlare di scuola, e soprattutto di cultura, parlando di sport, come ha spiegato l’editorialista di Sky Sport Matteo Marani: la storia di Arpaid Weisz, l’allenatore del grande Bologna vittima delle deportazioni nazifasciste, diventa il canale per raccontare agli studenti la tragica Storia del Novecento. Allo stesso modo il racconto di una fiaba, coinvolgente e appassionante, può far immaginare a bambini e bambine molto più di quanto crediamo: lo ha raccontato l’attore e formatore faentino Francesco Bentini riprendendo il senso profondo della vita tra le pagine del Libro della Giungla. E se il racconto diventa immagine ecco allora che l’animazione di una graphic novel, come spiegato dal motion designer faentino Massimo Garavini, si trasforma in uno strumento interessante capace di coniugare il disegno alla parola. Infine i nuovi media, e in particolar modo il cinema, per il regista e sceneggiatore Manlio Castagna sono un modo per approfondire alcuni grandi temi: con “E.T.”  di Spielberg possiamo spiegare l’accoglienza e il rispetto verso il diverso, il professor Keating de “L’attimo fuggente” ci fa capire quanto sia poetica la vita, “La città incantata” di Miyazaki ci permette di trattare temi negativi, come la violenza, in maniera attenta e misurata.

La parola rende liberi : crescere pensando in più lingue

Il racconto, la parola, sono quindi i veicoli attraverso i quali scorre l’educazione, dunque la conoscenza delle lingue è centrale in ogni discorso che la riguardi. Imparare a pensare in più di una lingua significa aprirsi al dialogo, abitare il mondo, come ha spiegato la glottologa Silvia Brigo. Ragionare con le parole degli altri per dare senso alle proprie rende maggiormente liberi e la libertà, l’autonomia dei ragazzi, è il fine stesso dell’educazione. Del resto il latino ci insegna che educare significa “tirare fuori”, come ricorda anche il titolo stesso di questa serie di incontri: tirare fuori dai ragazzi e dalle ragazze ciò che è già dentro di loro perchè possano andare, fare del mondo un posto migliore e della loro vita una piccola grande opera d’arte: il racconto più bello.

Letizia Di Deco

Classe 1998, vivo a Faenza. Mi sono laureata in Lettere Moderne e poi in Italianistica e Scienze linguistiche all’Università di Bologna. Scrivo per il settimanale Il Piccolo di Faenza. In attesa di tornare definitivamente in classe da prof, mi piace fare domande a chi ha qualcosa di bello da raccontare su ciò che accade dentro e fuori le pareti della scuola. Ho sempre bisogno di un buon libro da leggere, di dire la mia opinione sulle cose, di un po' di tempo per una corsetta…e di un caffè

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