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Giovani autori faentini, Denis Ravagli: “Tu vai, io resto”

Prosegue, dopo la pausa di Natale, il nostro speciale dedicato ai giovani autori locali in collaborazione con il settimanale Il Piccolo di Faenza. Oggi conosciamo Denis Ravagli, autore del libro “Tu vai, io resto” (ed. Amazon). Con lui approfondiamo il significato dei suoi racconti e il rapporto tra giovani e lettura, spesso analizzato in maniera stereotipata.

Intervista a Denis Ravagli

Come nasce questo libro?

Ho deciso di iniziare a scrivere “Tu vai, io resto” a seguito di alcune situazioni che ho dovuto affrontare, alcune di queste piacevoli e gratificanti, altre dure da superare e difficili da accettare. Il libro, come dico anche nella prefazione, parla di emozioni,. Viviamo in una realtà che sottolinea ogni giorno le diversità, celebrando l’unicità delle nostre vite. Io credo tuttavia che non siamo cosi diversi. Da quando ho iniziato a scrivere, ho trovato il coraggio di esprimere ciò che provo, di esprimere me stesso e forse anche ciò che molti altri pensano ma non hanno il coraggio di dire. Molti si vergognano di esprimere e condividere le emozioni più forti della loro vita, io in primis, ho compreso però che fare un atto masochistico come “sputare” tutte le parole che compongono le pagine del libro, è forse la migliore forma per guarire le mie ferite. Ciò mi ha permesso di togliere quella maschera che troppo spesso la società ci obbliga a indossare. Abbiamo bisogno di amore, chiarezza, sincerità, felicità e gentilezza. Ho iniziato a scrivere per riuscire ad esternare ciò che mi logorava dentro, ho iniziato a scrivere perché non potevo parlare con la voce ma avevo molte parole da dire. Questo libro non è pensato per ricercare approvazione, non è stato ideato per qualcuno in particolare, non è stato scritto per raccontare qualche semplice storiella. Ho deciso di iniziare a scriverlo per una concezione estremamente egoistica, scrivo perché mi fa stare meglio, non lo faccio per altri. Spero tuttavia che gli sforzi fatti per digitare e pensare ogni singola parola, ogni singola virgola presente, possano scaturire in qualcuno delle emozioni forti, degli spunti di riflessione e perché no, anche la voglia di fare lo stesso.

Qual è il filo conduttore che guida i racconti presenti nel libro?

Di sicuro l’amore, mischiato a un po’ di resilienza. Vengono trattate molte questioni che riportano come tema principale l’amore, che si può provare per una partner come per un amico o un familiare, in fondo è quel sentimento a comandare le nostre vite quotidianamente. Qualche volta queta emozione però è capace di abbatterci e farci cadere, ci fa sentire talmente tanto soli da non permetterci di vedere un futuro, e qui subentra la resilienza che deve spingerci a volere il cambiamento che necessitiamo per poter rialzarci.

Cosa rappresenta per te la scrittura?

Un momento in cui posso esternare ciò che ho dentro, ciò che vorrei urlare a parole ma che non riesco a dire. Mi piace vedere la scrittura come un processo masochistico di catarsi, un modo per liberarsi di un peso. Si scrive per se stessi, mai per altri.

I giovani e la lettura: tra stereotipi e approccio scolastico

Spesso si ha lo stereotipo dei giovani, nell’epoca dei social, incapaci a prestare attenzione a testi impegnativi.

Io credo che sia sbagliato classificare i giovani come “dipendenti” dei social o comunque dare per scontato che questi non sappiano valorizzare ciò che di bello ci portiamo dietro da secoli come la lettura. Non è vero, i giovani non sono così. I giovani hanno bisogno più che mai di potere ritrovarsi nelle parole di qualcuno, hanno bisogno della lettura, di viaggiare fra le frasi scritte da altri. Bisogna domandarsi, invece, se ciò che viene detto loro di leggere è utile per la loro realizzazione, per creare interesse. Molto spesso nelle scuole si sentono frasi come: “I giovani non leggono più, i giovani non hanno voglia”…. bisogna chiedersi se un giovane abbia più bisogno di essere costretto a leggere un libro di Valerio Massimo Manfredi, che non gli porterà nulla di nuovo, nulla di vicino, oppure se preferirebbe leggere parole in cui potersi ritrovare. Bisogna avvicinare i giovani alla lettura, non allontanarli, nessuno impara a correre prima di camminare e gattonare.

Hai altri progetti in cantiere?

Sì, attualmente sto lavorando al prossimo libro, che seguirà una forma stilistica simile a “Tu vai, io resto” aggiungendo però novità e contenuti ovviamente diversi.

Un libro che consigli per le letture natalizie?

Uno dei miei libri preferiti, pur essendo un libro considerato per bambini è “Il piccolo principe” di Antoine De Saint-Exupèry, tuttavia se si vuole passare a qualche testo classico più “complesso” consiglio “Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway.

Samuele Marchi

Giornalista, sono nato a Faenza e dopo la laurea in Lettere all’Università di Bologna frequento il master in 'Sviluppo creativo e gestione delle attività culturali' dell’Università di Venezia/Scuola Holden. Ho collaborato con diverse testate locali e nazionali come Veneto Economia, Alto Adige Innovazione, Cortina Ski 2021, Il Piccolo, Faenza Web Tv. Ho partecipato all'organizzazione del congresso nazionale Aiga 2015 e del Padova Innovation Day. Nel 2016 ho pubblicato il libro “Un viaggio (e ritorno) nei Canti Orfici” (Carta Bianca editore) dedicato al poeta Dino Campana. Amo i cappelletti, tifo Lazio e, come facendo un puzzle, cerco di dare un senso alle cose che mi accadono attorno.

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